di:
Maria Pia Contessa
La tradizione li vorrebbe discendenti da un ramo dei Visconti che governavano Genova per conto dei marchesi Obertenghi, a spese dei quali si sarebbero arricchiti approfittando della dissoluzione della marca della Liguria orientale. Le fonti documentarie però non consentono di collegare ai Visconti il primo della famiglia che compare in esse come Spinola, Guido. Egli partecipò alla prima crociata da dove avrebbe riportato una spina della corona di Gesù, ma sull’origine del cognomen circolavano in passato fra gli eruditi anche altre versioni. Una di queste vede nella spina da botte che compare su uno degli stemmi del casato un simbolo della spiccata generosità degli uomini della famiglia nell’offrire agli ospiti il vino prodotto nelle loro terre, ma esiste anche una interpretazione più prosaica che vede nella stessa spina il ricordo del mestiere esercitato dai primi esponenti del lignaggio.
Guido ricoprì la carica di console del Comune e dei placiti varie volte all’inizio del XII secolo, e in generale ebbe una posizione di rilievo nella vita politica cittadina. Fra i suoi figli fu soprattutto Oberto a mantenere un ruolo di primo piano nella società e nella politica genovese, dove appare impegnato sia nel consolato che in delicate trattative diplomatiche. Il fratello di Oberto, Guido, anch’egli console nel 1189, si recò più volte in Oriente per curare gli interessi genovesi presso i signori locali, mentre negli stessi anni altri S. erano assidui nelle attività commerciali sulle rotte mediterranee. Le generazioni successive procedettero all’acquisizione di proprietà fondiarie nell’entroterra ligure, non di rado in contrasto con gli interessi del Comune, e nel corso del Duecento e nel primo Trecento costituirono un piccolo stato che aveva il suo fulcro nella Valle Scrivia.
Fin dall’inizio del XIII secolo si divisero in due rami principali, uno dei quali radicato nella zona cittadina di Luccoli, l’altro attorno alla chiesa di San Luca fondata da Oberto nel 1188. Gli annalisti attribuiscono agli S. la creazione del primo albergo genovese nel 1267 (sebbene esistesse almeno dal 1241 l’albergo Salvago), con l’adozione di un’arma comune alle due discendenze. In realtà i rapporti fra gli S. di Luccoli e quelli di San Luca (o di Piazza) non furono distesi (all’inizio del XV secolo daranno vita a due alberghi distinti) e i continui dissidi minarono gli interessi politici della famiglia, privandola della compattezza necessaria per riuscire a tradurre in pratica le ambizioni egemoniche che alcuni dei suoi membri manifestarono.
Fra le quatuor gentes, le schiatte che fra la metà del Duecento e l’avvento del dogato dominarono la vita politica ed economica genovese, gli S. furono quelli che dimostrarono una maggiore vocazione all’instaurazione di una signoria individuale in ambito cittadino. Due dei quattro diarchi che assieme agli alleati Doria ressero le sorti del Comune (Oberto, suo figlio Corrado, Opizzino e Galeotto) cercarono infatti l’affermazione personale. Oberto, con l’appoggio popolare, fece un tentativo nel 1265 che in un primo tempo riuscì. Nel volgere di una notte dovette però rinunciare, senza tuttavia riportare conseguenze gravose per lui o per la famiglia, né immediate né a lungo termine, poiché il mancato colpo di stato non gli impedì di salire al governo cinque anni dopo, sia pure in associazione con il suo omonimo Doria. Il nipote di Oberto, Opizzino, invece, dapprima fomentò la rivolta che portò alla restaurazione del governo diarchico nel 1306, poi nel 1308 riuscì ad imporsi come unico signore a spese del collega Bernabò Doria, che lui stesso aveva voluto accanto due anni prima. Dovette andare in esilio nel 1309 lasciando, di fatto, la città sotto il controllo dei suoi antichi alleati. Le ambizioni signorili degli S. non si esaurirono con la sconfitta di Opizzino: nel 1329 Gherardo acquistò Lucca dai Visconti; nel 1331 trattò con Giovanni di Boemia la cessione della città, assediata dai fiorentini, a patto di mantenere la carica di vicario, ma il re non rispettò l’accordo e lo S. fu costretto ad allontanarsi nello stesso anno.
L’adesione alla causa imperiale accomunava gli S. ai Doria, con i quali condivisero fra Due e Trecento una lunga stagione di preminenza politica. Il sodalizio tuttavia non fu sempre pacifico, anche perché la vocazione degli S. ad affermare una signoria personale non facilitava i rapporti. L’intesa cominciò a incrinarsi probabilmente già durante il governo dei primi diarchi se è vero, come è stato più volte ipotizzato, che la divergenza di opinioni su temi importanti come la politica estera fu una delle cause che spinsero Oberto Doria a ritirarsi prima del tempo. La rottura fra i due gruppi fu inevitabile dopo il colpo di mano di Opizzino. Il contrasto, sanato temporanemente dall’intervento pacificatore di Arrigo VII nel 1311, riprese con maggior vigore durante la guerra civile che seguì alla morte dell’Imperatore. Gli S. di Luccoli si ritirarono nei loro feudi nell’Oltregiogo da dove condussero la lotta contro Doria e Grimaldi, alleati per l’occasione, finché non fu loro consentito di rientrare in città. I vecchi rancori non impedirono però agli antichi sodali di ritrovare temporaneamente l’intesa per dar vita ad un altro governo diarchico.
Dopo la deposizione dei Capitani Raffaele Doria e Galeotto Spinola, avvenuta nel 1339, gli S. di Luccoli si ritirarono nei loro feudi e scomparvero quasi del tutto dalla vita politica ed eonomica genovese. Il doge Boccanegra cercò di colpirli negli interessi patrimoniali che avevano mantenuto a Genova mentre fu più indulgente con quelli del ramo di San Luca. Questi ultimi, pur possedendo terre e castelli nel contado, rimasero saldamente insediati nella loro zona di radicamento urbano e poiché erano esclusi dal governo si dedicarono agli affari e alla cura dell’ingente patrimonio.
L’ascesa al governo di Oberto e poi del figlio Corrado (e forse del nipote Opizzino, ma non è del tutto chiaro se quest’ultimo sia davvero figlio di Corrado) suggeriscono una tendenza alla trasmissione del potere di padre in figlio. L’esperienza signorile di Gherardino sembra nata al di fuori di un progetto familiare unitario. Tuttavia, poiché non esiste uno studio recente sulla famiglia, restano da indagare molti aspetti, a cominciare da una ricostruzione prosopografica che consenta di verificare la correttezza dei legami di parentela attribuiti, talvolta, dagli eruditi moderni.
Il radicamento territoriale nel contado ebbe inizio ai primi del Duecento e si concentrò in Valle Scrivia intorno a importanti direttrici per il Piemonte, la Pianura Padana e la Francia. L’affermazione degli S. nella zona avvenne talvolta in contrasto con gli interessi del Comune che stava avanzando verso l’Oltregiogo. Qui il controllo del territorio da parte dei genovesi si basava sia su una instabile rete di alleanze con i potentati della zona, sia su forme di controllo meno mediate che favorivano l’insediamento di cittadini nei castelli a guardia delle vie di comunicazione appenniniche, sottratti pertanto alla giurisdizione dei signori locali, con l’inevitabile pretesa di intervenire sulla scelta dei castellani. Tali problematiche riguardarono anche gli S., che nel 1222 dovettero cedere Orero e Levaggi nonché rinunciare all’acquisto di Savignone. In questi anni fu attivo nella Valle soprattutto Guglielmo di Oberto, che acquisì la dominazione sul castello di Ronco. Nel 1241 però lo perse per essersi schierato dalla parte imperiale negli scontri tra il papa e Federico II che coinvolsero direttamente le comunità e i signori della zona, nonché il Comune di Genova impegnato sul fronte opposto. Seguì, di lì a poco, la distruzione del castello di Busalla, con la quale Guglielmo era definitivamente sconfitto.
Grazie alla riconciliazione favorita da Innocenzo IV, che prevedeva la restituzione dei beni confiscati e l’indennizzo dei danni subiti alle famiglie cittadine che in tale circostanza avevano combattuto contro Genova, gli S. poterono mantenere la loro presenza in Valle Scrivia, tanto che nel 1252 questa veniva definita «terra Spinulorum». Nella seconda metà del Duecento il figlio di Guglielmo, Nicolò, acquistò alcune località dal marchese di Gavi (1265), il futuro diarca Oberto instaurò la sua signoria su Busalla, e Barnaba acquistò Mongiardino (1296). È in questi possedimenti che si ritirò Opizzino quando fallì il suo tentativo di farsi unico signore di Genova. Nel 1312 egli ottenne da Arrigo VII l’investitura di castelli e borghi acquistati in precedenza dai vari membri della famiglia, che pertanto da questo momento dipendevano direttamente dall’Impero, e l’autorizzazione a battere fiorini col giglio al conio di Firenze; infine, nel 1313, Opizzino ebbe il titolo di Vicario imperiale per l’Oltregiogo che coronava la sua opera di costruzione e rafforzamento della signoria territoriale oramai saldamente in mano al ramo di Luccoli.
La principale fonte di ricchezza della famiglia era rappresentata dalle attività commerciali e finanziarie, nonché dagli emolumenti connessi agli uffici in cui molti S. trovavano impiego, prevalentemente nella zona compresa tra il basso Piemonte e il Ponente ligure. Erano invece secondari i proventi economici che traevano dal possesso delle terre dell’Oltregiogo, la cui importanza risiedeva soprattutto nel prestigio che ne derivava e nella possibilità di reclutare uomini armati durante gli scontri fra fazioni a cui gli S. prendevano parte instancabilmente.
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