di:
Gabriele Taddei
…-estate 1375.
Ottobre 1371-estate 1375.
Se le antiche genealogie sostenevano l’origine germanica della famiglia, è oggi difficile accertare se essa sia stata una schiatta di signori rurali o piuttosto di milites cittadini. Gli Albergotti, titolari di proprietà e castelli nel Casentino, raggiunsero comunque posizioni di rilievo negli equilibri aretini assumendo per tutto il XIII secolo rilevanti incarichi politici e rivestendo importanti magistrature cittadine. Fedeli alla causa guelfa, rappresentarono assieme ai Bostoli gli alfieri di questo schieramento confluendo poi nelle file dei più intransigenti Secchi.
Tra i personaggi che contribuirono in maniera determinante alle fortune della schiatta si deve annoverare Bico di Lando, insigne giurista, già giudice ed assessore del conte Guido di Battifolle, quindi vicario in Firenze di Re Roberto d’Angiò, rappresentante in temporalibus di Guido Tarlati ed infine gonfaloniere aretino nel 1341.
Oltre a Giovanni di Guiduccio (cui questa scheda è dedicata), la famiglia Albergotti dette ad Arezzo un secondo omonimo vescovo, nipote del primo, destinato a fuggire dalla città nel 1377 a seguito di una fallita congiura contro il governo dei Sessanta.
Custode della rocca e del cassero di Castiglion Aretino.
Sul finire dell’ottobre 1369, fidando sul concorso di alcuni elementi antiperugini che pochi mesi prima si erano infelicemente sollevati contro la dominazione della città umbra, le truppe di Urbano V occuparono Castiglion Aretino. Sebbene in base a precedenti accordi la giurisdizione avrebbe dovuto essere ceduta agli Aretini, il pontefice pose il centro sotto la protezione della Chiesa concedendo al locale Comune di eleggersi i podestà purché de terris Romane Ecclesis. Soltanto il 16 ottobre 1371 Gregorio XI, con una soluzione assai ambigua, riconosceva che il cassero di Castiglion Aretino spettasse per i successivi tre anni al vescovo aretino A. non ut prelatum sed tamquam privatam personam […] vice et nomine Comuni Arecii.
La custodia di Castiglion Aretino fu riconosciuta dallo stesso pontefice Gregorio XI all'A., vescovo di Arezzo dal 18 luglio 1371.
La perdita pressoché totale dei coevi documenti pubblici castiglionesi impedisce di comprendere attraverso quali strumenti il controllo albergottiano sul centro acquisì concretezza. Certamente il vescovo, da un lato, promosse una generale pacificazione tra le fazioni filoaretine e filoperugine nelle quali l’elite dirigente del castello si era fino ad allora divisa; dall’altro garantì ai propri congiunti di assumere localmente importanti incarichi, assegnando ad esempio a suo fratello Pietro quello di castellano e demandando al cugino Francesco di Bico ampie prerogative nell’amministrazione del centro. Pochi sono i dubbi infatti a riguardo delle intenzioni del prelato di instaurare una signoria famigliare su Castiglion Aretino, intendimento questo che trova conferma nell’ostinazione con la quale gli Albergotti rimasero sordi agli inviti potifici, scaduti i termini previsti, di rimettere la custodia del centro.
Nel 1363 l’A. era stato legato apostolico in Lombardia in sostituzione di Egidio Albornoz. Nei due anni successivi egli continuò a fungere da inviato papale presso Bernabò Visconti con l’esplicito mandato di comporre la lotta tra la Sede Apostolica ed il Milanese. Nel 1373 fu legato pontificio alla corte di Amedeo VI di Savoia unitosi alla nuova lega antiviscontea. L’anno successivo assunse l’incarico vicario generale in spiritualibus et temporalibus della diocesi di Novara.
L’A., benedettino già abate del monastero di S. Maria in Firenze e priore del monastero delle Croci presso Arezzo, era divenuto vescovo di questa città il 18 luglio 1371. Appare evidente che il potere esercitato dall’A. su Castiglion Aretino, appena conquistato dalle truppe pontificie ma destinato ad essere reintegrato sotto la giurisdizione del Comune d’Arezzo, fidasse sulla ambiguità della sua posizione di legato pontificio e rappresentante di rilievo del governo ecclesiastico da un lato, di prelato aretino ed esponente di una delle principali famiglie cittadine dall’altro.
Nell’atto del 16 ottobre 1371 l’A. si impegnò a demolire una porzione del cassero maggiore pro consolatione hominum Castillionis et diminutione expensarum custodie. Si ignora se tale provvedimento sia stato, almeno parzialmente, attuato.
Scaduto il triennio di assegnazione, l’A. ed i suoi congiunti rimasero sordi agli inviti di Gregorio XI di cedere la custodia del castello ai delegati della chiesa e per il tramite di questi al Comune d’Arezzo. Nondimeno la constatazione che pochi mesi dalla morte dell’A., nel novembre del 1375, Castiglione risultasse nuovamente soggetto ad un diretto dominio aretino dimostra quanto il vescovo ed il suo gruppo famigliare non fossero stati in grado di edificare solide clientele e conferire stabilità al loro regime.
La documentazione inerente il dominio albergottiano su Castiglion Aretino è, invero, assai modesta. Sebbene l’archivio comunale del centro conservi un rilevante numero di registri di inquisizioni per danno dato e malefici risalenti al periodo albergottiano, la totale assenza di deliberazioni e d’ogni altra documentazione inerente l’attività delle locali asemblee comunali risulta alquanto limitante ai fini di una corretta ricostruzione delle strategie attraverso le quali Giovanni avrebbe tentato di dare stabilità al proprio dominio. La cessione triennale della custodia del cassero castiglionese, conservata presso gli Archivi Vaticani, è edita dal Pasqui così come edite risultano alcune delle missive spedite dal pontefice a membri della famiglia Albergotti. Le Historiae Senenses di Sigismondo Tizio contengono una lunga digressione relativa alle vicende castiglionesi che l’autore avrebbe compilato fidando sulle memorie autografe del suo avo Pietro di Nestagino, nativo di Castiglione e membro, nel corso della seconda metà del XIV secolo, della dirigenza politica di quel centro.
Fonti: Ser Bartolomeo di ser Gorello, Cronica dei fatti di Arezzo, a cura di A. Bini e G. Grazzini, Rer. Italic. Scrip.2, t. XV, p. I, Bologna 1917, pp. 73 e segg.; Due lettere, una a Ristoro di Simoncino e l’altra a Gregorio XI, nelle quali si fa un grande elogio del vescovo di Arezzo Giovanni Albergotti seniore, a cura di A. Bini e G. Grazzini, Rer. Italic. Scrip.2, t. XV, p. I, Bologna 1917; Lettres Secretes et Curiales du Pape Gregorio XI (1370-1378), ed. par G. Mollat, Paris 1963; U. Pasqui, Documenti per la storia della Città di Arezzo nel Medio Evo, 4 voll., Firenze 1899-1937; S. Tizio, Historiae Senenses, vol. I, t. I, p.I, a cura di M. D. Garfagnini, Istituto Storico Italiano per l’Età moderna e Contemporanea, Roma, 1992
Studi: G. Franceschini, Albergotti, Giovanni, (sub voce) in Dizionario Biografico degli Italiani; G. Franceschini, Stoppedarca ed altre notizie di erudizione e di storia aretina, «Atti e Memorie dell’Accademia Petrarca», XXXVIII (1965-67), pp. 162-196; G.Ghizzi, Storia della terra di Castiglione Aretino, Arezzo 1883-1886 [rist. anast. Bologna 1973], G. Taddei, Castiglion Fiorentino fra XIII e XV secolo. Politica economia e società di un centro minore toscano, Olschki, Firenze, 2009.