di:
Alma Poloni
Il capostipite eponimo della famiglia fu un Alidosio vissuto a cavallo tra XII e XIII secolo, legato all’episcopato di Imola, che si mise in luce in particolare negli anni del vescovo Mainardino Aldighieri. Fu probabilmente per intercessione di Mainardino, come ricompensa per la sua fedeltà, che nel 1209 Alidosio ricevette da Ottone IV l’investitura di Massa S. Ambrogio, località situata nell’appennino tosco-emiliano, nella valle del Santerno. Non sappiamo se Alidosio fosse di origine cittadina o, più probabilmente, fosse tra i fideles reclutati dall’episcopato nelle campagne. In ogni caso, il legame con il vescovo lo portò a radicarsi in città, dove nel 1230 compare tra i consoli. Gli A. hanno dunque una fisionomia molto simile a quella dei da Polenta. Nella seconda metà del Duecento essi furono coinvolti nel conflitto tra le due fazioni in cui si era diviso il gruppo dirigente cittadino, una guidata dalla famiglia Brizzi, l’altra dalla famiglia Mendoli. Nel quadro delle alleanze sovracittadine, i Brizzi si identificarono con i guelfi, i Mendoli con i ghibellini. Gli A. militavano nella parte dei Brizzi. Dagli anni ’80 del secolo, tuttavia, le fedeltà fazionarie si riorganizzarono gradualmente intorno alle famiglie Nordigli e Alidosi, in due schieramenti che cercarono sostegno fuori da Imola sia nell’instabile coalizione guelfa che nell’altrettanto instabile coalizione ghibellina. Fu nell’ambito della nuova configurazione del conflitto tra le parti che nel 1287 gli A., dopo l’espulsione dei Nordigli, riuscirono a prendere il potere, per perderlo di nuovo, con il ritorno dei Nordigli appoggiati dai bolognesi, nel 1290. Essi giunsero alla signoria solo con Lippo, figlio di Alidosio Alidosi, nel 1334, e la mantennero fino al 1424.
Se prescindiamo dai possessi familiari nella valle del Santerno, la signoria degli A. comprendeva soltanto la città di Imola e il districtus, che si estendeva per un breve raggio intorno al centro urbano e comprendeva una ventina di villaggi o poco più. Dalla fine del Duecento, infatti, il contado di Imola fu separato dalla città e immediate subiectum alla curia pontificia. Il podestà del contado era nominato e pagato dal governo papale, anche se è significativo che l’ufficiale risiedesse a Imola, e da Imola amministrasse la giustizia. Negli anni ’70 e ’80 del Trecento, tuttavia, la città riuscì a recuperare parti consistenti del suo territorio. I momenti cruciali di questa riconquista furono la guerra degli Otto Santi, che vide in generale un forte indebolimento della posizione del papato in Romagna; e il grande scisma d’Occidente, quando i papi delle diverse obbedienze si contesero la fedeltà dei signori di Romagna a suon di concessioni territoriali.
Tra l’inizio del 1422 e il maggio del 1423 Ludovico A. esercitò il proprio potere anche su Forlì. A gennaio era infatti morto Giorgio Ordelaffi, lasciando un figlio ancora bambino e la moglie Lucrezia, figlia di Ludovico (vedi scheda Alidosi, Ludovico).
Nel 1341 Lippo A. (vedi scheda Lippo Alidosi) fu il primo signore in Romagna a ricevere da Benedetto XII il titolo di vicario apostolico. Questo primato contribuì a dare stabilità al regime signorile. Tuttavia, a partire dagli anni ’60 del Trecento si manifestarono anche tra gli Alidosi quelle lotte violente per la successione che segnarono la storia anche delle altre famiglie signorili di Romagna. Come in altri casi, il papato, per tenere sotto controllo la conflittualità familiare, adottò il sistema delle concessioni collegiali pro indiviso del vicariato apostolico. I primi a esercitare insieme il potere furono, dal 1363, Bertrando e Azzo, figli di Roberto A. (vedi scheda Bertrando Alidosi).
Il centro del potere patrimoniale e signorile degli Alidosi era Massa S. Ambrogio, che nella seconda metà del XIII secolo cominciò a essere denominata Massa Alidosia. Qui la famiglia fece edificare un castello, e da questo nucleo fortificato partì l’espansione nella valle del Santerno. Nella seconda metà del Duecento gli Alidosi estesero il loro dominio su alcuni comuni rurali dell’appennino, nelle vicinanze di Massa (Osta, Castiglione e Belvedere), ma anche verso lo sbocco sulla pianura (Codrignano, Linaro e Montecatone). Nei convulsi decenni a cavallo tra Due e Trecento il castello avito rappresentò il rifugio fortificato nel quale gli Alidosi si asserragliarono ogni volta che erano costretti ad abbandonare la città per il prevalere dei loro nemici.
Nel 1331 gli A. acquistarono dai Malavolti di Bologna anche Visignano, sempre nell’alta valle del Santerno. Nel corso del secolo, essi aggiunsero al castello di Massa Alidosia un vero e proprio sistema di fortificazioni, facendo costruire rocche e torri nelle principali località e nei passaggi strategici del loro dominio. Nella valle appenninica essi esercitavano un potere signorile di forte intensità, su centinaia di famiglie di contadini dipendenti indicati come fideles seu vassalli, ai quali erano imposti precisi obblighi militari. I fideles della montagna costituivano un fondamentale strumento di pressione nelle lotte politiche cittadine, e, dopo l’affermazione definitiva della signoria su Imola, uno strumento di repressione di eventuali tentativi di rivolta o colpi di mano.
Nel 1369 si manifestò una controversia tra Bertrando e Azzo A. da una parte e i cugini Guido e Obizzo, figli di Massa di Lippo A. – il ramo della famiglia escluso dal dominio su Imola – dall’altra per la gestione dei diritti signorili nella valle del Santerno. Grazie all’arbitrato di Galeotto Malatesta si giunse alla spartizione dei fideles e delle loro prestazioni tra i due rami della famiglia, mentre i diritti giurisdizionali e le rendite signorili rimasero pro indiviso.
La documentazione riguardante la signoria degli Alidosi, in gran parte inedita, è conservata principalmente nell’Archivio storico comunale di Imola, depositato pressola Bibliotecacomunale della città.
Fonti: Petri Cantinelli chronicon, a cura di F. Torraca, RIS2, XXVIII, 2, Città di Castello 1902; Chartularium Imolense, a cura di S. Gaddoni e G. Zuccherini, I. Archivium S. Cassiani; II. Archivia minora, Imola 1912; Statuti di Imola del secolo XIV. Statuti della città, 1334, a cura di S. Gaddoni, Milano 1931; Chartularium Imolense. Archivium S. Cassiani (1201-1250), 2 voll., a cura di N. Mattini, G. Mozzanti, M. P. Oppizzi, E. Tulli, Roma 1998; Libro Rosso. Il Registrum comunis Ymole del 1239 con addizioni al 1269, edizione critica a cura di T. Lazzari con presentazione di A. Padovani, Imola 2005.
Studi: A. Torre, voci Alidosi Bertrando, Alidosi Ludovico, Alidosi Roberto del DBI, II (1969); A. Vasina, I romagnoli fra autonomie cittadine e accentramento papale nell’età di Dante, Firenze 1965, ad indicem; J. Larner, Signorie di Romagna. La società romagnola e l’origine delle Signorie, Bologna 1972, ad indicem; N. Galassi, Figure e vicende di una città, vol. I, Imola dall’età antica al tardo medioevo, Imola 1984, ad indicem; L. Mascanzoni, Imola nei decenni centrali del XIV secolo: un’anomalia paradigmatica nei rapporti signori-Santa Sede in Romagna, in «Studi romagnoli» 38 (1987), pp. 43-50; T. Lazzari, M. Montanari, Le circoscrizioni urbane a Imola fra XII e XIV secolo: crescita dell’impianto della città e progressiva razionalizzazione della sua amministrazione, in Studi storici Imolesi, «Atti e Memorie della Deputazione di storia patria per le province di Romagna», XLVIII (1997), pp. 113-154; T. Lazzari, Il palazzo comunale nel Medioevo, in Imola, il comune, le piazze, a cura di M. Montanari e T. Lazzari, Imola 2003, pp. 45-78; Ead., Esportare la democrazia? Il governo bolognese a Imola (1248-1274) e la creazione del “popolo, in La norma e la memoria. Studi per Augusto Vasina, a cura di T. Lazzari, L. Mascanzoni, R. Rinaldi, Roma 2004, pp. 399-439; Arte gotica a Imola. Affreschi ritrovati in San Francesco e in San Domenico, a cura di Claudia Pedrini, Imola 2008.