di:
Francesco Pirani
I Cima si inurbarono a Cingoli verso la metà del XIII secolo, intraprendendo ben presto carriere funzionariali e professioni legate all’amministrazione della giustizia. Per tutto il Due e Trecento la fisionomia dei Cima si definì per l’attività funzionariale e per il possesso di terre nel contado. Dal punto di vista politico, l’alleanza con il papato costituì un elemento fondante e corroborante l’autorità della famiglia.
Comprese la terra di Cingoli (diocesi di Osimo) e il modesto territorio comunale da questa controllato, esteso su una dozzina di piccoli castelli, siti in area sub-appenninica, cui si aggiunse alla fine del Trecento, per qualche anno, il più cospicuo castello di Filottrano, in area collinare.
La famiglia di divise in vari rami, a partire dalla fine del Duecento: sono documentati un ramo cingolano, detentore della signoria, in cui le successioni avvennero in modo paterlineare, e un ramo di Staffolo (centro castrense fra Jesi e Cingoli), attivo fuori delle mura di Cingoli. Nel primo Quattrocento a Cingoli si divisero ulteriormente due rami e si compì una marginalizzazione di quello di Masio, fratello di Benuttino, a favore dei discendenti di Benuttino, che restò il ramo principale. Tale ramo si estinse, in linea maschile, nel 1422 con Giovanni, figlio di Benuttino (v. scheda Giovanni Cima), ultimo signore di Cingoli della casata dei Cima.
Non si conosce la consistenza patrimoniale dei Cima, dal momento che è andato perduto un inventario dei beni della famiglia risalente al 1433, citato dall’erudito settecentesco A. Vogel. In un atto del 1408 risulta che Giovanni di Benuttino incamerò al prezzo di 1500 ducati d’oro, godendo dell’autorizzazione di Gregorio XII, tutti i beni fondiari e urbani degli eredi di Masio Cima (cioè dei figli Cima, Ugoantonio, Antonio, Giovanni e Giacomo e di quelli di Ugolino). Nell’atto si citano case lungo la strada pubblica nella contrada Pieve, accanto a quelle di Giovanni di Benuttino, e altre in contrada S. Marco; fra i beni rurali i fondi sono siti in Avenale, Troviggiano, Cervidone e Colognola.
All’indomani della fine dell’autorità dei Cima, un atto cingolano del 1434 accusa i Cima di essersi arricchiti attraverso sistematiche spoliazioni perpetrate ai danni della comunità anche con l’ingiustizia e la violenza, obbligando gli abitanti di Cingoli a vendere gli immobili sottocosto (pro valde minori precio quam valuerint).
Esigui gli atti relativi ai Cima conservati in Archivio di Stato di Macerata, Archivio comunale di Cingoli: occorrerà dunque ricorrere alla documentazione pontificia edita, con il limite di illustrare eminentemente la sfera politica regionale.
Le Memorie della città di Cingoli di Orazio Avicenna (1644) forniscono notizie poco attendibili sui Cima, in quanto l’opera fu commissionata all’erudito locale dalla famiglia Silvestri, antagonista dei Cima. Non si dispone peraltro di una genealogia accertata della famiglia, dal momento che quelle prodotte dall’erudizione sei-settecentesca non sono sempre affidabili.
Fonti: L. Colini Baldeschi, Statuti del comune di Cingoli, secoli XIV, XV, XVI, Cingoli 1904, 2 voll.; A. Theiner, Codex diplomaticus dominii temporalis S. Sedis, Roma 1861-1862
Studi: E. Colini Baldeschi, Comuni, signorie e vicariati nella Marca d'Ancona, «Atti e memorie della deputazione di Storia patria per le Marche», ser. IV, … (1924-25), pp. 1-52; C. E. Bernardi, Podestà e giudici di Cingoli in serie cronologica, “Studia picena”, XVIII (1948), pp. 11-34; A. Esch, Bonifaz IX und der Kirchenstaat (Bibliotek der Deutsche Institut in Rom 29), Roma 1969; P. Cartechini, Aspetti della legislazione statutaria cingolana, in Cingoli dalle origini al secolo XVI, pp. 361-424; G. Gatella, Cingoli nelle sue pergamene, in Cingoli dalle origini al secolo XVI, pp. 307-60; Cingoli dalle origini al secolo XVI: contributi e ricerche, Atti del XIX Convegno di Studi maceratesi (Cingoli, 15-16 ottobre 1983), “Studi maceratesi” 19 (1983); M. Franceschini, Cima, Benuttino, DBI, XXV, pp. 519-520 (voce non esente da alcune imprecisioni); M. Franceschini, Cima, Giovanni, DBI, XXV, pp. 523-524; S. Bernardi, Nobiltà feudale ed istituzionale nel comitato di Osimo fra XIII e XV secolo: esempi nel ceto dirigente del Comune di Cingoli, “Dimensioni e problemi della ricerca storica”, 2 (1993), pp. 160-176; P.L. Falaschi, Intorno al vicariato apostolico “in temporalibus”, Istituzioni e società nelle Marche (secc. XIV-XV), Atti del Convegno (Ancona-Camerino, 1-3 ottobre 1998) [= “Atti e Memorie della Deputazione di Storia Patria per le Marche” 103 (1998)], Ancona 2000, pp. 157-197.