di:
Alma Poloni
Pur nella generale mancanza di documentazione relativa agli O., emerge con una certa chiarezza la loro fisionomia di milites urbani, privi di diritti signorili nelle campagne. Le prime notizie della famiglia risalgono alla seconda metà del XII secolo. In quella fase essa era già integrata nella vita politica del comune di Forlì, e in un documento pubblico del 1189 due suoi esponenti appaiono con il titolo di nobiles viri. Dal punto di vista economico, sembrano fondamentali i rapporti degli O. con gli enti religiosi cittadini, in particolare con il monastero urbano di S. Mercuriale, dal quale ebbero in concessione terre e case nel Forlivese. Saldamente schierati su posizioni filoghibelline, la loro ascesa fu legata all’appoggio da essi garantito ai progetti di potere prima di Guido da Montefeltro e poi di Maghinardo Pagani da Susinana. Fu grazie all’inserimento in questo sistema di alleanze che, a partire dagli anni ’70 del Duecento, vari membri della famiglia ricoprirono la carica di podestà o capitano del popolo nelle città romagnole attratte nell’orbita dei due capi ghibellini. Come in altri casi romagnoli, fu nel vuoto di potere creato dalla morte di Maghinardo che, all’inizio del Trecento, gli O. riuscirono a imporre il proprio dominio nella città d’origine, benché, all’inizio, in forme scarsamente formalizzate.
Quella degli O. fu una signoria monocittadina su Forlì. Nella prima metà del Trecento, tuttavia, la famiglia tentò di allargare la sua sfera di potere, in particolare nell’area di pianura lungo la via Emilia. Tra il 1306 e il 1310, mentre Scarpetta O. esercitava una leadership politica riconosciuta, anche se non formalizzata, a Forlì, il fratello Pino fu signore di Bertinoro, castello di una certa importanza allo sbocco della valle appenninica del Ronco. Ma il periodo di maggiore estensione del dominio della famiglia fu quello di Francesco (II) O., tra i primi anni ’30 e il 1357. In quel momento gli O. controllavano Forlì, Forlimpopoli, Bertinoro e anche la città di Cesena, oltre a una serie di castelli collinari minori. Dalla fine del Trecento, tuttavia, la casata rinunciò di fatto a qualsiasi progetto di potere al di fuori della città di origine. L’altro polo del piccolo dominio di pianura degli O. rimase Forlimpopoli.
Gli O., a causa della loro salda tradizione ghibellina, approdarono tardi al vicariato apostolico, soltanto nel 1379, con Sinibaldo O. Questa legittimazione, tuttavia, non ebbe in alcun modo l’effetto di garantire maggiore stabilità alla trasmissione del potere da una generazione all’altra. Al contrario, con la destituzione di Sinibaldo per effetto di una congiura familiare, nel 1385, cominciò una fase infinita di contrasti familiari, che si protrasse fino alla fine della signoria degli O., un secolo dopo. Ogni passaggio di potere era accompagnato da lotte e congiure, e non ebbe alcun effetto neppure la strategia, che il papato adottò con tutti i signori romagnoli per tenere sotto controllo le lotte interne alle dinastie, di ricorrere all’investitura collegiale del vicariato. Si può notare che in questo come in altri casi romagnoli la conflittualità familiare esplose in coincidenza con il definitivo abbandono di qualsiasi progetto di espansione del dominio al di fuori di Forlì, con l’indebolimento del papato – e dunque della legittimazione che derivava dal vicariato – in seguito al grande scisma d’Occidente, e con l’aumento della pressione delle grandi potenze, Firenze e Milano soprattutto, sulla Romagna.
Come si è detto, gli O. non erano in origine una famiglia di signori rurali. A differenza dei Manfredi, che avevano una fisionomia simile, essi non tentarono neanche in seguito di ricavarsi un’enclave signorile in area appenninica. Soprattutto negli anni ’30, ’40 e ’50 del Trecento, al tempo di Francesco (II), gli O. riuscirono a ottenere il controllo miliare di castelli e piazzeforti in pianura e nelle valli appenniniche. Tuttavia, si trattò in tutti i casi di conquiste di breve durata, e non consolidate attraverso una reale penetrazione patrimoniale e l’acquisizione, attraverso legami matrimoniali o acquisto, di diritti signorili sugli uomini. Questo mancato sviluppo signorile fu probabilmente determinato dal fatto che i principali antagonisti degli O., i guelfi Calboli, erano invece una famiglia con un forte radicamento signorile in area collinare e appenninica, mantenuta anche grazie al sostegno attivo del papato e dei fiorentini.
Negli ultimi quindici anni della sua vita, dopo avere perso il dominio su Forlì nel 1359, Francesco (II) O. si sostenne attraverso le condotte militari. Dalla fine del Trecento le condotte, al servizio delle principali potenze dell’Italia settentrionale, divennero non solo uno strumento di visibilità politica, ma soprattutto una risorsa economica molto importante per gli O., come per altre famiglie signorili romagnole.
La documentazione relativa alla storia di Forlì e degli O. nel Medioevo è andata quasi totalmente perduta, e le ricostruzioni storiografiche sono fondate sui testi cronachistici, per di più molto successivi ai fatti considerati. L’unica fonte di una certa rilevanza è il cosiddetto Libro Biscia dell’abbazia di S. Mercuriale, un cartulario pergamenaceo depositato presso l’Archivio di Stato di Forlì. Si tratta di un registro nel quale sono stati trascritti, a partire dal tardo XIII secolo, vari contratti relativi ai possedimenti dell’abbazia, risalenti sino alla fine del IX secolo. Gli atti giungono fino agli ultimi anni del Trecento, e sono editi fino all’anno 1200 (vedi bibliografia).
Fonti: L. Cobelli, Cronache Forlivesi di L. C., a cura di G. Carducci e di E. Frati, Bologna 1874; Petri Cantinelli chronicon, a cura di F. Torraca, RIS2, XXVIII, 2, Città di Castello 1902; Annales Forolivienses ab origine urbis ad a. 1473, a cura di G. Mazzatinti, RIS2, XXII, II, Città di Castello 1903-1909; Magistri Tolosani Chronicon Faventinum, a cura di G. Rossini, RIS2, XXVIII, 1, Bologna 1936; Il «Libro Biscia» di S. Mercuriale di Forlì, vol. I (894-1178), a cura di S. Tagliaferri e B. Gurioli, Forlì 1982; Il «Libro Biscia» di S. Mercuriale di Forlì, vol. II (1178-1200), a cura di S. Tagliaferri e B. Gurioli, Forlì 1987;
Studi: G. Pecci, Gli Ordelaffi, signori di Forlì, Faenza 1955; F. L. Ravaglia, Scarpetta degli Ordelaffi Signore di Forlì, Forlì 1955; Id., Il primo Pino degli Ordelaffi, Forlì 1956; Id., Le case degli Ordelaffi in Forlì, Forlì 1958; E. Balzani Maltoni, La famiglia degli Ordelaffi dall’origine alla signoria, in «Studi Romagnoli», XI (1960), pp. 247-272; Ead., La signoria di Francesco Ordelaffi, in «Studi Romagnoli», XV (1964), pp. 233-276; A. Vasina, I romagnoli fra autonomie cittadine e accentramento papale nell’età di Dante, Firenze 1965, ad indicem; J. Larner, Signorie di Romagna. La società romagnola e l’origine delle Signorie, Bologna 1972, ad indicem; A. Vasina, Romagna Medievale, Ravenna 1970, ad indicem; Id., Forlì nel medioevo: aspetti e momenti del suo sviluppo sociale ed edilizio, in «Studi Romagnoli», XXIII (1972), pp. 13-33; Id., Forlì nel medioevo: società e cultura, in Forlì: società e cultura, Forlì 1975; A. Calandrini, G. M. Fusconi, Forlì e i suoi vescovi. Appunti e documentazione per una storia della chiesa di Forlì, Forlì 1985; Storia di Forlì, vol. II, Il Medioevo, a cura di A. Vasina, Bologna 1990; A. Poloni, voci Ordelaffi Antonio, Ordelaffi Francesco (II), Ordelaffi Giovanni, Ordelaffi Pino (III), Ordelaffi Scarpetta, Ordelaffi Sinibaldo, in DBI, in corso di stampa.