di:
Giampaolo Francesconi
I C. furono una delle famiglie lucchesi, insieme ai Ricciardi, ai Battosi, agli Onesti ed altre, le cui origini risalivano ai decenni di passaggio fra i secoli XII e XIII. Nonostante gli studi, anche recenti, sulla fisionomia sociale dei ceti eminenti lucchesi abbiano compiuto progressi importanti, non è tuttavia agevole individuare con precisione l’estrazione sociale della famiglia, per quanto sembri plausibile riconoscerne una derivazione da origini relativamente modeste, con buona probabilità da quella schiera di piccoli o medi proprietari fondiari del contado inurbatisi in città negli anni finali del secolo XII. La provenienza geografica della famiglia rimane ignota: il primo personaggio di cui si sono conservate informazioni è quel Castracane di Ruggero che compare sotto l’anno 1202 nel regesto di uno storico settecentesco e in due documenti del 1218 e del 1221. In quei due atti Castracane compariva come debitore di una somma di 200 lire con i Templari e come autore di una citazione per una controversia con un ex socio che non voleva rimettersi al giudizio dei consoli della Curia di San Cristoforo. Si trattava di menzioni che rimandavano con sicurezza ad un ambiente commerciale. In quegli anni la famiglia doveva essere già ben attiva nell’area della cattedrale cittadina di San Martino. Alla metà del secolo XIII la discendenza di Ruggero era divisa nei due rami principali che facevano capo ai due figli di Castracane: quello di Malpilio (o Pilio) e quello di Ruggero. Entrambe le linee familiari intrapresero l’attività del cambio e del prestito ad interesse, ma mentre quella di Pilio era destinata ad estinguersi nel 1284 con la morte del figlio Savarigio, quella di Ruggero di Castracane avrebbe allargato le sue attività imprenditoriali fino alla costituzione di una società impegnata in attività bancarie internazionali. Alla morte Ruggero nel 1254 la famiglia possedeva, ormai, un consistente patrimonio immobiliare in città e nel contado. Al 1271 risaliva la fondazione con Genovese di Perfettuccio della società che avrebbe proiettato i C. nel giro degli affari bancari internazionali e nell’import-export di tessuti fiamminghi e di spezie. Era questo un salto di qualità nella fisionomia economica e patrimoniale della famiglia che avrebbe trovato una sua precisa ricaduta nel lessico notarile, quando nel 1284 Castracane non era più definito come campsor, bensì come mercator. Nonostante le lacune documentarie successive agli anni Ottanta del Duecento, non rimane tuttavia oscura l’attività di Coluccio e Gerio, i due figli di Castracane, i quali pur nella crisi generale che interessò le società mercantili-bancarie riuscirono a portare avanti i loro affari. All’inizio del Trecento i dissesti finanziari si sommarono ai conflitti politici che indussero alcune famiglie di appartenenza guelfa bianca ad abbandonare Lucca e tra queste anche i C. Gerio, il padre di Castruccio, si trasferì ad Ancona, mentre il fratello Coluccio a Pisa. La famiglia Castracani non fu inclusa nella lista anti-magnatizia dei casastici et potentes del 1308: l’assenza dalla città ormai da alcuni anni e l’inserimento del gruppo familiare nel consortato degli Antelminelli, che nel frattempo aveva assunto la guida della fazione dei guelfi bianchi, dovettero essere le ragioni di un’esclusione che era già dettata dall’opportunismo politico di Castruccio. Non sono documentati, del resto, per il Duecento e per il periodo precedente l’esilio a Pisa rapporti di parentela fra i Castracani e gli Antelminelli, né legami di alleanza o di consortato patrimoniale. Castruccio doveva aver operato, quindi, una scelta di legittimazione politica e sociale: gli Antelminelli erano, infatti, nobili che potevano annoverare diversi giudici all’interno della propria famiglia, notai e almeno un capitano del Popolo – Ubaldo in servizio a Bologna fra il 1285 e il 1286 – oltre ad alcune prerogative di natura signorile, come i diritti di pesca sul lago di Massaciuccoli.
Il problema delle successioni non interessò la famiglia C. dal momento che quella di Castruccio non fu una signoria dinastica, ma personale. Il potere fu legato alla sua personalità politica e militare, con la sola eccezione per la parentesi limitata e circoscritta del figlio Arrigo, detto il Duchino il quale era stato designato successore dal padre per testamento. Dopo la morte di Castruccio, il 3 settembre 1328, questi arrivò al potere, ma per pochissimo tempo. La parabola di Arrigo fu brevissima: il 7 ottobre Ludovico il Bavaro occupò Lucca e la riformò a sua signoria. I mesi successivi furono complessi e delicati: Arrigo non fu in grado di riprendere il controllo effettivo della città, che l’imperatore cedette il 16 marzo 1329 a Francesco Castracani per 22.000 fiorini.
La famiglia C. non ebbe castelli e basi militari nel contado. Per quanto si trattasse di un gruppo di probabile origine rurale, con consistenti beni fondiari, il nucleo dei suoi interessi fu prevalentemente urbano e legato al cambio e all’attività bancaria.
I C. costituiscono un esempio paradigmatico di crescita, diversificazione degli interessi economici e mobilità sociale di un gruppo familiare durante l’età comunale. Le origini furono, con tutta probabilità, modeste, di estrazione rurale e l’inurbamento nella parte finale del secolo XII consentì ai membri della famiglia di radicarsi presto nel novero dei gruppi sociali lucchesi dediti all’attività creditizia. Le prime attestazioni familiari, alla fine del secondo decennio del Duecento, evidenziano una precoce attenzione verso il cambio, esercitato nei pressi della cattedrale di San Martino. Gli interessi economici dei C. furono, tuttavia, molteplici nonostante il banco e la bottega di cambio rimanessero il settore principale. La diversificazione delle risorse condusse ben presto a investire nel settore fondiario – si trovano attestate terre nella zona di Lunata, a Segromigno, in Garfagnana – in quello immobiliare, nelle miniere e nell’allevamento del bestiame. Possedettero almeno una stalla in città e vari allevamenti nella campagna lucchese: capre, muli, suini, bestie da soma e cavalli da guerra furono gli ambiti che videro un maggior impegno di capitali e di profitti. La diversificazione degli interessi fu progressiva: dalla metà del secolo XIII assunsero un peso significativo anche le attività minerarie nella zona di Massa Pisana, in Versilia, in Lunigiana e persino in Val di Lima dove nel 1259 Castracane di Ruggero fece aprire una miniera d’argento. Anche la lavorazione dell’oro entrò negli interessi dei C. Il nucleo principale degli affari di famiglia rimaneva quello della mediazione finanziaria, finché con gli ultimi decenni del Duecento non vi fu il passaggio di scala con la costituzione di una compagnia di raggio internazionale, che effettuava operazioni di cambio, di deposito, di prestito alle fiere della Champagne e con operatori commerciali che agivano nelle maggiori piazze commerciali del tempo, da Genova a Venezia a Londra. L’estensione del circuito d’affari inserì i C. anche nel giro dell’importazione di tessuti pregiati francesi e fiamminghi e di spezie dall’Africa settentrionale. Tra i punti di forza delle attività economiche dei C. vi fu il sapiente dosaggio fra i circuiti locali e quelli interregionali e internazionali: furono proprietari di terre, allevatori, finanziatori di attività minerarie, divennero operatori internazionali del credito e dell’importazione, ma non rinunciarono mai del tutto al prestito al consumo e a quello legato all’interscambio fra la città e la campagna.
Il panorama documentario della Lucca comunale è stato, come ben noto, falcidiato proprio dai torbidi e dai rivolgimenti che la città visse nei primi decenni del Trecento, prima e durante l’età del dominio castrucciano. Ciononostante si conserva una discreta documentazione per la ricostruzione delle vicende, soprattutto duecentesche, della famiglia C.
I principali bacini documentari si conservano presso l’Archivio di Stato di Lucca, nei fondi del Diplomatico, dei Capitoli, degli Atti di Castruccio e nell’archivio dei Notari, oltre ai possibili riferimenti presenti in alcune serie minori. Gli altri poli importanti a Lucca sono quelli dei i Registri A
Fonti: Documenti della Signoria di Castruccio Castracani conservati nel R. Archivio di Stato in Lucca, in Castruccio Castracani degli Antelminelli: miscellanea di studi storici e letterari, tomo III (n.s.) degli Atti della R. Accademia Lucchese, a cura di Eugenio Lazzareschi. Firenze, Tipocalcografia classica, 1934, p. 281-409; Inventario del R. Archivio di Stato in Lucca. Vol. V: Archivi gentilizi, a cura di Eugenio Lazzareschi. Pescia, Tip. Benedetti, 1946, p. XIV-401; Libro della Comunità dei mercanti lucchesi in Bruges, a cura di Eugenio Lazzareschi. Milano, Malfasi, 1947, p. XL, 311; L'Archivio dei Notari di Lucca. Spoglio degli atti relativi alle attività artigiane, mercantili, finanziarie, con riferimento ai 'Magistri' e professioni simili; inoltre a comunità, contrade, acque e mappe dal 1245 al 1499, a cura di Claudio Ferri, Lucca, Istituto Storico Lucchese, 2004, p. XI-577.
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