di:
Francesco Pirani
Famiglia aristocratica cittadina di Jesi di tradizione antipapale, che giocò un ruolo da protagonista nelle lotte fra fazioni per il controllo politico della città fra la fine del XIII e la seconda metà del XIV secolo.
Jesi e alcuni castelli del territorio comunale (Serra S. Quirico, Ripe, Domo, Rosora).
Non si può parlare di forme di successione in quanto l’egemonia dei S. fu intermittente. Nella prima parte del Trecento fu esercitata da Lomo (vedi scheda Lomo Simonetti), quindi si eclissò nelle lotte cittadine per riemergere verso il 1375, quando i S. tornarono alla ribalta in concomitanza con la Guerra degli Otto santi. Nel 1397 Bonifacio IX concesse il vicariato su Jesi, Serra S. Quirico e altri castelli a vari membri della famiglia (Raniero di Antonio, Abatiltorto di Stefano, Brunoro di Antonio, Giacomo i Stefano, Lomo di Lucemburgo e Ranieo di Minetto) per la somma di 150 fiorini; tale elargizione fu confermata nel 1404. Si trattava dunque di un’autorità di tipo consortile estesa a vari esponenti e rami della famiglia, non facilmente individuabili. Nel 1408 i S. vennero cacciati da Jesi nel corso di una rivolta, che prese le mosse dal castello di Massaccio. Si rifugiarono allora a Cingoli, sottoposta all’autorità dei Cima (vedi scheda famiglia Cima), per tentare però invano di tornare a Jesi, appellandosi al rettore papale e a Ladislao, re di Napoli.
La volontà di controllare Serra S. Quirico, un cospicuo castello ubicato in posizione strategica nei pressi della gola della Rossa, al confine con il territorio fabrianese, determinò nel 1320 una momentanea lite fra i membri della famiglia, tanto che in alcune fasi successive dei conflitti i fratelli di Lomo (vedi scheda Lomo Simonetti) si trovarono pure alleati contro di lui, con il rettore provinciale dello Stato della Chiesa.
Nel 1408, nella revoca papale della concessione del vicariato, al comune di Jesi venne concesso di rivendicare i mulini e i beni illecitamente detenuti dai S. nel periodo della loro egemonia. Nel 1417, dopo la definitiva espulsione di tutti i membri della famiglia da Jesi, avvenne la conseguente confisca dei beni vendita dei beni al comune per l’importo di 2300 fiorini.
Scarsi i documenti riguardanti i S. nell’archivio comunale di Jesi.
C. Urieli, Jesi e il suo contado, II, Jesi 1982, pp. 31-72; V. Villani, Comuni e signorie nel medioevo marchigiano. I signori di Buscareto, Ancona 1992, pp. 49-173.