di:
Lorenzo Fabbri
La consorteria dei B., che secondo l’umanista Raffaello Maffei vantava lontane origini germaniche, è attestata a Volterra fin dal XII secolo. Agli inizi del ‘200 essi si distinguono già come un potente gruppo familiare strettamente legato al vescovado tramite vincoli di natura vassallatica. Lo sfruttamento della mensa vescovile e soprattutto l’esercizio del credito nei confronti dei presuli volterrani rappresentano gli elementi-chiave della loro ascesa economica, sociale e politica nel corso del secolo, assicurandone anche la presenza nel ceto consolare del Comune cittadino. L’appartenenza all’antico entourage del vescovo e alla cerchia ristretta dei consoli colloca i B. fra le casate nobili di Volterra. Peraltro, la costante conflittualità tra potere episcopale e comunale, che caratterizza la storia volterrana del XIII e XIV secolo, li poneva al centro della sfida politica. Pur schierandosi di norma nelle fila del partito vescovile, i B. tennero posizioni non prive di oscillazioni ed ambiguità, una situazione da cui trassero notevoli vantaggi, in particolare nella prima metà del Trecento, quando uomini della loro stirpe si installarono al vertice di entrambe le istituzioni, avendo da un lato conquistato la sede episcopale per ben due volte (Ranieri nel 1301 e Filippo nel 1348) e dall’altro instaurato, con Ottaviano nel 1340, un ventennale regime signorile in città. Leader indiscussi del guelfismo volterrano, contrapposti agli Allegretti e ad altre grandi casate ghibelline, i B. figurano al primo posto nell’elenco dei magnati stilato in occasione delle riforme popolari del 1320.
La dominazione dei B. appartiene alla categoria delle signorie cittadine. Il suo territorio non andò oltre quello già sottomesso dal Comune di Volterra, sottraendolo nel corso del tempo alla giurisdizione dei vescovi, pur senza mai raggiungere l’estensione della diocesi. Tale territorio, incentrato sulla città di Volterra, si suddivideva in due fasce principali: un contado, immediatamente circostante alle mura urbane – le cosiddette pendici –, più direttamente soggetto alle magistrature volterrane, e un distretto, articolato in vari castelli e terre, munite di un certo grado di autonomia, ma sottoposte al rettore volterrano e ad una serie di obblighi verso il Comune dominante. Il distretto si estendeva fra la Valdera, la Val di Cornia e la Val di Cecina, ma era soprattutto a sud di Volterra che sorgevano i centri più significativi per popolamento e vitalità economica, quali Pomarance, Castelnuovo, Montecastelli, Monteverdi e Libbiano, i cui territori a spiccata vocazione mineraria dotavano il Comune volterrano di fondamentali risorse naturali.
La signoria dei B. si affermò l’8 settembre 1340 per mezzo di un’azione militare guidata dal leader del casato, Ottaviano Belforti, il quale si sarebbe poi mantenuto al potere fino alla morte, nel 1348, salvo la parentesi della signoria del Duca d’Atene dal 25 dicembre 1342 al 29 luglio 1343. Passato nelle mani dei figli di Ottaviano, il regime fu rovesciato nel settembre del 1361, quando il tiranno Bocchino fu tratto in arresto dai rivoltosi per essere successivamente giustiziato.
Nell’unico caso di successione durante la signoria belfortesca, in seguito alla morte nel 1348 di Ottaviano, il potere fu trasmesso per via ereditaria ai due figli Bocchino e Roberto.
Oltre al cassero cittadino di Porta a Selci, i B. poterono contare sul controllo di importanti basi militari nel contado. Fondamentale fu il possesso della rocca di Montevoltraio, a breve distanza da Volterra, di cui Ottaviano si impadronì dopo la cacciata del Duca d’Atene. In quella stessa fase egli ottenne dal Comune la custodia delle maggiori fortezze del territorio, fra cui quelle di Monteverdi, Castelnuovo e Castel Volterrano. L’ascesa al soglio episcopale di suo figlio Filippo fruttò ulteriori roccaforti alla famiglia, ivi compresi il castello di Berignone e quello di Montecatini, la cui torre sarebbe divenuta il principale centro di resistenza dei B. dopo la loro fuga da Volterra nel 1361.
L’Archivio comunale di Volterra è ricco di documentazione pubblica sul periodo della signoria belfortesca. Si vedano, in particolare, le serie delle Deliberazioni (A nera, 13-17) e degli Statuti (G nera, 16), ma anche gli atti giudiziari e le fonti fiscali. La Biblioteca comunale Guarnacci possiede alcuni manoscritti di notevole rilevanza per lo studio della famiglia e delle vicende politiche che li videro protagonisti. Basti citare il ms. 5832, contenente le lettere del vescovo Filippo Belforti dal 1348 in avanti, e il ms. 8469, che di recente è stato pubblicato integralmente (vedi sotto Bibliografia). Altro materiale prezioso potrà essere reperito nell’Archivio vescovile di Volterra e negli Archivi di Stato di Firenze (dove, tra le altre cose, sono conservati il fondo diplomatico e il fondo notarile di Volterra), Pisa e Siena.
Fonti: G. Villani, Nuova cronica, a cura di G. Porta, Parma 1991, III, pp. 229-230, 234, 312, 336; M. Villani, Cronica con la continuazione di Filippo Villani, a cura di G. Porta, Parma 1995, I, pp. 564-565; II, pp. 537-541; Raphaeli Volaterrani Commentariorum Urbanorum libri octo et triginta, [Francofurti] 1603, col. 160 [1. ed., Romae 1506]; Lettere ed altre carte del secolo XIV spettanti alla famiglia Belforti. Edizione del Manoscritto 8469 della Biblioteca Comunale “Mario Guarnacci” di Volterra, a cura di R. Abbondanza e A. Maiarelli, Volterra 2010.
Studi: L. A. Cecina, Notizie istoriche della città di Volterra, con note, ed. accresciuta da F. Dal Borgo, Pisa 1758 (ed. anast., Bologna 1975), pp. 121-173; G. M. Riccobaldi Del Bava, Dissertazione istorico-etrusca sopra l’origine, antico stato, lingua e caratteri dell’etrusca nazione e sopra l’origine e primo e posteriore stato della città di Volterra, Firenze 1758 (ed. anast., Bologna 1980), pp. 111-115; D. Tiribilli Giuliani, Sommario storico delle famiglie celebri toscane, riveduto da L. Passerini, Firenze 1862, I: «Belforti (di Volterra)» di F. Galvani; G. Amidei, Delle fortificazioni volterrane libri due, 2. ed., Volterra 1864, pp. 88-99; A. F. Giachi, Saggio di ricerche sopra lo stato antico e moderno di Volterra, 2. ed., Firenze-Cecina-Volterra 1887 (ed. anast., Bologna 1979), pp. 106-107; G. Volpe, Volterra. Storia di vescovi signori, di istituti comunali, di rapporti tra Stato e Chiesa, Firenze 1923, pp. 192-203 (ora in Toscana medievale, Firenze 1964, pp. 302-310); M. Bocci, Il ventennio della signoria Belforti (1340-1361), «Rassegna volterrana», XXVII-XXX, 1962, pp. 89-97; Id., Questi erano i Belforti, «Volterra», II, 1963, n. 4; Id., La torre dei Belforti a Montecatini, «Volterra», II, 1963, n. 7; Id., I Belforti: reazione partigiana ed evasione degli ostaggi, «Volterra», II, 1963, n. 10; Id., Le riforme popolari del 1320, «Rassegna volterrana», XXXI, 1964, p. 12; E. Fiumi, Sui debiti usurari del Vescovado di Volterra in età comunale, in Id., Volterra e San Gimignano nel Medioevo, a cura di G. Pinto, Reggello (FI) 2006, pp. 265-266.