Bologna


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Profilo delle esperienze di potere personale e signorile in relazione al sistema politico:

Le esperienze signorili bolognesi si concentrano per il periodo che ci interessa nel primo sessantennio del Trecento, fra le fasi ultime e metamorfiche del comune di popolo e l’ingresso definitivo della città nei domini del papa, a partire dal 1376. Dopo questa data solo brevissimi esperimenti bentivoleschi di regime personale, preludio della solida signoria di Annibale e poi di Giovanni II Bentivoglio, che occupano tutta la seconda metà del Quattrocento, in un complesso bilanciamento istituzionale fra inquadramento nello stato della Chiesa e signoria cittadina.

Per alcuni aspetti le signorie bolognesi si differenziano piuttosto profondamente secondo che il signore sia di origine locale o estraneo alla società cittadina. Le signorie “endogene” sembrano caratterizzarsi, oltre che per l’estrazione popolare dei signori (sia in senso politico, sia in senso più propriamente sociale), per un carattere spiccatamente oligarchico: il signore coinvolgeva cioè largamente nel governo famiglie e gruppi suoi alleati, il cui consenso era parte essenziale del sistema di potere. Le signorie “allogene”, invece, si caratterizzano per un largo impiego, anche nei ruoli minori, di ufficiali stranieri introdotti dal signore e per un’emarginazione più o meno pronunciata secondo i casi del ceto dirigente locale. Il picco di questa seconda tendenza fu rappresentato dal dominio dell’arcivescovo Giovanni Visconti. Non a caso, dopo la morte del Visconti, il suo antico luogotenente a Bologna, Giovanni da Oleggio, riuscì a tenere autonomamente la città, nonostante condizioni obbiettivamente difficilissime per il continuo assedio da parte dei Visconti, proprio restituendo alla cittadinanza gli uffici minori, negli anni precedenti monopolizzati dal numeroso seguito visconteo, e così guadagnandosi un consenso altrimenti inspiegabile: le numerose congiure a cui lO'leggio riuscì a sfuggire, pur coinvolgendo personaggi bolognesi, nacquero tutte per iniziativa dei Visconti, ora suoi nemici.

La linea di evoluzione istituzionale mantiene invece una sostanziale uniformità, al di là dell’avvicendamento di signori originari di Bologna e di signori stranieri. Il dominio del primo Pepoli, Romeo, manca di qualsiasi formalizzazione e si caratterizza per il rispetto delle forme di governo esistenti, in particolare per le assemblee, controllate però dalla facoltà signorile di approvare le nomine dei nuovi membri, oltre che per mezzo di alleati e parenti del signore stesso. Il profondo radicamento di questo regime nel contesto comunale è confermato dalla sua fine: dopo altri tentativi falliti, Romeo fu rovesciato da una congiura ordita da famiglie appartenenti alla fazione maltraversa, storica avversaria degli Scacchesi, cui i Pepoli, appartenevano. Come non prevaricava le istituzioni comunali, così la signoria non si sottraeva alla logica di conflitto proprie del comune stesso. A partire da Betrand du Poujet l’architettura delle istituzioni bolognesi iniziò però a essere sostanzialmente modificata in senso verticistico, in modo più aperto dai signori stranieri, più cauto e sotterraneo, ma ugualmente profondo, dai signori di origine locale.

Pur lasciando sopravvivere le istituzioni comunali, Taddeo Pepoli le svuotò dall’interno, concentrando nella propria persona molti poteri, fra cui quello di designare gli ufficiali. La pratica delle suppliche, inaugurata da Bertrand du Poujet, fu continuata, evidente compensazione della perdita di protagonismo politico della cittadinanza, attraverso la possibilità di rivolgersi al signore, individualmente e direttamente. Ma sotto Taddeo il ruolo politico della cittadinanza trovava ancora un luogo di espressione non secondario nei Quattromila, in una sorta di condominio fra signore e assemblea. Non a caso il regime di Taddeo (e poi dei suoi figli) non conobbe episodi rilevanti di opposizione: il signore era probabilmente percepito dal complesso dell’élite cittadina come elemento eminente, ma ad essa non estraneo, né alternativo. Nel frattempo il conflitto militare si traslava su scala sempre più ampia e ciò rendeva necessarie capacità di alleanza e relazione decisamente maggiori, da parte dei soggetti politici. Al di là delle contingenze politiche, proprio il radicamento del ceto dirigente bolognese in un orizzonte quasi esclusivamente cittadino fu probabilmente la causa effettiva del passaggio sostanzialmente indolore di Bologna a un ambito molto più ampio: lo stato visconteo e, dopo qualche anno di intermezzo, quello papale.

Il dominio visconteo e le sue continuazioni sancirono però un passaggio netto. Dopo la fine della signoria di Giovanni da Oleggio e poi della tutela militare di Niccolò Piccinino, capace di intervenire pesantemente nei processi decisionali di assemblee e magistrature bolognesi, scomparvero definitivamente ruoli come quello di luogotenente e vicario – strumenti di controllo della città da parte del Visconti - ma altre pesanti innovazioni non furono riassorbite. Il ruolo delle assemblee fu definitivamente e decisamente limitato; era la premessa per un cambiamento in senso oligarchico della struttura istituzionale, con la creazione della magistratura ristretta dei “riformatori di giustizia”, espressione diretta dell’oligarchia cittadina e fulcro dell’ordinamento istituzionale bolognese per i secoli a venire, anche dopo l’ingresso della città nel dominio papale.

In questo nuovo contesto si collocano i primi due brevissimi esperimenti signorili dei Bentivoglio, finiti sul nascere a causa di una competizione, evidentemente accentuata, fra famiglie tutte interessate a una partecipazione diretta alla gestione del potere e non disposte a riconoscere ad alcuno la supremazia. Probabilmente non fu un caso se i Bentivoglio rinsaldarono il loro potere, conservandolo poi per decenni, solo nell’inoltrato Quattrocento, pur conservando un livello di ricchezza non dissimile da quello di altre famiglie della ristretta cerchia di cui facevano parte. La preminenza dei Bentivoglio divenne chiara e sostanzialmente non contestata solo dopo il lungo esilio di Antonio e di Annibale, negli anni venti e trenta. Messi in condizione di maturare esperienze militari e relazioni politiche di ampiezza finalmente non solo municipale o regionale, i Bentivoglio divennero ora un riferimento praticamente obbligato per il resto dell’élite politica bolognese.



Elenco cronologico degli Individui e delle Famiglie:

Romeo Pepoli: 1306 – 1321

Bertrand du Poujet: 1327-1334.

Taddeo Pepoli: 1337-1347.

Giacomo Pepoli e Giovanni Pepoli: 1347-1350.

Giovanni Visconti: 1350-1354.

Matteo Visconti: 1354-1355.

Giovanni Visconti da Oleggio: 1355-1360.

Giovanni I Bentivoglio: 24 febbraio 1401 – 30 giugno 1402.

Antonio (Antongaleazzo) Bentivoglio: gennaio – luglio 1420.



Bibliografia di riferimento:
Note eventuali: