di:
Tomaso Perani
ante 1231-1293
28 luglio 1272 - 29 settembre 1291
Mantova
Al momento della violenta presa di potere, Pinamonte e il conte di Marcaria assunsero il titolo di Rectores. Questo venne però presto abbandonato non appena fu ripristinato, almeno nelle forme, l’ordinamento comunale. Nell’aprile del 1277 venne indicato come capitano di parte, Capitaneus partis. Solo dopo la congiura del 1277 apparve citato come Capitano del Popolo negli Annales Mantuani . Il titolo comparve, unitamente a quello di capitano di parte, in un trattato tra Verona, Brescia e Mantova. Solo nel 1291 assunse il titolo di Capitaneus generalis Mantue. Come si vede l’evoluzione dei titoli utilizzati dal Bonacolsi è parallela all’evoluzione del suo ruolo all’interno della città: i suoi successori, affermatasi ormai la signoria, utilizzarono infatti stabilmente il titolo di capitani generali.
Il 28 Luglio 1272 Pinamonte Bonacolsi e Federico conte di Marcaria, con alcuni consorti e sostenuti dalla parte popolare di Mantova, presero le armi ed espulsero il podestà Guido da Correggio, rappresentante in città del potere del conte Ludovico di San Bonifacio. Già nel 1268, durante la podesteria di Mosca della Torre, Pinamonte "cum sua parte" prese le armi contro la rivale fazione degli Zanicalli e dei Gattari. Appare chiara quindi l'esistenza di una certa progettualità nell'ascesa di Pinamonte che, attraverso la lotta armata e una spergiudicata politica di alleanze, mirava ad ottenere il controllo di Mantova anche respingendo le influenze esterne.
La signoria di Pinamonte non ottenne mai una legittimazione dall’alto. Il suo dominio fu sanzionato dai titoli comunali di rettore o capitano del popolo. Tuttavia la sua posizione di dominio assoluta era dovuta soprattutto alla sua schiacciante superiorità economica e all’abilità con cui seppe manipolare le istituzioni comunali.
Il potere del Bonacolsi si esercitò dapprima come diarchia con il conte Federico di Marcaria (vd.), poi, a partire dal 14 luglio 1273, divenne una dominio individuale. Come molte signorie di quel periodo nacque con l’appoggio della pars populi, anche se, come dimostra l’espulsione della famiglia popolare degli Zanicalli, la situazione era ancora piuttosto fluida. Tipica del suo dominio fu la propensione ad eliminare i nuclei di potere alternativo che avrebbero potuto crearsi nel contado attraverso robuste campagne di acquisizioni patrimoniali. Emblematici di questa politica sono l’acquisto dal comune di Mantova del castello di Marcaria e la sua successiva distruzione: in questo modo Pinamonte si liberò di una roccaforte del fuoriuscitismo.
Dal punto di vista istituzionale la politica del Bonacolsi tese a conservare gli ordinamenti comunali piegandoli alle proprie necessità. Venne mantenuta l’elezione semestrale dei podestà, anche se le scelte sembranvano assai condizionate dall’azione di Pinamonte, come dimostrano gli stretti rapporti con Verona e la chiamata di fuoriusciti Ferraresi, ostili agli Estensi. Nel 1274 il comune deliberò la creazione del corpo dei Domini noctis che aveva funzioni di polizia e poteva arrestare i sospetti secondo procedure sommarie: la formazione di questo nuovo organo è stata associata alla volontà di Pinamonte di mantenere uno stretto controllo su Mantova. In “politica estera” il Bonacolsi assunse un ruolo più esplicito e meno legato agli istituti repubblicani. Soprattutto dalla fine degli anni ’70, Pinamonte si propose come riordinatore dell’economia mantovana: negli accordi con Brescia e Verona ebbero infatti un particolare rilievo le clausole a tutela dei commerci e la regolamentazione dei dazi.
Il principale asse di alleanza di Pinamonte fu l’intenso rapporto con i della Scala di Verona. Già a partire dai primi anni ’70 si assistette ad una significativa polarizzazione del ciruito podestarile verso quella città. Il figlio di Pinamonte, Giovannino, fu podestà a Verona per sette volte tra il 1274 e il 1288, mentre tra il 1275 e il 1278 i podestà di Mantova furono originari della città scaligera. Ciò comportò un avvicinamento al fronte imperiale già dal 1274. Inoltre, negli anni 1278-1279 l’alleanza tra le due città portò ad inasprimento dei conflitti con i comuni guelfi, tra cui Brescia, schierati a favore di Carlo d’Angiò. Sul fronte interno, nella prima fase del suo governo, Pinamonte strinse rapporti con il conte Federico di Marcaria. Tale alleanza gli permise di raggiungere il potere nel 1272 ma, una volta consolidata la propria posizione, il Bonacolsi si liberò del collega.
Pinamonte concesse il proprio appoggio a diversi enti ecclesiastici per ottenere in cambio acquisizioni territoriali nel contado, come accadde con il monastero di San Benedetto Polirone per l’isola di Suzzara. Nel 1283, al culmine dell’ascesa di Pinamonte, il figlio Bardellone venne nominato podestà in temporalibus dell’isola di San Benedetto e di diversi territori circostanti. Questa politica di espansione territoriale attraverso la concessione di beni da parte di enti ecclesiastici lo portò però anche ad avere contrasti con tali enti come accadde nel 1282, quando Pietro abate di San Zeno di Verona protestò per aver subito gravi minacce personali e di essere stato costretto con la forza ad infeudare a Giovannino e a Pinamonte alcune località sul confine con Verona. É anche importante ricordare la figura di Filippo Bonacolsi, figlio di Pinamonte, che fu frate minore ed inquisitore finchè il 31 luglio 1289 divenne vescovo di Trento, città strategicamente molto importante per Mantova dato che garantiva una via di sbocco per le relazioni con l’oltralpe tedesco.
Per quanto riguarda la figura di Pinamonte non si può propriamente parlare di una politica monumentale. É tuttavia importante ricordare che intraprese un’importante campagna di acquisiszioni di beni immobili che lo portarono ad essere proprietario di gran parte della città vecchia. Questa ascesa toccò il vertice nel 1281 quando Pinamonte acquistò dai fratelli Acerbi la centralissima torre Acerbi, oggi nota come della Gabbia, che diventò il simbolo della dominazione e fulcro del sistema difensivo. Tutti i palazzi e le torri del quartiere dei Bonacolsi erano collegati da ballatoi e camminamenti in modo da costituire un corpo unitario dal forte impatto simbolico definito come cittadella bonacolsiana.
il 14 luglio 1273 Pinamonte attraverso un colpo di mano riuscì a far espellere dalla città il suo alleato Federico conte di Marcaria e la famiglia popolare degli Zanicalli che lo appoggiava. L’accusa mossa contro il conte e Rufino Zanicalli era quella di essersi imparentati con il marchese d’Este, avversario del Bonacolsi. Quattro anni dopo, il 10 novembre 1277, venne sventata una congiura ai danni di Pinamonte ordita dalle famiglie a lui avverse (Arloti, Pizzoni e Grossolani) e che si concluse con la condanna a morte di Niccolò Arloti, Ugolino e Guelfo Pizzoni, capi dei ribelli. Sembra che i congiurati agissero in accordo con i veronesi che uccisero Mastino della Scala il 26 ottobre. La parabola politica di Pinamonte trovò il suo esito il 29 settembre 1291 quando il figlio Bardellone si ribellò al padre con l’appoggio di alcuni seguaci. Causa scatenante della ribellione fu la decisione di Pinamonte di relegare Bardellone nel contado associando al potere in città l’altro figlio, Tagino.
Nella sua Cronica, il frate minore Salimbene de Adam descrive il Bonacolsi come un uomo ormai anziano, canuto e dotato di una moltitudine di figli al momento della presa del potere. Il giudizio del frate su Pinamonte è particolarmente negativo e ne viene sottolineata la crudeltà nei confronti degli avversari, tanto che il signore di Mantova era temuto come il diavolo.
Colpo di mano del figlio Bardellone.
Vd. Bonacolsi, Famiglia.
Salimbene de Adam, Cronica, a cura di G. Scalia, Bari 1966, p. 632-633, Annales Mantuani, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, XIX, a cura di G. H. Pertz, Hannoverae 1866, pp. 24-26, 28, 30 s.; De Romano, Annales Veronenses,in Antiche cronache veronesi, a cura di C. Cipolla, in Mon. d. Dep. veneta di st. Patria, s. 3, II (1890), ad Indicem; Doc. per la st. delle relaz. fra Verona e Mantova nel sec. XIII, a cura di C. Cipolla, in Bibl. hist. italica, s. 2, I, Milano 1901,ad Indicem; Bonamenti Aliprandi Aliprandina o Cronica de Mantua, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XXIV, 13, a cura di O. Begani, ad Indicem; Chronicon Parmense, ibid. IX, 9, a cura di G. Bonazzi, ad Indicem; Cronica fratris Salimbene de Adam, a cura di O. Holder-Egger, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, XXXII, Berolini 1913, ad Indicem; L'Archivio Gonzaga di Mantova, I, a cura di P. Torelli, Ostiglia 1920, ad Indicem; C. D'Arco, Studi intorno al municipio di Mantova, I, Mantova 1871, pp. 124-126; II, ibid. 1873, p. 205; E. Salzer, Ueber die Anfänge der Signorie in Oberitalien, Berlin 1900, pp. 132-134; S. Davari, Per la genealogia dei Bonacolsi,in Arch. stor. lombardo, XXVIII (1901), pp. 25-33; A. Luzio, I Corradi di Gonzaga signori di Mantova,ibid., XI, (1913), pp. 265-267; P. Torelli, Capitanato del popolo e vicariato imperiale come elementi costitutivi della signoria bonacolsiana, in Atti e mem. della R. Acc. Virgiliana di Mantova, n.s., XIV-XVI (1921-23), pp. 79-102, ios; Id., Un Comune cittadino, II, Magtova 1952, pp. 82 s., 127 ss.; Mantova. La storia, I, Dalle origini a Gianfrancesco primo marchese, a cura di G. Coniglio, Mantova 1958, ad indicem; M. Vaini, Dal comune alla signoria. Mantova dal 1200 al 1328, Milano 1986. Cfr. Inoltre la bibliografia relativa a Bonacolsi, Famiglia e la voce Bonacolsi, Pinamonte in DBI.