di:
Maria Pia Contessa
1405 ca. - 16 dicembre 1448
Genova: 30 gennaio 1447 - 16 dicembre 1448
Sarzana: 18 luglio 1448 (ma di fatto dal momento dell’elezione a doge genovose) - 16 dicembre 1448
Vedi scheda famigliare.
Vedi scheda famigliare.
Doge.
A Genova assaltò in armi il palazzo ducale e cacciò Barnaba Adorno.
A Sarzana acquistò il feudo dallo zio Tommaso il 18 luglio 1448 per 10.000 ducati; di fatto controllava la Lunigiana come doge di Genova dall’inizio del 1447.
Doge per acclamazione popolare.
A Genova non sembra essere intervenuto a modificare sostanzialmente la forma di governo in atto.
A Sarzana alla fine del 1447 confermò, in qualità di doge, i capitoli concessi ad aprile dallo zio Tommaso approvando le restrizioni che questi aveva posto alle richieste degli abitanti. Nel mese di agosto divise spontaneamente la signoria sarzanese con Tommaso , con la clausola che alla morte di quest’ultimo lui l’avrebbe mantenuta integralmente. Tommaso però nel frattempo si era trasferito a Savona lasciando a Sarzana la moglie Marzia che risulta essere stata effettivamente coinvolta, come in passato, nella gestione del feudo.
Mise in atto strategie finalizzate alla creazione di alleanze che conciliassero le esigenze della politica genovese con gli interessi della famiglia in Lunigiana.
Si alleò con Francesco Sforza, che finanziò con 10.000 ducati nell’impresa contro i Visconti per il trono milanese, poi ne sposò in seconde nozze la figlia naturale Drusiana (1447). Nello stesso tempo cercò di mantenere rapporti distesi con Alfonso d’Aragona, pretendente al trono di Napoli contro gli interessi dello Sforza e rafforzò l’alleanza con Firenze per scongiurare il pericolo milanese dopo la morte di Filippo Maria Visconti.
Sfruttò i legami della sua famiglia con quella sarzanese dei Parentucelli, dopo che l’umanista Tommaso era diventato papa col nome di Niccolò V (marzo 1447), avendo di mira ambiziosi obiettivi: ampliare il suo dominio ottenendo in feudo la Corsica; assegnare a Sarzana la titolarità della sede vescovile, formalmente ancora a Luni; promuovere la carriera ecclesiastica di Paolo Fregoso.
A Genova concesse a due esponenti di una societas iuvenum di portare altrettante aste del baldacchino durante la processione del Corpus Domini in cambio della costruzione di un nuovo tabernacolo in San Lorenzo.
A Sarzana concesse ai canonici il pagamento delle decime annuali facendole gravare sulle entrate pubbliche; restituì ad enti religiosi e ospedali le prade ricevute al momento della fondazione.
A Genova ristrutturò le mura, ricostruì la fortezza di Castelletto, si preoccupò della manutenzione del porto.
A Sarzana adottò provvedimenti favorevoli alla costruzione di un nuovo palazzo comunale.
Crebbe a stretto contatto con letterati e umanisti in ambienti culturalmente vivaci e fecondi quali erano diventate le corti genovese e sarzanese grazie all’amore dello zio Tommaso per le lettere e le arti. Ricevette pertanto un’educazione completa, che comprendeva l’esercizio delle armi, le pratiche commerciali, la politica e le lettere. Non esercitò un influsso specifico sulla vita culturale alla corte sarzanese, anche perché gli impegni connessi con l’ufficio dogale lo trattenevano a Genova, tuttavia mantenne l’usanza di retribuire coi proventi delle entrate erariali un maestro di scuola pubblico con funzioni diverse da quelle dello scriba.
A Genova dovette affrontare la rivalità degli Adorno e di Giovanni Antonio Fieschi, che nell’estate del 1447 tramò contro di lui col sostegno del re di Francia e per questo fu giustiziato.
A Sarzana si trovò a fronteggiare soprattutto le invidie e le rivalità dei parenti che avrebbero voluto esercitare un potere maggiore e un ruolo più incisivo nella politica del dominio. In particolare, per tenere buono il cugino Spinetta gli diede in feudo Carrara (già affidatagli dallo zio Tommaso e contesa anche dai Malaspina), mentre al cugino Gian Galeazzo concesse la titolarità di Ameglia.
Al di là della consueta retorica celebrativa, riscosse unanimi consensi come doge; non conosciamo giudizi specifici sul suo operato come signore di Sarzana.
Morì prematuramente di tubercolosi.
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