di:
Ignazio Del Punta
Signorile. I Guinigi appartenevano ad un vasto consortato signorile, la domus Guinthinga, della quale si hanno tuttavia scarne notizie. Senz’altro la presenza della famiglia a Lucca è attestata già fra XI e XII secolo ed è connessa alle attività di una figura eminente del casato, tale Guinitho, giudice e causidico, strettamente legato all’entourage della marchesa Matilde di Canossa, il quale compare con un ruolo rilevante a fianco del giudice imperiale Flaiperto - capostipite della domus degli Avvocati che nel secolo seguente dopo la morte di Matilde ottennero il titolo di “conti del Sacro Palazzo” - in un placito tenuto dalla marchesa a Lucca nel 1073 in favore di Eriza, badessa del monastero di San Salvatore e di Santa Giustina (questo Guinitho non deve essere confuso con un suo omonimo che compare alcuni anni più tardi a Pisa come socius del vescovo pisano Daiberto). Da ulteriori mie ricerche risulta che le fortune della famiglia erano inizialmente legate all’esercizio di attività giuridiche in città e nei dintorni spesso in rapporto con importanti enti ecclesiastici. Nei primi decenni del XII secolo compare ad esempio un certo Guiniscio, notaio imperiale, che roga un atto di vendita di diritti su case e terre all’abate del monastero di San Salvatore di Sesto e un altro atto, risalente alla metà del secolo, con cui l’abate del monastero di San Ponziano investe la confraternita della chiesa di San Ginesio dei suoi beni mobili e immobili. Senz’altro più rilevante risulta tuttavia il fatto che sul finire del secolo un altro Guinitho era abate del monastero di San Ponziano, sito nella periferia orientale della città e cresciuto per ricchezza e influenza fino a diventare uno degli enti ecclesiastici più importanti di Lucca. Non è probabilmente una coincidenza se proprio in quegli anni sedeva sul seggio episcopale della città un altro membro della domus, Guglielmo di Brunetto di Roffredo, disceso da una famiglia di chierici (il suo bisnonno era il diacono Giovanni figlio a sua volta di un presbitero Giovanni ricordato nel necrologio della cattedrale). Canonico della cattedrale di San Martino già nel 1158, Guglielmo risulta primicerio ed eletto nel 1170, ma fu consacrato solo nel 1178 a causa della presenza del vescovo imperiale Lando nelle cui mani rimase di fatto l’amministrazione della diocesi in quegli anni. Guglielmo visse fino al 1194. Successivamente, nel corso del Duecento la domus si divise in vari rami, per lo più impegnati in attività mercantili e bancarie che garantivano lauti guadagni. È appunto nella seconda metà del secolo XIII che i nuclei del casato più coinvolti nei commerci a media e lunga distanza acquisirono anche una proiezione internazionale. Nel 1308 i Guinigi figurano nella cosiddetta Cerna potentium, fra le famiglie di casastici et potentes colpiti duramente dalla legislazione anti-magnatizia promossa dal nuovo governo di ‘popolo’ egemonizzato dalla fazione dei guelfi Neri in seguito alle lotte di inizio Trecento.
La signoria dei Guinigi è limitata all’esperienza di Paolo, signore di Lucca dal 1400 al 1430. La signoria guinigiana ebbe un carattere eminentemente cittadino, basti pensare al fatto che Paolo nei trent’anni del suo dominio non si allontanò mai da Lucca, probabilmente per timore che una sua assenza, anorchè breve, potesse offrire invogliare i suoi oppositori interni ad organizzare una congiura e un colpo di stato. Il territorio soggetto a Lucca era tuttavia piuttosto vasto estendosi alla Versilia e alla Garfagnana, nonchè ad est fino alla Val di Nievole. Inoltre pochi anni dopo la sua ascesa al potere, Paolo cercò – con successo – di estendere ulteriormente i confini del suo stato a nord, annettendo nel 1404 Carrara e il relativo distretto grazie ad un accordo concluso con Giovanni Colonna, che negli anni precedenti era stato capitano al servizio di Gian Galeazzo Visconti. Nell’ottobre dello stesso anno, il G. organizzò Carrara e il suo distretto in vicarìa.
Paolo Guinigi tentò di imporre un principio dinastico in base al quale dopo la sua morte la signoria di Lucca sarebbe passata nelle mani del figlio maggiore, ma di fatto il suo progetto fallì. Nel 1413 il G. ottenne dall’imperatore Sigismondo il titolo di vicario imperiale e quindi un fondamento giuridico per il suo dominio e con questo anche la trasmissibilità del titolo ai figli. Ma la deposizione avvenuta alla metà di agosto del 1430 e la detenzione a Pavia insieme ai figli maschi segnò per sempre la fine non solo della signoria guinigiana, ma della signoria tout court come forma di reggimento politico a Lucca e il ritorno della città-stato a quella libertas – ovvero il ritorno alla repubblica oligarchica – di cui i Lucchesi si dimostrarono nei secoli seguenti così affezionati e gelosi difensori
E' incerto se la famiglia Guinigi fosse titolare di vere e proprie “signorie di castello”, ma indubbiamente sul finire del Trecento godeva di un patrimonio fondiario assai esteso e ramificato un po’ in tutte le zone del distretto lucchese. Nel 1384 i tre fratelli Francesco, Michele e Niccolò di Lazzaro di Bartolomeo – il primo dei quali era il padre di Paolo – procedettero ad una divisione dei beni fondiari e immobiliari posseduti fino ad allora in comune. Solo il grande palazzo di famiglia, detto “palagio nuovo” (attuale palazzo Guinigi all’angolo tra via S. Andrea e via Guinigi) restò in comune. Morto Francesco, pochi anni dopo, nel 1388, Michele e uno dei suoi nipoti, Lazzaro, il fratello maggiore di Paolo, acquistarono insieme le proprietà appartenute a Francesco Castracani degli Antelminelli, figlio di Castruccio, in Garfagnana: a Catureglio (presso Borgo a Mozzano), nonchè il Monte Bargiglio (889 m) e il colle della Cuna (attuale località di Cune), nella stessa zona. Sul Bargiglio sono tuttora visibili i resti di una torre che serviva sia a dominare il sottostante centro di Borgo a Mozzano sia per comunicare con segnali con altre torri d’avvistamento della zona e con le torri del sistema difensivo di Lucca. Da notare che a tali possedimenti erano legati anche diritti di giurisdizione signorile a suo tempo esercitati da Francesco Castracanie passati quindi ai Guinigi. La presenza della famiglia in Garfagnana fu rafforzata in seguito da Paolo, che sposò in prime nozze Maria Caterina degli Antelminelli, pronipote di Castruccio. Un inventario del patrimonio personale di Paolo, redatto nel 1412, mostra che i suoi beni, di notevole entità, erano dispersi un po’ in tutto il territorio lucchese, ma una parte considerevole sia in città che nel contado gli era venuta dall’eredità di Castruccio attraverso i lasciti confluiti presso Vallerano, il padre di Maria Caterina e tramite parti delle eredità dei fratelli di Paolo finite nelle sue mani. Inoltre il G. usufruì di lasciti consistenti grazie ad una donazione della madre, Filippa Serpenti, nel 1409, nella quale confluivano a sua volta beni appartenenti in origine alle famiglie degli Antelminelli e degli Sbarra. Di fatto, se il patrimonio della famiglia risulta, come si è detto, assai disperso in tutto il contado (comprendente ad esempio poderi e fondi nella piana lucchese e in Versilia, notamente nelle zone di Saltocchio e Camaiore), si può tuttavia osservare che centri cospicui di potere della famiglia si concentravano in particolare in alcune aree della Garfagnana dove i Guinigi avevano rafforzato la loro presenza acquistando una parte dell’eredità dei Castracani. Non si trattava soltanto di Catureglio, del Monte Bargiglio e di Cune, ma anche di Coreglia, di Castiglione e della vicaria di Gallicano. Inoltre a Paolo, in quanto erede di una parte del patrimonio degli Antelminelli, spettavano diritti signorili di giustizia minore su alcuni centri della Versilia, nella vicaria di Pietrasanta. Proprio nelle località dove più si concentravano le proprietà fondiarie e i diritti signorili della famiglia, il signore di Lucca esercitò forme dirette di governo e di intervento amministrativo. Così a Pietrasanta nel 1401, nella vicaria di Gallicano nel 1405, per la riforma degli statuti del comune di Castiglione nel 1410 e nel 1417 per quanto riguarda le nomine di capitani e consiglieri di Camaiore. Parimenti sulle stesse aree, in particolare su quelle della Garfagnana, il G. contò per l’appoggio da parte di clientele familiari e contingenti di armati da far affluire in città nei momenti di maggior tensione e incertezza.
Le principali risorse economiche della famiglia derivavano da un lungo e consolidato impegno in attività mercantili e bancarie a livello internazionale. I Guinigi erano titolari di una delle più importanti compagnie mercantili-bancarie lucchesi fin dal Duecento, tradizionalmente impegnata soprattutto nel commercio di importazione di seta greggia e di esportazione di drappi serici sull’asse Genova-Lucca- Francia. Fin dal 1262 i Guinigi avevano un loro rappresentante stabile a Genova (in quel periodo si trattava di Conte Guinigi). Un altro settore di affari in cui la compagnia Guinigi era tradizionalmente molto attiva fin dalla seconda metà del Duecento era il mercato dei cambi con le fiere della Champagne. Qui esponenti della famiglia Guinigi compaiono fra i mercanti-banchieri lucchesi residenti nelle città che ospitavano le fiere, ad esempio a Troyes. Nel corso del Trecento le attività mercantili dei Guinigi si diversificarono e cambiarono anche, almeno in parte, localizzazione geografica. Entrate in decadenza le fiere della Champagne, l’epicentro degli affari nel nord del continente per i Guinigi, come per gli altri mercanti-banchieri lucchesi e più in generale toscani, divennero Parigi, Londra e Bruges. Nella seconda metà del Trecento la compagnia Guinigi era attiva a Londra e a partire dal 1370 aveva filiali permanenti, oltrechè nella capitale inglese, a Roma, Napoli, Genova, Venezia, Avignone, Parigi e Bruges. Al più tardi a partire dal 1372 la compagnia aveva una filiale permanente a Venezia gestita da Lazzaro e Jacopo Guinigi e da Bartolomeo del Bianco. I Guinigi agivano allora a Londra in qualità di banchieri del papa e collettori della Camera Apostolica, avendo sostituito in tale ruolo la società fiorentina degli Alberti, puniti con l’interdetto durante la guerra degli Otto Santi (1375-78). Nel novembre del 1376 i Guinigi ottennero così l’incarico per il trasferimento delle decime apostoliche dall’Inghilterra, dalle Fiandre, dalla Renania, dall’Ungheria e dalla Lombardia. La loro fedeltà ad Urbano VI negli anni seguenti dello Scisma garantì loro il mantenimento di questa posizione di privilegio per ben quindici anni. La loro attività come banchieri del papa entrò in crisi solo verso la fine degli anni ottanta del secolo. Dopo il 1392 le loro funzioni furono assunte prima da altri banchieri lucchesi, quindi da società fiorentine.
Nei decenni precedenti l’ascesa di Paolo alla signoria di Lucca gli affari dei Guinigi in Europa appaiono concentrati soprattutto lungo l’asse Fiandre-Inghilterra, avendo come centri Bruges e Londra. Nel 1371 Niccolò Guinigi e suo figlio Lazzaro erano residenti stabilmente a Bruges, dove possedevano una casa a disposizione di loro stessi e della compagnia e dove si tenevano occasionalmente riunioni della comunità (la natio) dei mercanti lucchesi attivi in quella città. Nel 1378 Niccolò rientrò a Lucca lasciando Lazzaro, zio di Paolo , a dirigere gli affari delle filiali di Londra e Bruges. Negli anni ottanta tuttavia, mentre nelle Fiandre la ragione sociale della compagnia Guinigi era intitolata a “Lazzaro Guinigi e compagni”, a Londra il riferimento era “a Dino Guinigi e compagni”, segno forse che vi era stata nel frattempo una separazione in due società indipendenti, comunque in stretti rapporti di affari, o che più semplicemente la stessa società si era suddivisa in due sotto-compagnie o filiali semi-indipendenti – l’una per Bruges e le Fiandre, l’altra per Londra e l’Inghilterra – anticipando di alcuni decenni quella struttura tipica di una moderna ‘holding-company’ che avrebbe assunto nel Quattrocento la compagnia Medici usufruendo così di maggiore elasticità e minore rischio nella gestione degli investimenti su scala internazionale. In ogni caso, l’apprendistato giovanile di Paolo come mercante avvenne proprio in quegli anni a Londra e a Bruges tra il 1389 e il 1392, dove compare insieme a Dino, Bartolomeo, Giovanni e Lazzaro Guinigi. Nel 1391 Paolo è anzi registrato nel Libro della Comunità dei mercanti lucchesi come titolare di una società apparentemente indipendente con sede a Bruges, mentre a Londra a dirigere la stessa società era il fratello Bartolomeo che nel 1386 era stato eletto Operaio della cappella di Santa Croce a Bruges. In seguito agli eventi politici del 1392, tuttavia, fecero rapidamente rientro a Lucca tutti i maggiorenti della casa: Dino, Michele, Lazzaro di Niccolò e Lazzaro di Francesco (quest’ultimo fratello maggiore di Paolo). A quella data figura di spicco all’interno della compagnia e della famiglia risulta soprattutto Dino di Niccolò di Bartolomeo, cugino del padre di Paolo, Francesco di Lazzaro, morto a Lucca nel 1384. Fu proprio in seguito alla scomparsa del cugino, con il quale era socio in affari da molti anni, che Dino emerse come direttore della società mercantile-bancaria e anche come “capo” del casato a Lucca. Nel 1389, nel Libro della Comunità dei mercanti lucchesi in Bruges Dino è qualificato come “maestro in Lucha” della compagnia. Anche Michele di Lazzaro, cugino di Dino e zio di Paolo (in quanto fratello minore del padre di Paolo, Francesco di Lazzaro) fu membro autorevole del casato e ne guidò tanto gli affari all’estero che la condotta politica in patria. Rivestì più volte l’importante carica di console della Corte dei Mercanti e il Sercambi lo identifica senza’altro come uno dei capi della fazione guinigiana, ma sul finire del Trecento si ammalò e morì nell’ottobre del 1400. Scarse notizie si hanno al contrario a proposito di Lazzaro di Niccolò, ma è assai probabile che si tratti di un fratello minore di Dino e del padre del futuro vescovo di Lucca, il giovane Niccolò figlio di Lazzaro di Niccolò e di Margherita dello Strego, nato a Lucca nel 1375 e nominato vescovo da Bonifacio IX nel 1394. Non vi sono dubbi per contro circa l’identità di Lazzaro di Francesco, fratello di Paolo e primogenito dei cinque figli di Francesco: appunto Lazzaro, Roberto, Antonio, Bartolomeo e Paolo. Nato negli anni quaranta del Trecento dal primo matrimonio del padre con una figlia del conte Guidi di Modigliana, Lazzaro si formò con un precoce apprendistato nel Nord Europa presso i fondaci della compagnia di famiglia, in particolare a Bruges, intraprendendo anche una carriera politica di rilievo negli anni settanta all’indomani della recuperata libertà di Lucca dal dominio pisano (1369). Negli ultimi tre decenni del secolo ricoprì più volte la carica di Anziano arrivando ad essere eletto Gonfaloniere nel 1386 e nel 1392. Dopo la morte del padre Francesco nel 1384, Lazzaro assunse un ruolo primario all’interno della famiglia e della società mercantile-bancaria a fianco di Dino di Niccolò e risulta in stretti rapporti economici (ma sul fronte degli investimenti fondiari e immobiliari) con suo zio Michele di Lazzaro Guinigi, con il quale nel 1388 acquistò vaste proprietà a Catureglio, il Monte Bargiglio e il colle della Cuna presso Borgo a Mozzano, un insieme di beni appartenuti a Francesco Castracani degli Antelminelli, il figlio di Castruccio. Lazzaro ebbe un ruolo di primo piano negli avvenimenti politici di fine secolo: dall’uccisione del gonfaloniere Forteguerra Forteguerra e di suo cugino Bartolomeo nel maggio 1392 all’alleanza con Firenze nel 1395, all’avvicinamento con Gian Galeazzo Visconti nel 1399, anno in cui peraltro Lazzaro risulta presente a Bruges per affari. Alla fine dell’anno Lazzaro s’incontrò di persona con Gian Galeazzo a Pavia, presumibilmente per discutere della questione di Pisa su cui si concentravano le mire del duca di Milano. La straordinaria carriera di Lazzaro, leader designato e senza dubbio destinato ad assumere la signoria di Lucca al posto del fratello minore Paolo se le cose fossero andate diversamente, fu improvvisamente stroncata dall’agguato che subì il 15 febbraio 1400 ad opera del fratello Antonio e di Niccolò Sbarra (cognato di Antonio) che lo pugnalarono a morte pare per questioni economiche (essendo suoi debitori per ingenti somme).
In conclusione, se le fortune dei Guinigi risultano essenzialmente legate ai commerci internazionali, all’attività bancaria e probabilmente anche alla manifattura della seta, non bisogna tuttavia trascurare il fatto che una parte rilevante del patrimonio e delle entrate che affluivano nelle casse dei vari rami della famiglia provenivano anche dalle rendite fondiarie delle proprietà sparse per tutto il contado lucchese, nella piana intorno alla città come in Garfagnana e in Versilia.
Archivio di Stato di Lucca, Anziani al tempo della libertà, 649; Archivio Guinigi; Biblioteca manoscritti, 125; Capitoli, 34, 35; Consiglio Generale, 9-14; Corte dei mercanti, 14-17, 84 ; Diplomatico; Fregionaia, 40 (Libro di ricordi di Andrea Stefani); Governo di Paolo Guinigi, I-39; Potestà di Lucca, 5219; Sentenze e bandi, 114; Vicario poi commissario di Castiglione. Atti criminali, 640, 641; Vicario di Pietrasanta, 146; Arch. di Stato di Lucca, Sezione notarile: Notari antichi; Lucca, Archivio arcivescovile, Diplomatico; Libri antichi, 45; Visite pastorali, 3, 4; Lucca, Biblioteca statale, Manoscritti, 854, 1115.
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