di:
Tomaso Perani
metà XIII sec. - 1311
febbraio - giugno 1311
I Brusati, in quanto vassalli del vescovo, facevano parte del ristretto novero delle famiglie capitaneali bresciane, da cui erano esclusi ad esempio i Maggi e i Griffi, seppur milites cittadini. Nel XIII secolo avevano conservato una posizione di rilievo all’interno del comune e si erano posti a capo della parte guelfa.
Già nel marzo 1298 le maggiori famiglie guelfe, per cercare di porre rimedio all’aspra lotta tra le fazioni gli offrirono il titolo di signore. Egli tuttavia preferì rinunciare, proponendo al suo posto il vescovo Berardo Maggi, dal quale venne però allontanato dalla città. Rientrato a Brescia nel 1311 grazie all’intervento di Enrico VII, venne tuttavia subito imprigionato dal vicario imperiale su istigazione di Maffeo Maggi. Il 24 febbraio 1311 i guelfi presero le armi e cacciarono il vicario imperiale, Maffeo e il vescovo Federico Maggi, ponendo Tebaldo a capo del comune.
Tebaldo non vide mai il suo potere legittimato il proprio potere che si resse infatti solo sull’appoggio, anche militare, della parte guelfa bresciana.
Il Brusati non intraprese inziative particolari e conservò l’ordinamento comunale come era avvenuto con i suoi predecessori. Un podestà venne infatti regolarmente eletto.
Trovandosi dal 1303 nella condizione di fuoriuscito, alla venuta di Enrico VII in Italia si era recato presso di lui ad Asti per riottenere la riammissione in città. Grazie all’intervento del sovrano venne riaccolto a Brescia l’8 gennaio 1311 ma, una volta preso il potere, rinnegò l’alleanza con l’imperatore per cercare aiuto presso la rete guelfa italiana chiamando come podestà Pino della Tosa, guelfo nero fiorentino.
Ebbe una lunga e brillante carriera nel circuito podestarile guelfo, ricoprendo più volte l’incarico a Parma, Bologna (nel 1284 al tempo dell’emanazione degli Ordinamenti Sacratissimi), Faenza, Treviso e Firenze (nel primo semestre del 1293 al momento della promulgazione degli Ordinament di Giustizia). Nel gennaio 1304 fu nominato rettore pontificio in Romagna per Benedetto XI, ma decadde dalla carico nel luglio dello stesso anno in seguito alla morte del pontefice.
La signoria del Brusati giunse al termine quando l’imperatore decise di porre l’assedio a Brescia per punire Tebaldo. Enrico VII considerava infatti il signore bresciano colpevole di lesa maestà avendo questi violato la pace dell’imperatore e tradito colui che lo aveva aiutato e, stando a Giovanni da Cermenate, da esule disperato lo aveva fatto cittadino. Catturato durante una sortita il 19 giugno, Tebaldo venne processato e condannato a morte. L’imperatore scelse per lui una morte esemplare che fosse da monito a tutti coloro che avrebbero osato ribellarglisi: “il Brusati fu cucito vivo entro una pelle di bue, attaccato alla coda di alcuni asini, e successivamente attaccato «circa castra» (con scelta dall’evidente valore simbolico) al collo di quattro bovi aggiogati, e squartato. Il suo capo fu conficcato su un’asta «ad proximos muros ostentatur intrinsecis» (mentre le membra sono spartite tra i diversi reparti dell’esercito imperiale)” (Varanini, p.8).
vd. voce Brusati, Tebaldo su DBI a cui si aggiunga G. M. Varanini, I riti dell’assedio. Alcune schede dalle cronache tardomedievali italiane, in «Reti Medievali», 8 (2007).