di:
Flavia Negro
1360ca-1412 (maggio)
Bologna: lug. 1403-3 sett. 1403 (formalmente come luogotenente visconteo);
Alessandria: 1404 fino alla morte (signoria concretizzata dopo la concessione dell'incarico di "prefectus Alexandrie", concessogli da Filippo Maria Visconti il 4 ag. 1404);
Piacenza: apr.-giu. 1406 (formalmente come "gubernator et capitaneus generalis" dei Visconti); e di nuovo nel feb. 1407 (formalmente con il titolo di "gubernator" riconfermatogli da Giovanni Maria Visconti il 10 feb. 1407);
Novara: dal 30 ag. 1407 (Cognasso) o dal sett. 1408 (Bueno De Mesquita) fino alla morte;
Como: dall'ott. 1408 fino alla morte;
Milano: dal 6 nov. 1409 fino alla morte (formalmente con l'incarico di "gubernator" concessogli da Giovanni Maria Visconti il 12 mag. 1410);
Pavia: dal 1410 alla morte;
Tortona: dal dic. 1410 fino alla morte.
Le prime attestazioni sicure sull'attività di F. come mercenario sono della metà degli anni '80 del XIV sec. La prima acquisizione territoriale, alla fine del secolo, è legata al mestiere che professava ormai da una quindicina d'anni: l'11 sett. 1399 ottiene in feudo dal marchese di Monferrato, a parziale ricompensa dei servigi militari, Borgo San Martino. Il percorso di F. verso la costruzione di un vero e proprio dominio personale ha il suo momento di svolta nella scomparsa di Giangaleazzo Visconti nel 1402. Nei 10 anni successivi - tanto mancava alla morte del condottiero - F. riuscì a sfruttare al meglio due condizioni ottimali per l'affermazione di un capitano di ventura: le guerre che travagliarono incessantemente l'Italia settentrionale e la debolezza del regime - quello visconteo - che in passato si era servito spesso del suo operato e che ora continuava ad averne più che mai bisogno.
In seguito al ruolo decisivo avuto nel 1403 nella difesa di Bologna, all'epoca sotto i Visconti, dalle forze papali, subentra al luogotenente visconteo Lunardo Malaspina (morto alla metà di luglio) nel governo della città, diventandone - di fatto se non ufficialmente - il signore (nei documenti figura come capitano al servizio di Giovanni Maria e Filippo Maria Visconti: "capitaneus Ducis Mediolani et Comitis Papie"). Il trattato di Caledio (28 ag. 1403) pone fine al breve governo di F. determinandone l'espulsione dalla città (2 sett.).
Si trasferisce quindi ad Alessandria, dove la reggenza milanese lo aveva inviato per sventare il tentativo della fazione guelfa di sottrarre la città ai Visconti e darla all'Orléans (che dopo il matrimonio con Valentina Visconti poteva essere considerato il legittimo erede di Giangaleazzo). In seguito al successo della missione ottiene dai Visconti diverse località dell'alessandrino (1403), e l'anno successivo, dopo aver sventato un secondo tentativo di ribellione dei guelfi, ottiene il dominio sulla città: riceve da Filippo Maria Visconti il titolo di "prefectus" di Alessandria (4 ag. 1404), incarico che anche in questo caso F. trasforma in signoria intitolandosi "dominus Alexandrie". L'ulteriore indebolimento del ducato innescato dalla morte della reggente Caterina Visconti (17 ott. 1404), che lasciava il governo nelle mani dei figli ancora giovani di Giangaleazzo - Giovanni Maria e Filippo Maria -, permette a F. di creare e consolidare un proprio dominio nel Novarese (fra il 1404 e il 1406 occupa diversi centri minori ai danni di Francesco Barbavara e del conte di Savoia, altri gli vengono concessi da Filippo Maria Visconti).
Nell'aprile del 1406 prende Piacenza in qualità di "gubernator et capitaneus generalis" dei Visconti ma in realtà, come era successo a Bologna e ad Alessandria, agisce in città come signore; ne viene espulso pochi mesi dopo, ma risulta nuovamente a capo della città il 10 feb. 1407, quando il duca Giovanni Maria riconferma l'incarico di "gubernator" al suo "dilectissimus consiliarius et generalis capitaneus". Dopo una breve tregua imposta dalla sconfitta di Binasco (22 feb. 1407) in cui lui, ghibellino, era stato battuto dalle forze guelfe, Malatesta e Dal Verme in primis, che avevano preso il governo di Milano, torna alla carica nel Milanese; il 30 ag. 1407 estende il suo dominio su Novara (ma cfr. Bueno De Mesquita, che posticipa la data al settembre dell'anno successivo) e entro la fine dell'anno a diverse località della Lomellina. Nel maggio del 1408 aiuta la famiglia ghibellina dei Rusca a rientrare a Como espellendone la famiglia guelfa dei Vittani, e nell'ottobre dello stesso anno assume la signoria della città. Nell'autunno partecipa all'assedio di Milano, temporaneamente sospeso all'inizio dell'anno 1409 per le trattative, poi fallite, fra il condottiero e il duca Giovanni Maria (9-28 gen.). Dopo vari rivolgimenti delle forze in campo, determinati dalla minaccia dell'occupazione di Milano da parte del maresciallo francese Boucicaut, allora governatore della Repubblica di Genova, F. si trovò alleato con il Malatesta per la conquista della città. Trattative avviate con il duca di Milano Giovanni Maria e nuove spedizioni di conquista permettono a F., tra il giugno e il luglio del 1409, di estendere la propria dominazione a varie località del Varesotto e del Novarese. Nell'autunno dello stesso anno è di nuovo diretto a Milano: il 6 novembre - dopo aver firmato il 31 ottobre una seconda pace con il duca Giovanni Maria - entra in città e ne assume il governo; il 12 mag. 1410 il duca, dopo un tentativo fallito di imprigionare F. (5 apr.), lo nomina formalmente governatore della città per 3 anni. Alla fine del 1410, con l'aiuto della famiglia ghibellina dei Beccaria, mette a sacco Pavia, di cui prende il controllo nonostante lasci formalmente il titolo al conte Filippo Maria Visconti. Nel dicembre diventa signore di Tortona. Alla morte, avvenuta nel maggio 1412, i domini sono ereditati dalla moglie Beatrice di Tenda e dai fratelli: risultano farne parte, insieme a una serie di località minori, le città di Alessandria, Tortona e Novara.
F., figlio di Emanuele Cane, appartiene a una famiglia ghibellina di Casale Monferrato, nel Piemonte meridionale. Esponenti della famiglia compaiono nell'atto di omaggio reso dalla città a Teodoro marchese di Monferrato (23 mar. 1316), quali rappresentanti di una delle due fazioni cittadine, la pars superior (la pars inferior, ugualmente rappresentata nell'atto, era invece capeggiata dalla famiglia Grassi). Nelle contese fra guelfi e ghibellini i Cani, sostenitori del marchese, furono espulsi da Casale nel 1358-59. Le qualifiche del padre Emanuele in alcuni documenti - nobilis vir, dominus, egregius vir - denotano l'appartenenza della famiglia ad uno strato sociale elevato.
Nei documenti ci si riferisce spesso a F. con il semplice nome (Facinus Can, Facinus de Canibus). Nei documenti rogati dai Visconti, presso i quali F. presterà servizio per gran parte della sua vita, viene a volte usata la qualifica onorifica di nobilis vir (doc. del 20 nov. 1393, in Valeri, App., doc. X: "nobili viro Facino de Canibus, filio quondam nobilis viri Emanuelis de Caxali Sancti Evaxii"). Come ricompensa per gli incarichi ricoperti per conto del marchese di Monferrato o dei Visconti gli derivano i titoli di signore di Borgo San Martino ("dominus burgi Sancti Martini"), e conte di Biandrate ("comes Blandrati", in seguito all'investitura da parte di Filippo Maria Visconti il 24 gennaio 1406; il titolo di conte è spesso usato nei documenti senza riferimento al feudo di Biandrate: "magnificus comes Facinus").
La signoria di F. nelle città di Milano, Novara, Pavia, Tortona, Alessandria, Bologna e Piacenza è conseguenza delle imprese militari come capitano di ventura al servizio dei Visconti. In alcuni casi (Milano, Alessandria, Bologna, Piacenza) ha come premessa la concessione da parte di questi ultimi di un incarico quale prefectus o gubernator.
dall'alto
4 ag. 1404: Filippo Maria Visconti nomina F. prefetto di Alessandria ("praefectus Alexandrie").
12 mag. 1410: il duca Giovanni Maria Visconti nomina F. governatore di Milano per tre anni.
dal basso:
19 mag. 1410: i sindaci di Milano giurano fedeltà a F. come governatore della città.
Bologna. Quella di Bologna fu la prima esperienza di F. come governatore di una città e durò pochi mesi, a partire dal luglio 1403. Oltre a neutralizzare la fazione ostile al suo dominio pare abbia introdotto prestiti forzosi imposti ai cittadini più facoltosi.
Novara. Occupata da F. il 30 ag. 1407 rimane in suo possesso fino alla morte nel maggio 1412; fra le misure effettuate vi è l'espulsione dalla città dei Brusati, principale famiglia guelfa della città, che furono privati di tutti i loro i loro beni e diritti.
Milano. Nei primi mesi di governo, dal 31 ott. 1409, data del suo ingresso in Milano, al 12 maggio dell'anno successivo, F. agisce senza alcuna qualifica o riconoscimento ufficiale del suo potere: i provvedimenti relativi al governo interno - la riforma del corso delle monete, la fissazione dei calmieri sui prezzi delle derrate - sono emanati dal duca Giovanni Maria Visconti, che tuttavia cita F. qualificandolo con espressioni del tipo "magnificus et preclarus tamquam pater noster honorandus Facinus comes Blandrate". Attribuibile al condottiero è un'importante riforma in ambito militare, che pone sotto il suo controllo le truppe ducali e le milizie cittadine (1 dic. 1409). Per quanto riguarda la politica estera F. si presenta ed è riconosciuto come l'unico interlocutore del governo ducale: è lui a siglare, il 12 nov. 1409, una convenzione con la comunità di Mortara, mentre il 24 feb. 1410 il nunzio sabaudo si rivolge al podestà di Novara in qualità di rappresentante di F. Solo il 12 mag. 1410, in seguito al fallito tentativo del duca di imprigionare il condottiero, F. ottiene un riconoscimento ufficiale del suo ruolo di governo: Giovanni Maria Visconti gli conferisce il titolo di governatore di Milano per 3 anni. Il 19 maggio i sindaci di Milano gli giurano fedeltà. Gli atti successivi si presentano come emanati congiuntamente dal duca e da F. Nel maggio del 1410 cercò di rinsaldare intorno a sé il consenso dei fuoriusciti: furono condonati tutti i debiti, e su ordine di F. questi ultimi vennero cancellati dai registri dei conti. Seguirono accordi di pacificazione con tutti coloro - i discendenti di Bernabò, i castellani di Trezzo e Melegnano - che potevano costituire un ostacolo all'affermarsi del suo dominio. Non si sa se fu realizzata la riforma, annunciata alla fine del 1411, che prevedeva l'istituzione di un "datium doanne generalis" al posto degli oneri fiscali vigenti.
Personale. Antonio Bossi di Milano figura in vari documenti come "canzellarius et procurator nobillis viri domini Facini Canis" (Valeri, App., doc. 14). Negli atti emanati da Facino compaiono il giurista Gianfrancesco da Sartirana, che agisce come suo procuratore nel 1405 e vicario nel 1407, e Iacobino de Gambis, a capo della segreteria nel 1407 e nel 1409.
Razzia e saccheggio. La razzia e il saccheggio furono per F. un vero e proprio strumento di governo: da una parte garantivano - a fronte ai ritardi nei pagamenti dei signori di cui era a servizio - il reperimento delle risorse necessarie al mantenimento degli armati al suo seguito, e dall'altra, grazie al terrore che evocavano nella popolazione, diventavano moneta di scambio nei rapporti con i potenti della sua epoca, tanto quelli di cui era formalmente alleato, tanto quelli contro i quali combatteva.
Esponente di una famiglia casalese ghibellina, F. ebbe nella sua carriera di condottiero rapporti privilegiati con il marchese di Monferrato e con i Visconti, ma in generale attuò sempre una politica di alleanze spregiudicata e funzionale, più che alle logiche di parte, alla costruzione di un proprio dominio personale. Nel 1385 prestò servizio presso i Della Scala di Verona: fatto prigioniero da Giovanni degli Ubaldini, comandante dell'esercito padovano, cambiò fronte prestando la sua opera ai Carraresi. Questi ultimi sciolsero il contratto dopo una serie di iniziative autonome di F., che aveva aggredito numerose "ville et contrade" del Friuli e infine aveva saccheggiato Aquileia (1387). Nello stesso anno risulta al servizio di Teodoro II marchese del Monferrato, che approfittando del clima di incertezza dovuto alle rivolte dei Tuchini nel Canavese stava cercando di occupare terre ai danni di Amedeo VII conte di Savoia. Anche in questo caso la condotta a servizio del signore divenne pretesto per saccheggi e incursioni (come quella a Tronzano nel 1387). Negli anni successivi è impegnato nella difesa di Padova: nel 1388, al servizio dei Carraresi, difende la città contro l'esercito visconteo, e nel 1390, andata a buon fine la conquista da parte dei Visconti, è al servizio di questi ultimi contro Francesco da Carrara. Nel 1391 si trova nel Monferrato da cui compie spedizioni nel territorio sabaudo (Azeglio) per conto del marchese, mentre continua ad essere al soldo dei Visconti. Nel 1393 Giangaleazzo, impegnato come arbitro della contesa fra i Savoia e il marchese di Monferrato, licenzia F. (20 novembre) con un atto che di fatto poneva le premesse per successivi ingaggi. Nell'ottobre del 1394 F. è assoldato con un contratto trimestrale, poi rinnovato per altri due mesi, dal duca d'Orléans, che intendeva occupare Genova; l'anno successivo, mentre apparentemente si sta cercando una soluzione diplomatica alla questione, F. presta servizio per il governo genovese. Nella guerra che si aprì nel 1396 fra il marchese di Monferrato Teodoro e Ludovico d'Acaia presta servizio presso il primo. Come sempre affiancò ai suoi doveri di mercenario imprese militari d'iniziativa personale: tale è l'occupazione, alla fine del 1396, di vare località del Chierese e del Canavese. Nel 1397 e nel 1401 è di nuovo al servizio di Giangaleazzo Visconti, impegnato la prima volta a contrastare una lega composta dal re di Francia, Bologna, il marchese d'Este, Gonzaga, Carraresi e Malatesta, la seconda una lega composta dall'imperatore Roberto di Baviera, Firenze e i Carraresi. Con la morte di Giangaleazzo Visconti (3 sett. 1402), il governo dei domini passa ai figli Giovanni Maria e Filippo Maria, ancora in giovane età e affiancati da un consiglio di reggenza. In questo contesto di debolezza del regime ducale, minacciato per giunta da una nuova lega capitanata dal papa e da Firenze, si fa più evidente la spregiudicatezza con cui F. aveva sempre interpretato il suo ruolo di mercenario al servizio dei Visconti. Appoggia a Pavia la famiglia ghibellina dei Beccaria (1402), che con la morte di Giangaleazzo aveva visto materializzarsi la possibilità di un ritorno al governo della città. Negli anni successivi, sempre in conseguenza delle operazioni militari condotte al servizio della famiglia milanese, concretizza la signoria su Bologna (1403) e su Alessandria (1404). Intanto (fine del 1403) aveva sposato Beatrice di Tenda. La posizione di forza assunta nel rapporto con i Visconti è testimoniata, in quello stesso anno, dal ruolo ricoperto da F. in qualità di procuratore di Filippo Maria nel manovrare la cessione di Vercelli a Teodoro marchese di Monferrato (3 ott. 1404). Nel 1405, con l'assenso di quest'ultimo, assale i domini di Francesco Barbavara in Valsesia, e in aperto contrasto con i patti da lui stesso sottoscritti (10 lug.), insieme a Visconti e Monferrato, con i Savoia e gli Acaia, assale varie località sabaude del vercellese e del novarese, che saranno restituite in seguito al trattato con il conte di Savoia del 5 mag. 1407. Da Filippo Maria Visconti F. ottiene il 24 gen. 1406 il titolo di conte di Biandrate, ma la politica espansionistica da lui attuata negli anni successivi porterà lo stesso Filippo Maria e il fratello Giovanni Maria a condannarlo nel 1408 come ribelle (non sicura la notizia secondo la quale, nel febbraio dello stesso anno, l'ostilità del duca di Milano Giovanni Maria sarebbe stata controbilanciata dall'appoggio del fratello Filippo Maria, conte di Pavia, che lo avrebbe nominato suo capitano e difensore). Degenerato in conflitto aperto, lo scontro fra F. e i Visconti si conclude, dopo una serie di nuove acquisizioni territoriali messe a segno dal condottiero, con la sottoscrizione di una pace siglata da Filippo Maria Visconti (7 giugno). Il 6 nov. 1409, dopo aver stretto una nuova pace (31 ott.) con il duca Giovanni Maria Visconti F. entra in Milano come governatore. Nel 1410 F. acquisisce il controllo delle leve del governo ducale sia a Milano che a Pavia: il duca Giovanni Maria gli concede la nomina a governatore di Milano per 3 anni (12 giu. 1410), mentre a Pavia Filippo Maria era stato costretto da F. a firmare la pace con il fratello (apr. 1410), di fatto dando il via alla dominazione del condottiero sulla città,conclusasi solo con la morte nel maggio del 1412.
F. compare al servizio dei Visconti con la carica di "capitaneus generalis" e "capitaneus ducis Mediolani et comitis Papie". In seguito alla nomina ottenuta da Filippo Maria Visconti il 4 ag. 1404 diventa prefetto di Alessandria ("praefectus Alexandrie",) incarico che F. trasformerà nella signoria sulla città intitolandosi "dominus Alexandrie". E' governatore di Milano ("gubernator civitatis Mediolani") in seguito alla nomina del 12 mag. 1410 di Giovanni Maria Visconti (i documenti sono in alcuni casi emanati congiuntamente dal duca e da F., definito "eius gubernator" e "comes Blandrate"; in altri casi dal duca con il consenso e per deliberazione di F.: "cum consensu et deliberatione magnifici et preclaris […] comittis Blandrate patris et gubernatoris prefati domini").
Generalmente nelle città di cui F., ghibellino, è signore si assiste a manifestazioni di dissenso delle famiglie guelfe. Il 5 apr. 1410 il duca Giovanni Maria Visconti fallisce nel tentativo di far imprigionare F., che nell'autunno dell'anno precedente aveva preso il potere a Milano.
L'unico caso noto di consenso verso F. è il complotto organizzato nel 1400 da Pietro Perrotono e dalla moglie Agnese Bertiona per cedergli il castello sabaudo di S. Maurizio. Smascherati dagli ufficiali sabaudi Pietro fu squartato e "in furchis suspensus", Agnese "igne concremata".
A parte isolati accenni alle sue qualità di cavaliere e combattente (Redusio, Gatari), i giudizi su F. sono generalmente negativi. Uberto Decembrio lo definisce nel De re publica: "sporcus homo et nequam, de stercore ad tyrannidem evectus", mentre il Billia "vir (preter hoc quod armorum strenuus aliquando) omni vita nequitiae cultor".
F. morì a Pavia nel maggio del 1412. Il titolo di conte di Biandrate fu ereditato dal fratello Filippino, che era stato al suo fianco in diverse imprese militari; la parte più cospicua dei domini - fra cui Alessandria, Novara, Tortona - andò alla moglie Beatrice Lascaris di Tenda (e rientrò nei domini viscontei in seguito al matrimonio di quest'ultima con Filippo Maria Visconti).
Le principali fonti per le vicende di F. sono i documenti dell'amministrazione sabauda conservati nell'archivio di stato di Torino (in particolare i conti di castellania di Santhià, Torino, Ivrea e Biella) e le cronache coeve.
D.M. Bueno De Mesquita, voce F. Cane in Dizionario Biografico degli Italiani (con bibliografia ivi citata);
F. Gabotto, Gli ultimi principi d'Acaia e la politica subalpina dal 1383 al 1407, Pinerolo, 1897;
N. Valeri, Facino Cane e la politica subalpina alla morte di Giangaleazzo Visconti, in «Bollettino storico bibliografico subalpino», XXXVII (1935);
N. Valeri, La vita di Facino Cane, Torino, 1940.