di:
Alma Poloni
?-1391.
1363-1391.
Imola.
Vedi scheda famiglia Alidosi. Bertrando e Azzo erano i maggiori tra i sei figli di Roberto Alidosi.
Vicario generale in temporalibus di Imola per la Santa Sede, prima insieme al fratello Azzo (morto nel 1373), poi da solo.
Alla morte del padre Roberto, nel novembre del 1362, scoppiò una dura contesa tra Bertrando e Azzo, con i rispettivi sostenitori, per la successione al potere. Il conflitto degenerò in lotta armata e nel maggio del 1363 il palazzo comunale fu saccheggiato e incendiato. Il rettore provinciale Gomez Albornoz, nipote di Egidio, fece arrestare Bertrando e Azzo con i loro principali fautori. Ma la riconciliazione fu rapida, e nel giugno del 1363 i due fratelli furono insieme insigniti del titolo di vicari apostolici.
Come per le altre dinastie romagnole, la trasmissione del vicariato apostolico aveva di fatto esaurito gli esperimenti che miravano a un riconoscimento, in diverse forma, del potere signorile. È interessante notare che la conferma del vicariato non avveniva sempre a intervalli regolari, alla naturale scadenza della validità della concessione precedente (le concessioni, come è noto, erano sempre a termine). Le conferme giungevano invece spesso quando si rendeva necessario ribadire il legame con il papato, dopo momenti di tensione, o anche crisi di consenso interno. Il vicariato di Bertrando fu confermato nel settembre del 1373, alcuni mesi dopo la morte del fratello, a segnalare la concentrazione del potere nelle sue mani, nel 1377, quando l’Alidosi uscì dalla lega antipapale organizzata da Firenze e si riconciliò con la Santa Sede, e poi nel 1391.
Nel 1371 Bertrando fu nominato dall’inquisitore perla Romagna, il francescano Lorenzo da Rimini, suo vicario, con la facoltà di arrestare, incarcerare e punire gli eretici in tutta la provincia. Si trattava di un ulteriore riconoscimento dello speciale legame degli Alidosi con la Santa Sede, che accresceva il prestigio di Bertrando e della sua famiglia all’esterno ma soprattutto all’interno della società cittadina.
Vedi scheda Lippo Alidosi.
Nel 1376 Bertrando aderì alla lega promossa da Firenze contro il potere pontificio, che diede luogo alla cosiddetta guerra degli Otto Santi. Già nel 1377 l’A. abbandonò la coalizione e si riconciliò con il papa. Anche negli anni successivi, tuttavia, egli ricercò l’alleanza di Bologna e Firenze, consapevole probabilmente del fatto che, a causa dell’indebolimento del potere territoriale della S. Sede, il tradizionale legame privilegiato degli Alidosi con il papato non era più sufficiente a garantire la sopravvivenza politica della famiglia in un contesto romagnolo che si faceva sempre più difficile, schiacciato tra le pressioni delle maggiori potenze dell’Italia centro-settentrionale. Nel 1388 perciò Bertrando aderì alla lega che Firenze e Bologna stavano promuovendo contro Gian Galeazzo Visconti. All’inizio del 1390 entrò formalmente a far parte della lega antiviscontea, stretta nell’ottobre precedente fra Bologna, Firenze, Perugia, Lucca, Pisa, gli Este, i Gonzaga, i Malatesta, gli Ordelaffi di Forlì e i Montefeltro.
Dal 1354 al 1380 fu vescovo di Imola Lito, fratello di Bertrando e di Azzo. Nel 1382 la cattedra vescovile fu occupata da un altro membro della famiglia, Guglielmo Alidosi, già vescovo di Cervia. Egli tuttavia morì l’anno successivo. A quel punto la tradizionale sovrapposizione tra potere politico e potere ecclesiastico a Imola si interruppe per un ventennio, ma solo perché in quel momento non c’era nella famiglia chi potesse ambire al vescovato.
A Imola esistevano due palazzi comunali, il cosiddetto «palazzo vecchio» e il «palazzo nuovo», costruito su terreni acquisiti dal comune nel corso della prima metà del Duecento. Dalla metà del XIII secolo il palazzo vecchio era rimasto sede del podestà e del consiglio generale, mentre nel palazzo nuovo si erano insediati gli organi popolari, gli anziani, il capitano del popolo, il consiglio del popolo. Il palazzo vecchio fu gravemente danneggiato in occasione dei tumulti del 1365. I lunghi lavori di ristrutturazione durarono fino ai primi anni ’80, e furono per gli Alidosi l’occasione per appropriarsi anche fisicamente dello spazio politico comunale. Già dopo la morte di Azzo, Bertrando e la moglie spostarono la propria residenza nel palazzo nuovo, costringendo gli anziani a riunirsi altrove. Dopo la conclusione dei lavori nel palazzo vecchio, l’edificio divenne il centro del potere politico cittadino: tornò infatti a essere la sede del podestà, ma allo stesso tempo fu promosso a residenza del signore e della sua famiglia. Il palazzo fu di fatto ricostruito, in forme più consone a una dimora signorile. Completò l’intervento una riqualificazione architettonica complessiva dell’area circostante.
Il regime degli Alidosi uscì indebolito dalle lotte che avevano segnato il passaggio di potere dopo la morte di Roberto. All’inizio del 1365 scoppiarono le prime sommosse, guidate da Rainaldo Bulgarelli, appartenente a una facoltosa famiglia notarile, in passato esiliato dagli Alidosi. Gli insorti assaltarono il palazzo comunale e le case della famiglia signorile: la rivolta fu sedata solo grazie all’intervento di un fratello di Bertrando e Azzo, Alidosio detto Todeschino, a capo di un contingente di uomini armati, probabilmente reclutati in gran parte tra i fideles della valle del Santerno.
Il Bulgarelli fu ucciso, ma la repressione non servì a sedare il malcontento in città, che anzi si allargò anche alle famiglie del gruppo dirigente che si esprimevano nell’anzianato. Il 20 marzo 1365 i dodici anziani, affiancati da dodici sapientes, formularono la proposta di inviare una delegazione a papa Urbano V ad Avignone per chiedergli la deposizione dei fratelli Alidosi. La registrazione di questa assemblea è estremamente interessante. Non soltanto Bertrando e Azzo furono accusati di tirannia, ma fu rispolverato un linguaggio politico di stampo popolare e antimagnatizio, nel quale i magnates, definiti, con stilema tipicamente popolare, lupi rapaces et predones, erano identificati con le famiglie più vicine agli Alidosi. È probabile che nel recupero del linguaggio popolare abbia avuto un ruolo non secondario il podestà in carica, che presiedette la riunione degli anziani e dei sapienti, Edoardo Cerchi di Firenze.
Quello stesso giorno fu convocato, per la prima volta da tempo immemorabile, l’arengo cittadino, al quale fu sottoposta la proposta degli anziani. L’assemblea era presieduta dal podestà, dal rettore di Romagna Daniele del Carretto e dallo stesso Azzo Alidosi in qualità di vicario apostolico. La presenza del signore influenzò senza dubbio la votazione: la mozione passò con una maggioranza non schiacciante, 513 voti contro 332. Il papa, tuttavia, spaventato dall’instabilità politica della città, sostenne i fratelli Alidosi, convinto che avrebbero garantito la conservazione dello status quo e il ruolo di Imola come roccaforte del potere pontificio in Romagna. Per riportare la situazione sotto controllo, all’inizio del 1366 il cardinale-legato Androin dela Roche tentò di imporre un podestà di propria nomina. Bertrando e Azzo tuttavia non accettarono quella che interpretarono come un’indebita ingerenza; il dela Roche, finalmente spazientito, li fece destituire e imprigionare. Questa reazione, tuttavia, non incontrò affatto il consenso del papa, che anzi sconfessò il legato e gli ordinò di reintegrare i due fratelli nella loro carica. Di fronte all’evidente intenzione del pontefice di sostenere gli Alidosi ad ogni costo, la protesta perse forza e i cittadini più in vista che avevano sostenuto la rivolta rientrarono nei ranghi.
Morte.
La documentazione riguardante la signoria degli Alidosi, in gran parte inedita, è conservata principalmente nell’Archivio storico comunale di Imola, depositato presso la Biblioteca comunale della città.
Fonti: Petri Cantinelli chronicon, a cura di F. Torraca, RIS2, XXVIII, 2, Città di Castello 1902; Chartularium Imolense, a cura di S. Gaddoni e G. Zuccherini, I. Archivium S. Cassiani; II. Archivia minora, Imola 1912; Statuti di Imola del secolo XIV. Statuti della città, 1334, a cura di S. Gaddoni, Milano 1931; Chartularium Imolense. Archivium S. Cassiani (1201-1250), 2 voll., a cura di N. Mattini, G. Mozzanti, M. P. Oppizzi, E. Tulli, Roma 1998; Libro Rosso. Il Registrum comunis Ymole del 1239 con addizioni al 1269, edizione critica a cura di T. Lazzari con presentazione di A. Padovani, Imola 2005.
Studi: A. Torre, voce Alidosi Bertrando, in DBI II (1960); A. Vasina, I romagnoli fra autonomie cittadine e accentramento papale nell’età di Dante, Firenze 1965, ad indicem; J. Larner, Signorie di Romagna. La società romagnola e l’origine delle Signorie, Bologna 1972, ad indicem; N. Galassi, Figure e vicende di una città, vol. I, Imola dall’età antica al tardo medioevo, Imola 1984, ad indicem; L. Mascanzoni, Imola nei decenni centrali del XIV secolo: un’anomalia paradigmatica nei rapporti signori-Santa Sede in Romagna, in «Studi romagnoli» 38 (1987), pp. 43-50; T. Lazzari, M. Montanari, Le circoscrizioni urbane a Imola fra XII e XIV secolo: crescita dell’impianto della città e progressiva razionalizzazione della sua amministrazione, in Studi storici Imolesi, «Atti e Memorie della Deputazione di storia patria per le province di Romagna», XLVIII (1997), pp. 113-154; T. Lazzari, Il palazzo comunale nel Medioevo, in Imola, il comune, le piazze, a cura di M. Montanari e T. Lazzari, Imola 2003, pp. 45-78; Ead., Esportare la democrazia? Il governo bolognese a Imola (1248-1274) e la creazione del “popolo, in La norma e la memoria. Studi per Augusto Vasina, a cura di T. Lazzari, L. Mascanzoni, R. Rinaldi, Roma 2004, pp. 399-439; Arte gotica a Imola. Affreschi ritrovati in San Francesco e in San Domenico, a cura di Claudia Pedrini, Imola 2008.