di:
Riccardo Rao
1300 ca.-1358
1342-1356
Pavia
Vedi scheda famiglia Beccaria.
come il padre Musso, Castellino non rivestì magistrature straordinarie del comune, limitandosi ad assumere alcuni uffici al vertice del governo civico in veste di sapiente. In particolare, nel 1335, egli fu tra i sapienti «aggiunti» che affiancarono i sapienti ordinari in una supplica del convento degli Agostiniani al podestà del comune e a Musso Beccaria.
Egli si affiancò nel governo della città, assieme ad altri membri della famiglia (in particolare al fratello Fiorello, ai cugini Milano e Rinaldo e allo zio Beccario), al padre Musso, che sostituì, come primogenito del ramo principale della stirpe, dopo la morte avvenuta nel 1342.
il governo del Beccaria non ricevette alcuna legittimazione, né dall’interno, né dall’esterno.
Come Musso, egli instaurò un regime scarsamente personalistico, idoneo non soltanto a presentarsi in maniera affabile di fronte al popolo pavese, ma anche ad evitare eccessive contrapposizioni con i potenti rami collaterali dello zio Beccario e dei cugini Milano e Rinaldo.
Rispetto al governo del padre, tuttavia, Castellino, assieme agli altri membri della stirpe, accentuò la connotazione autocratica della signoria. All’epoca di Castellino e dei suoi consanguinei, si indebolì progressivamente il rapporto di rappresentanza della signoria nei confronti del popolo. Pur senza esplicitare, come si è detto, il dominio della casata sulla città, i consigli allargati e ristretti del comune, che avevano costituito un essenziale elemento di continuità con l’epoca comunale, furono sempre meno convocati. Aumentò anche il ruolo extra-istituzionale dei membri della casata, sempre più spesso testimoniati al posto del comune e dei suoi ufficiali in ambascerie, nell’amministrazione della giustizia (attraverso arbitrati) e nella riscossione di tributi.
In quest’epoca, i Beccaria rafforzarono anche i loro legami familiari con le maggiori stirpi aristocratiche dell’Italia padana (vedi scheda Beccaria, famiglia), avvalorando la loro immagine di principi tra i principi.
Se l’esperienza di Musso era stata saldamente inserita nel sistema di alleanze viscontee, agendo quasi come uno stato satellite di Milano, Castellino dovette affrontare una grave crisi diplomatica con il suo principale alleato, che destabilizzò in buona misura la dominazione. Fino al 1354, egli rafforzò i legami con i Visconti, facendo anche da padrino nel 1346 ai figli di Luchino. Nel 1354, tuttavia, Giovanni Visconti cercò di insignorirsi di Pavia, spingendo il Beccaria a riposizionare le sue relazioni diplomatiche rafforzando i rapporti con Giovanni II di Monferrato, con cui da tempo la casata era in sintonia: nel 1351, in particolare, Fiorello, oltre a presenziare alla corte di Giovanni II, era divenuto feudatario per i luoghi di Occimiano, Grana, Motta Grana, Baldesco. Nel 1355, Giovanni II ottenne la signoria su Pavia, probabilmente con l’avallo dei Beccaria (v. oltre, Fine della dominazione).
Castellino fu podestà di Novara nel 1323-1324 e di Bergamo nel 1325. Nel 1332, egli fu «vicarius seu rector et potestas Parmae» per Giovanni di Boemia. Il Beccaria fu inoltre podestà nel 1320 del borgo di Voghera, grosso centro inserito nel contado pavese.
A partire dagli anni Quaranta del Trecento, si intensificano le già numerose investiture di terre a favore dei Beccaria da parte degli enti ecclesiastici pavesi: una simile politica di acquisizioni è legata alle attività della casata nel commercio del grano. A proposito dei culti religiosi, sempre negli anni Quaranta (nel 1342 o nel 1345) fu affrescata la cappella del santuario del Pontasso (in Oltrepò, presso Codevilla), con gli stemmi dei Beccaria e dei Giorgi (con cui la stirpe era imparentata).
Sotto Castellino non si realizzò, come nei decenni precedenti, una politica urbanistica e monumentale dei Beccaria in città, il cui volto continuava a essere legato agli spazi ereditati dalla tradizione comunale (il palazzo del comune, quello del popolo e del collegio della mercanzia). Nel 1352, tuttavia, fu intrapresa la costruzione del nuovo ponte: secondo una tradizione difficile da verificare (e che potrebbe essere il frutto di falsificazioni) anche per via della distruzione del ponte, sarebbe stata apposta un’epigrafe che sottolineava il ruolo di Castellino, qualificato principe di Pavia princeps Papie, enfatizzando tuttavia anche la sintesi con le istanze comunali («Vivat, vivat, vivat felix Castellinus princeps noster hujus magnae Regiae decus Beccariaeque splendor inclitae stirpis. Ut perenne flumen, sit pons iste perennis ad hoc Communi sub ipso fieri coeptus»).
Come per la politica urbanistica, manca nella Pavia dei Beccaria una vera e propria politica culturale capace si celebrare il ruolo della signoria.
Durante l’epoca di Castellino si deve sottolineare il riavvicinamento con alcune famiglie della nobiltà guelfa radicata nelle campagne. Tale politica fu sostenuta soprattutto dal cugino di Castellino, Milano Beccaria.
La rottura dell’alleanza con i Visconti (1354) mise i Beccaria in una posizione di debolezza. Si è finora pensato che i primi colpi al governo dei Beccaria siano stati inferti dalla nomina da parte di Carlo IV, il 10 maggio del 1355, di Giovanni II di Monferrato a vicario imperiale di Pavia, ma in realtà il provvedimento si inserì in un momento in cui la crisi politica era già aperta, probabilmente con l’intento di sanarla. Già nel gennaio di quell’anno, infatti, è possibile rintracciare significative modifiche istituzionali nel governo urbano, retto da cinque sapienti presidenti agli affari pubblici. La nuova configurazione è meglio precisata da un atto di aprile, in cui i cinque sapienti sono affiancati da un abbas. Non è possibile, allo stato attuale delle conoscenze, rintracciare i protagonisti di questo nuovo governo, anche se la figura dell’abate potrebbe richiamare un maggiore peso delle componenti popolari. Dal documento di gennaio si può comunque supporre che i Beccaria continuassero ad avere un ruolo di rilievo in città, poiché Fiorello appare come compositore scelto per dirimere una lite.
È dunque in un quadro politico complesso, già attraversato da forti tensioni, che il marchese di Monferrato ottenne Pavia. I documenti confermano il racconto dell’Azario, che ritenne la nomina orchestrata dai Beccaria: il 10 maggio, Carlo IV scriveva a Giovanni, «vicario imperiale di Pavia», nonché «al luogotenente di Giovanni e podestà, a Castellino, a Milano Beccaria e ai loro fratelli consoli della città» di non molestare i beni del suo consiliarius et auditor, il dottore in leggi Giovanni Landolfi (non è chiaro se le qualifiche di consoli della città e forse anche di luogo tenente vadano riferite ai Beccaria oppure no). La lettera sembrerebbe delineare un nuovo assetto istituzionale, in cui il lignaggio continuava ad esercitare il controllo del potere locale all’interno dell’orizzonte monferrino, secondo un sistema non dissimile dai rapporti già intrattenuti con i Visconti nel trentennio precedente.
A partire dal 1356, l’ascesa del predicatore agostiniano Giacomo Bussolari avviò la crisi del ripristinato regime dei Beccaria, mettendo a nudo la crescente distanza fra tale famiglia e il popolo pavese che nei decenni passati ne aveva sorretto e garantito la dominazione. Nel 1357, i Beccaria furono cacciati dalla città e il Bussolari diede vita a una breve esperienza filo-popolare, appoggiata da Giovanni II di Monferrato in funzione anti-viscontea. Sino al 1359, anno della conquista viscontea, la guida di Pavia fu affidata a tribuni della plebe reclutati all’interno di famiglie che non avevano fatto parte della classe politica del regime dei Beccaria e che non di rado erano di origini popolari.
I Beccaria non hanno trasmesso una consistente documentazione familiare. Anche per via della salvaguardia del comune di popolo da parte della casata dominante, si deve fare riferimento soprattutto alla documentazione comunale, le cui testimonianze più abbondanti si trovano nell’Archivio comunale di Pavia e in quello di Voghera. Per l’epoca di Castellino un’importante fonte è inoltre costituita da alcuni cartulari notarili: in particolare, quello del notaio Anselmo Anselmi, un Saluzzese che era giunto a Pavia al seguito di Luchina figlia di Manfredo di Saluzzo e sposa di Manfredo Beccaria, per il quale rogò numerosi atti a Pavia e nel castello di Arena Po.
Fonti: Bernardino Corio, Storia di Milano, a cura di A. Morisi Guerra, Torino 1978, 2 voll.; Codex Diplomaticus Ord. E. S. Augustini Papiae, I, ab anno mcclviii ad annum mcccc, a cura di R. Majocchi, N. Casacca, Pavia 1905; Galvano Fiamma, Opusculum de rebus gestis ab Azone, Luchino et Johanne Vicecomitibus ab anno MCCCXXVIII usque ad annum MCCCXLII, a cura di C. Castiglioni, Bologna 1938 (RIS2, XII/4); Guilielmi Venturae Memoriale de gestis civium Astensium et plurium aliorum, in Scriptorum III (HPM, V), Torino 1848, coll. 701-816; Jean XXII: lettres communes (1316-1334), tome XI, a cura di G. Mollat, Paris 1959, disponibile in versione digitale in «Ut per litteras apostolicas», ed. Brepols; Petri Azarii Liber gestorum in Lombardia, a cura di F. Cognasso, Bologna, 1926 (RIS2, XVI/4).
Studi: Appendice alle tavole, a cura di D. Vicini, in Storia di Pavia, III, Dal libero comune alla fine del principato indipendente. 1024-1535, t. 1, Società, istituzioni, religione nelle età del Comune e della Signoria, Milano 1992, III/1, pp. 517-518; A. Cavagna Sangiuliani, L’agro vogherese. Memrie sparse di storia patria, Casorate Primo 1890, I; Cognasso F., Note e documenti sulla formazione dello Stato visconteo, in «Bollettino della Società pavese di storia patria», 23 (1923), pp. 23-169; Criniti N., voce Beccaria (de Becariis), Castellino, in Dizionario biografico degli Italiani, VII, Roma 1965, rispettivamente alle pp. 454-458; Fagnani F., Origini e sviluppi della signoria dei Beccaria su Arena Po, in «Bollettino della Società pavese di storia patria», 90 (1990), pp. 55-119; Malaspina di Sannazzaro L., Guida di Pavia, Pavia 1819; Merlo M., I Beccaria di Pavia nella storia lombarda, Pavia 1981; Milani C., Due documenti inediti sul frate Jacopo Bussolaro, in «Bollettino della Società pavese di storia patria», 15 (1936), pp. 73-80. Rao R., Il sistema politico pavese durante la signoria dei Beccaria (1315-1356): «élite» e pluralismo, in «Mélanges de l’École française de Rome. Moyen Age», 119 (2007), pp. 151-187; Rao R., Signorie cittadine e gruppi sociali in area padana fra Due e Trecento: Pavia, Piacenza e Parma, in «Società e storia», 118 (2007), pp. 673-706; Robolini G., Notizie appartenenti alla storia della sua patria raccolte ed illustrate, vol. IV/2, Pavia 1832; Romano G., Delle relazioni tra Pavia e Milano nella formazione della Signoria viscontea (Saggio di uno studio su le origini e lo sviluppo della Signoria), in «Archivio storico lombardo», 19 (1892), pp. 549-589; Romano G., I documenti viscontei del codice ambrosiano C. 172 INF., Messina 1898; Romano G., Nuovi documenti intorno al frate Giacomo Bussolari, «Bollettino della Società pavese di storia patria», 17 (1917), pp. 73-80; Storti G., Arena Po. Lineamenti di storia medioevale, Pavia 1972; Vaccari P., Pavia nell’età comunale, in Storia di Pavia, III, Dal libero comune alla fine del principato indipendente. 1024-1535, t. 1, Società, istituzioni, religione nelle età del Comune e della Signoria, Milano 1992, III/1, pp. 27-54.