di:
GainPaolo G. Scharf
Sull’origine della famiglia e del loro appellativo sono state fatte varie ipotesi; è probabile che in effetti il nome, come in molti altri casi di famiglie signorili rurali, derivi da un castello dominato dalla famiglia, che a un dato momento sarebbe diventato il centro della loro signoria. Meno probabile invece che essi discendessero da un ramo dei conti di Carpegna, dai quali discenderebbe anche la casata dei conti (poi duchi) di Montefeltro, anche se un qualche legame parentale fra le tre schiatte dovette esistere. Quando i faggiolani si affacciano alla documentazione conservata, comunque, appaiono già sufficientemente individuati e il castello di Faggiola non figura più fra i loro possessi principali. Il centro di interessi della famiglia, e probabilmente il nucleo dei loro possessi, appare focalizzato nel comune montano di amministrazione pontificia denominato Massa Trabaria, originato da un complesso fiscale di vaste proporzioni passato alla chiesa di Roma per la fornitura di legname da costruzione. Situato vicino alle sorgenti del Tevere, via principale di fluitazione del legname, sullo spartiacque appenninico al confine fra vari diocesi e territori, il comune godette di una certa indipendenza prima che Arezzo e due abbazie limitrofe tentassero di insignorirsene. Nella prima metà del Duecento, quando si consumano queste vicende, i faggiolani sono ancora ai margini della storia, e iniziano ad apparire solo nel momento in cui il nuovo rettore della Massa, Pietro Saraceno, compie una vigorosa opera di ricomposizione territoriale, scontrandosi con il vicino comune di Città di Castello. La scalata al potere dei faggiolani data in effetti agli ultimi anni del Duecento, con la figura carismatica di Uguccione, già inurbato ad Arezzo, ma interessato al controllo dell’abbazia del Trivio, che nella Massa possedeva beni e diritti. Il consolidamento del dominio faggiolano in questo angolo montano va di pari passo con l’affermazione urbana di Uguccione, anche se la politica troppo familiare dell’abate insediato dal faggiolano (il fratello Federigo), suscitò l’opposizione degli homines della signoria. L’astro sorgente di Uguccione, impegnato oltre che sulla scena aretina anche in Romagna, contro i guelfi della regione, mise temporaneamente in secondo piano gli interessi marcatamente territoriali della famiglia; è interessante tuttavia notare che quando, escluso dalla politica aretina, il faggiolano iniziò la sua avventura tirrenica, che lo portò a sigoreggiare temporaneamente su Pisa e Lucca, l’attenzione per i domini aviti e per le zone limitrofe non venne meno, dato che probabilmente nel 1314 Uguccione si premurò di avere dal nuovo imperatore, Ludovico il Bavaro, un’investitura feudale su Sansepolcro, grosso centro dell’alta Valtiberina, contermine ai domini montani della famigia. Teminata l’esperienza pisana, come è noto, il faggiolano passò gli ultimi anni di vita al servizio degli scaligeri, ma i suoi successori non dimenticarono le zone d’origine e il figlio Neri si diede da fare per ottenere il controllo, almeno parziale, della Valtiberina. In effetti la zona era contesa dalla potente famiglia dei Tarlati da Pietramala, con cui i faggiolani si scontrarono a più riprese, non ostante la comune fede ghibellina. Per quanto inurbati e a proprio agio nelle realtà comunali del periodo i faggiolani infatti restavano una famiglia di nobili del contado e le loro possibilità di successo erano legate alla capacità di polarizzare attorno a sé lignaggi di simile estrazione, che nella fedeltà all’impero e nell’opposizione ai grandi comuni guelfi avevano la propria ragione di sopravvivenza. Per questo la competizione con i Tarlati, veri competitori in questa ristretta scena politica, diventò fondamentale, anche se alla lunga nocque a entrambe le famiglie.
Escluse le effimere esperienze signorili su Pisa e Lucca, il vero tentativo di trasformare un dominatus rurale in una signoria cittadina fu messo in pratica da Uguccione nei confronti di Arezzo. A più riprese il faggiolano tentò di instaurare in città una signoria personale, appoggiandosi al partito dei Verdi da lui egemonizzato. Una volta estromesso dalla città, ed esaurite appunto le esperienze tirreniche, la famiglia si concentrò nuovamente sulla zona di origine e sulla limitrofa alta Valtiberina, della quale riuscì a più riprese a controllare i principali centri, sia pure in continuo conflitto con i Tarlati, che ugualmente aspiravano al controllo della valle.
Fra Uguccione e i suoi figli e continuatori, si deve sottolineare una soluzione di continuità, se si esclude la breve parentesi lucchese, dove il figlio Francesco fu insediato come vicario del padre e presto sostituito dal fratello Neri dopo la sua morte sul campo di Montecatini. Le restanti iniziative della famiglia in Valtiberina furono portate avanti dal solo Neri, coadiuvato negli ultimi anni dal figlio Francesco, che gli successe nel dominio di Sansepolcro alla sua morte.
Nel territorio montano della Massa Trabaria, anche trascurando il castello eponimo di Faggiola, presto obliterato nelle fonti, la famiglia conservò sempre una forte base, costituita da una dotazione non indifferente di castelli e dal controllo, sia pure intermittente, sulle signorie monastiche della zona. Uguccione cercò di estendere il dominatus con l’acquisizione di un complesso fortificato in valle, a ridosso di Sansepolcro, ottenuto con una permuta con il capitolo cattedrale di Arezzo. Dopo pochi anni tuttavia, per motivi che non ci sono noti, lo stesso Uguccione si disfò del complesso castrale, cedendolo a due cittadini tifernati. I suoi successori comunque allargarono parzialmente la dotazione di castelli iniziale, sottomettendo con la forza alcuni centri montani
La buona disponibilità di fondi dimostrata dalla famiglia doveva derivare solo parzialmente dalla base signorile, dato che i castelli montani sui quali signoreggiavano i faggiolani avevano come principale risorsa i fideles, utilizzati per le imprese militari. Sicuramente l’usurpazione di beni ecclesiastici dovette aumentare la disponibilità economica della famiglia: fra le lamentele dei monaci del Trivio contro l’abate insediato dai faggiolani c’era quella di aver contratto molti debiti in favore dei congiunti. Le molteplici cariche civili e soprattutto militari esercitate dai membri della famiglia dovettero contribuire in misura maggiore all’aumento delle risorse, mentre la capacità di collegarsi con vari potentati per portare avanti le proprie iniziative militari dovette certo ridurre le necessità economiche.
Si vedano le schede dei membri della famiglia: Faggiola, Uguccione della e Faggiola, Neri della.
Fonti: si vedano le schede dei membri della famiglia: Faggiola, Uguccione della e Faggiola, Neri della.
Studi: F.V. Lombardi, L'origine dei faggiolani alla luce di un documento inedito, «Studi Montefeltrani», 1971, I, pp. 49-68; G. Cherubini, Una comunità dell'appennino dal XIII al XV secolo. Montecoronaro dalla signoria dell'abbazia del Trivio al dominio di Firenze, Firenze, L.S. Olschki editore, 1972; C. Meek, Faggiola, Uguccione della, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 36, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1988, pp. 804-8; F. Allegrezza, Della Faggiuola, Ranieri (Neri), in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 36, Roma, Istitituto dell’Enciclopedia Italiana, 1988, pp. 801-04; Uguccione della Faggiola nelle vicende storiche fra Due e Trecento, Atti del Convegno, Casteldelci 6-7 settembre 1986, «Studi Montefeltrani», 18/1995, pp. 5-64, anche in estratto: «Studi Montefeltrani», Atti convegni 4; G.P.G. Scharf, Le prime esperienze signorili di Uguccione della Faggiola: il periodo aretino (1292-1311), «Archivio Storico Italiano», CLX, 2002, pp.753-767, riedito in «Studi Montefeltrani», n. 25, 2004, pp. 27-40, anche in rete all’indirizzo http://centri.univr.it/RM/biblioteca/scaffale/s.htm; T. Codignola, La Massa Trabaria, Firenze, Olschki, 2005