di:
Piero Gualtieri
I Tedici, il cui albero genealogico è ricostruibile con certezza fino al X secolo, appartenevano alla piccola aristocrazia del territorio, vale a dire a quel gruppo di famiglie, detentrici di beni e diritti nel distretto (sia in allodio che in beneficio) che ebbero un ruolo centrale nello sviluppo delle istituzioni comunali. Nello specifico i Tedici, organizzati in un’ampia consorteria, intrattenevano significativi rapporti con i conti Guidi e con la Canonica cittadina, ed erano fra i principali fideles del vescovo di Pistoia. Erano inoltre a propria volta titolari di una vasta rete di clientele, declinate anche in senso militare, ed erano legati dal punto di vista familiare ad alcuni dei principali lignaggi dell’élite cittadina. Radicati in particolare dal punto di vista patrimoniale nel territorio di Piuvica, castello posto nella pianura a sud est della città, ma attivi sulla scena cittadina fin dal XI secolo, i Tedici acquisirono nel corso del XII secolo un ruolo di primissimo piano all’interno della militia pistoiese, ricoprendo la carica di consoli del Comune, e più in generale partecipando da protagonisti alle vicende cittadine. Con l’avvento del XIII secolo essi consolidarono il proprio peso all’interno della militia, ricoprendovi il ruolo di consules, e in parallelo si mantennero al di fuori del mondo mercantile e corporativo pistoiese. Ciononostante, fu proprio un esponente del lignaggio, Agolante di Tedice (II), probabilmente anche in seguito a contrasti interni alla famiglia, a porsi a capo del movimento di Popolo che tra 1235 e 1237 resse per breve tempo le sorti della città. Accreditati di simpatie ghibelline, ed assenti dal vertice del Comune negli anni successivi all’avvento di Carlo d’Angiò, i Tedici si accostarono in seguito allo schieramento guelfo, aderendo quindi alla Parte Nera. Dopo la vittoria di quest’ultima in seguito all’assedio del 1305-1306, essi vi assunsero anzi un ruolo da protagonisti. Impostisi al vertice del governo assieme alle famiglie dei Lazzari, dei Rossi e dei Ricciardi, i Tedici mantennero una significativa preminenza all’interno del ceto dirigente cittadino per tutto il primo ventennio del secolo, riuscendo infine, sulla scia dei sommovimenti causati dalla guerra fra Castruccio Castracani e Firenze, ad assumere direttamente il potere grazie ad un moto di piazza.
La signoria dei Tedici si identificò con la città di Pistoia, e con il territorio ad essa soggetto. Rispetto al distretto che si era venuto consolidando nel corso del Duecento, la parte di territorio da essi effettivamente controllata fu tuttavia più piccola. Durante il loro dominio i Tedici dovettero fronteggiare in particolare la volontà espansionistica di Lucca e Firenze, che in alcuni frangenti imposero il proprio controllo rispettivamente sul castello di Serravalle e su alcune limitrofe località della montagna, e su Carmignano e sul Montalbano meridionale.
Il passaggio fra Ormanno e il nipote Filippo avvenne attraverso un colpo di mano di quest’ultimo, che dopo aver a lungo congiurato contro lo zio riuscì infine a sostituirlo facendosi proclamare Capitano dai Consigli cittadini convocati dopo un moto di piazza.
Pur essendo tradizionalmente radicati (anche dal punto di vista militare) nel contado, e pur avendo avuto l’appoggio della popolazione del distretto nella scalata al potere, non pare che i Tedici si siano appoggiati a particolari castelli o piazzeforti. Quasi sicuramente pesò, a tale proposito, il particolare contesto politico di quegli anni, in cui Pistoia subiva la pressione militare di Firenze e Lucca.
Esponenti di punta dell’aristocrazia territoriale, i Tedici trassero le proprie fortune economiche principalmente dal possesso della terra. Provvisti già alla fine del XI secolo di una consistente base fondiaria (che si tradusse anche in una discreta liquidità: furono in grado di prestare denaro ai conti Guidi), essi mantennero un livello patrimoniale elevato per tutto il XII secolo. La struttura economica familiare rimase sostanzialmente immutata anche nel corso del Duecento. A fronte di una significativa continuità di testimonianze relative al possesso fondiario, non si hanno infatti riferimenti (nonostante il legame sopra ricordato con il Popolo pistoiese) che facciano pensare all’inserimento dei Tedici nei circuiti del credito e della mercatura, né delle attività produttive cittadine. Il quadro sembra modificarsi solo parzialmente per il periodo successivo, anche se i riferimenti disponibili circa l’attività economica o la consistenza patrimoniale della famiglia nel primo quarto del Trecento sono estremamente scarsi. Sappiamo ad esempio che Ormanno (che pure era un religioso) fu impegnato in attività creditizie, ma non abbiamo elementi sufficienti per definire portata e coordinate di tali attività. Nel complesso non sembra comunque che esse abbiano rappresentato per la famiglia, neppure in questa fase, un elemento centrale della propria strategia economica.
La maggior parte della documentazione relativa alla famiglia è dispersa fra i vari fondi diplomatici pistoiesi, conservati presso gli Archivi di Stato di Firenze e di Pistoia. Per il periodo della loro signoria la fonte principale (e per molti aspetti unica) è rappresentata dalle anonime Storie Pistoresi.
Fonti: Storie Pistoresi. MCCC-MCCCXLVIII, a cura di S.A. Barbi, Lapi, Città di Castello, 1907-1927; G. Villani, Nuova Cronica, a cura di G. Porta, Guanda, Parma, 1990-1991.
Studi: L. Chiappelli, Un carteggio di parte nera negli anni 1320-1322, Tipografia del senato, Roma, 1925; Q. Santoli, Pistoia e Castruccio, Tipocalcografia classica, Firenze, 1934; E. Lucchesi, I monaci Benedettini Vallombrosani della diocesi di Pistoia e Prato, Editrice fiorentina, Firenze, 1941, pp. 157-161; L. Gai, Pistoia nella prima metà del ‘300, Società pistoiese di storia patria, Pistoia, 1981; L. Chiappelli, Intorno all’origine ed al probabile autore delle Storie Pistoiesi, Pistoia, Pacinotti, 1985; N. Rauty, Una sentenza di separazione matrimoniale a Pistoia nel XII secolo, BSP, XCIII, 1991, pp. 3-17; N. Rauty, Società, istituzioni, politica nel primo secolo dell’autonomia comunale, in Storia di Pistoia, II, L’età del libero Comune, a cura di G. Cherubini, Le Monnier, Firenze, 1998, pp. 1-40, pp. 2-5; G. Cherubini, Apogeo e declino del Comune libero, in Storia di Pistoia, II, pp. 41-87; pp. 68-70.