di:
Vito Lorè
Di parte guelfa e di origine popolare, nella seconda metà del Duecento i Pepoli furono presenti nelle assemblee cittadine e spesso coinvolti negli scontri con la fazione avversa. Nel 1280 Romeo partecipò per la parte guelfa (i Geremei) alla legazione convocata dal legato pontificio per imporre la riconciliazione con l’altra fazione, quella ghibellina dei Lambertazzi. Dagli ultimi decenni del Duecento i Pepoli attuarono una politica matrimoniale che in parte li allontanava dalle loro origini schiettamente popolari, legandoli a famiglie di orientamento politico diverso, sia ghibelline, sia guelfe moderate, ma comunque tutte di alto livello economico. Oltre alla svolta politica in senso ultraguelfo (1306), preludio all’egemonia informale di Romeo sulle istituzioni comunali, il matrimonio fra la figlia di Romeo, Giacoma, e Obizzo III d’Este, nel 1317, potrebbe essere letto come segno di un più deciso avvicinamento al mondo aristocratico. In realtà l’attrazione per il mondo aristocratico ricompare carsicamente nella storia della famiglia, probabilmente in funzione delle convenienze politiche del momento. Nel 1340 Giovanni e Giacomo Pepoli, figli di Taddeo, si fecero investire cavalieri dal delfino di Vienne, di passaggio da Bologna, e investirono poi a loro volta una ventina di bolognesi, tutti membri del gruppo dirigente: il contrasto con il rifiuto di Romeo e degli altri Pepoli della sua generazione di divenire cavalieri è evidente, ma va detto che lo stesso Taddeo non volle partecipare al torneo che introdusse la cerimonia di investitura dei figli.
Bologna.
La dominazione di Romeo e quella di Taddeo sono separate da alcuni anni: non si può quindi in questo caso parlare di successione. I figli di Taddeo, Giovanni e Giacomo, successero al padre nel 1347, proclamati signori di Bologna dal Consiglio del popolo.
L’acquisto di Castiglion de’ Gatti, ceduto nel 1340 aGiacomo e Giovanni dal conte Ubaldino degli Alberti signori di Prato, innalzò i Pepoli al rango di signori rurali, con giurisdizione e clientele vassallatiche in un’area di difficile controllo, importante dal punto di vista strategico per la sua posizione al confine con la repubblica fiorentina. Fino a quel momento le presenze pepolesche nel contado erano state di tipo esclusivamente fondiario. Nel 1341 Taddeo, Zerra, Conte e Niccolò di Andrea, acquistarono dai conti di Cunio per 2000 lire anche il castello di Valmaggiore, nella montagna imolese.
Dal punto di vista economico l’attività principale della famiglia Pepoli era il cambio, almeno dai decenni centrali del Duecento; clienti soprattutto studenti spagnoli e francesi dello studio bolognese. Alcuni documenti di inizio secolo mostrano i Pepoli impegnati in qualche acquisto di terra, ma sono testimonianze frammentarie, da cui non può desumersi un orientamento coerente della famiglia. Fino all’epoca di Zerra, il padre di Romeo, clienti dei Pepoli erano prevalentemente studenti dello studio bolognese, francesi e spagnoli, per mutui a brevissimo termine. Romeo continuò l’attività di famiglia, ma cambiando clientela e usando il prestito come strumento politico. Romeo concesse infatti soprattutto prestiti al consumo e finanziò comunità rurali e investimenti immobiliari, oltre che altri cambiavalute a lui vicini. I prestiti ingenti a comunità della bassa bolognese (S. Giovanni in Persiceto e Castel S. Pietro), non restituiti, furono probabilmente lo strumento che permise a Romeo di acquistare da quelle stesse comunità ampie estensioni di terra a prezzi più bassi di quelli correnti. Nel 1276, con l’acquisto di una casa in via Castiglione, Romeo pose le basi per la creazione di un vero e proprio “conglomerato residenziale”. Negli anni successivi al 1296-1297 Romeo Pepoli si impegnò sempre più nell’acquisizione di terre e immobili urbani, continuando l’attività creditizia a vantaggio di comunità rurali e soprattutto di altre famiglie di notabili bolognesi. Il credito diventava così uno strumento politico, finalizzato alla creazione di clientele urbane e dell’ampio patrimonio fondiario nella bassa pianura padana, noto in dettaglio dagli estimi del 1296-1297 e del 1315-1316.
Sul patrimonio fondiario di Taddeo non abbiamo informazioni altrettanto precise, tuttavia anche i suoi interessi insistevano soprattutto sull’area fra San Giovanni in Persiceto e Crevalcore, non sappiamo se solo per eredità paterne o anche per nuove, personali acquisizioni. Certo il patrimonio di Romeo rimase in gran parte indiviso fino alla sua morte e poi distribuito in parti uguali fra Taddeo e i fratelli Giovanni, Zerra, Francesco, detto Tarlato, e il nipote Niccolò, figlio del defunto Andrea. Sembra però che Taddeo e i fratelli avessero ruoli in parte diversi, nella famiglia. Taddeo appare infatti molto meno coinvolto nelle attività economiche rispetto a Francesco e a Zerra. Il primo sembra si sia dedicato maggiormente all’attività di cambiatore, con un patrimonio immobiliare in gran parte concentrato in città. Zerra fu invece impegnato in modo sistematico nell’acquisto di terreni nel contado, in particolare presso Altedo e Manzolino. Anche i figli di Taddeo, Giacomo e Giovanni, suoi successori nella signoria, furono impegnati in numerosi acquisti di terreni agricoli, concentrati nell’area di Crevalcore, Sant’Agata e S. Giovanni in Persiceto, secondo la linea di espansione già delineata al tempo di Romeo. La vicinanza delle terre di vari esponenti della famiglia (a Sant’Agata e probabilmente altrove), insieme con la divisione dei ruoli economici, certo non rigida, fra Taddeo e i suoi fratelli, sembrano tutti segni di una forte coesione familiare, che del resto emerge anche dalla politica matrimoniale comune e dalla vicinanza delle residenze urbane.
Archivio di Stato di Bologna, Riformagioni e Provvigioni; Archivio Pepoli, presso Archivio di Stato di Bologna, Sommari di instrumenti; Archivio di Stato di Bologna, Ufficio dei Riformatori degli estimi, serie II, anno 1296-1297, busta 12; anno 1315-1316, busta 161; Archivio di Stato di Bologna, Comune, Ufficio dei Memoriali.
Fonti: Corpus chronicorum bononiensium, a cura di A. Sorbelli, Rerum Italicarum Scriptores, II ed., XVIII/1, vol. II, Città di Castello-Bologna 1938; M. Griffoni, Memoriale historicum de rebus Bononiensium, a cura di L. Frati e A. Sorbelli, Rerum Italicarum Scriptores, II ed., XVIII/2, Città di Castello 1902.
Studi: N. Rodolico, Dal Comune alla Signoria. Saggio sul governo di Taddeo Pepoli in Bologna, Bologna 1898, rist. an. ivi 1974; V. Vitale, Il dominio della parte guelfa in Bologna (1280-1327), Bologna 1901, rist. an. ivi 1978; A. Sorbelli, La signoria di Giovanni Visconti a Bologna e le sue relazioni con la Toscana, Bologna 1902, rist. an. ivi 1976, pp. 1-36; A. Gorreta, La lotta fra il comune bolognese e la signoria estense (1293-1303), Bologna 1906, rist. anast. ivi 1975; [F. Papi], Romeo Pepoli e il Comune di Bologna dal 1310 al 1323, Orte 1907; M. Bellomo, Giuristi e inquisitori del Trecento. Ricerca su testi di Iacopo Belvisi, Taddeo Pepoli, Riccardo Malombra e Giovanni Calderini, in Per Francesco Calasso. Studi degli allievi, Roma 1978, pp. 9-57; R. Dondarini, Il tramonto del comune e la signoria bentivolesca, in Atlante storico delle città italiane, Emilia-Romagna, 2, Bologna, a cura di F. Bocchi, III, R. Dondarini – C. De Angelis, Da una crisi all’altra (secoli XIV-XVII), Bologna 1997, pp. 23-24; M. Giansante, Patrimonio familiare e potere nel periodo tardo-comunale. Il progetto signorile di Romeo Pepoli banchiere bolognese (1250 c.-1322), Bologna 1991; Idem, Romeo Pepoli. Patrimonio e potere a Bologna fra comune e signoria, in “Quaderni medievali”, 53 (2002), pp. 87-112; Idem, L’usuraio onorato. Credito e potere a Bologna in età comunale, Bologna 2010; G. Milani, L’esclusione dal comune. Conflitti e bandi politici a Bologna e in altre città italiane tra XII e XIV secolo, Roma 2003, pp. 377-413; G. Antonioli, Conservator pacis et iustitie. La signoria di Taddeo Pepoli a Bologna (1337-1347), Bologna 2004; F. Bocchi, Lo sviluppo urbanistico, in Storia di Bologna, dir. R. Zangheri, 2, Bologna nel Medioevo, a cura di O. Capitani, Bologna 2007, pp. 284-288; A. L. Trombetti Budriesi, Bologna 1334-1376, in Storia di Bologna, 2 cit., pp. 761-866; A Vasina, Dal Comune verso la Signoria (1274-1334), in Storia di Bologna, 2 cit., pp. 581-651; G. Lorenzoni, Conquistare e governare la città. Forme di potere e istituzioni nel primo anno della signoria viscontea a Bologna (ottobre 1350 – novembre 1351), Bologna 2008, pp. 21-47.