di:
Giampaolo Francesconi
29 marzo 1281 – 3 settembre 1328
1316-1328
Il centro del potere signorile di C. rimase sempre Lucca sin dagli esordi della sua parabola politica e militare, sulla quale esercitò un’influenza sostanzialmente ininterrotta dal 1316 al 1328. Ben presto le sue mire si estesero ai centri cittadini contermini di Pisa e di Pistoia e a intere sub-regioni come la Lunigiana, la Valdinievole, il Valdarno inferiore lucchese e fiorentino. La trama della dominazione castrucciana fu segnata da qualche vuoto territoriale e da progressive smagliature, ma assunse, pur fra incolmabili fragilità, il profilo di un dominio pluricittadino dal volto incisivo e condizionante. Nel 1319 attaccò Spinetta Malaspina e sottomise tutta una serie di centri e di castelli della Lunigiana, fino a Sarzana e Sarzanello, dove poteva peraltro presentarsi come rappresentante della città di Lucca e del vescovo di Luni. Dal 1318 si era fregiato del titolo di capitano della parte imperiale di Pistoia, città che avrebbe annesso effettivamente al suo dominio solo nel 1325, sulla base di un asse diplomatico con la locale famiglia signorile dei Tedici; nel 1320 estese la sua influenza sulla Valleriana, la Val di Lima, la Versilia, Massa, la Lunigiana e la Garfagnana lucchese. C. tentò pure di estendere la sua egemonia, per il tramite del raccordo con le forze ghibelline liguri, su Genova senza però riuscire a creare la rete per un effettivo dominio sulla città. Nel maggio del 1322 entrò a Pontremoli, con la formale assunzione della signoria per cinque anni. In quello stesso torno di tempo non andò a buon fine nemmeno il tentativo, con l’appoggio degli Aragonesi e della Curia avignonese, di farsi signore di Pisa e di parte della Corsica. Dal 1324 il potere del C., forte del riconoscimento formale di Ludovico il Bavaro, conobbe un progressivo consolidamento che coincise con il dominio pieno di Pistoia e più avanti con quello di Volterra e solo marginalmente quello della città di Pisa, quando però ormai la sua parabola politica era ormai prossima alla fine.
Vedi scheda famigliare.
Visconte del vescovado di Luni (1314); vicario di Lunigiana (1315); governatore della guerra di Lucca (1316); capitano generale della parte imperiale di Pistoia (1318); vicario generale imperiale di Lucca , della Valdinievole, della Valleriana, della Val di Lima, della Garfagnana lucchese, della Versilia, di Massa, della Lunigiana e del Valdarno lucchese (1320 aprile); signore e capitano della città di Lucca (1320 aprile); capitano generale della parte imperiale di Genova (1320 agosto); vicario imperiale di Pistoia (1325); capitano della parte imperiale di Firenze (1326 marzo); duca di Lucca ,Pistoia, Luni e Volterra (1327 novembre); conte palatino lateranense (1328 gennaio); vicario della città di Roma (1328 gennaio).
Conquista militare, negoziazione politico-diplomatica, deleghe e riconoscimenti imperiali.
L’intero percorso politico di C. fu caratterizzato da un’alternanza continua di legittimazioni popolari e di formali riconoscimenti imperiali. Forse nessuna signoria italiana conobbe un ventaglio di legittimazioni così ampie e formalizzate come quella del C. L’aperta adesione all’imperatore fu il punto di forza che consentì a C. di porsi abbastanza presto come riferimento quasi esclusivo del ghibellinismo toscano; l’esperienza militare che aveva maturato prima al servizio del legato papale Napoleone Orsini, di Arrigo VII in Lombardia e poi di Cangrande della Scala fu l’altro aspetto che favorì la collaborazione con Uguccione della Faggiola. Fu il signore di Pisa a convincere il vescovo Gherardino Malaspina a dare a C. il titolo e l’ufficio di visconte di Luni. Successivamente giunse a ricoprire cariche autonome prima come capitano e difensore della città di Lucca nel giugno 1316, quindi rafforzando la sua autorità sulla Lunigiana e poi con la nomina a capitano generale della parte imperiale di Pistoia nel 1318. Era questa la sanzione anche formale del ruolo di guida che C. andava assumendo per i ghibellini della regione. Nel 1320 ottenne poi la nomina di Vicario imperiale di Lucca da Federico III, nomina che sarebbe stata ribadita e consolidata da Ludovico il Bavaro il 29 maggio 1324, con la concessione di ben tre diplomi. Quest’ultimo riconoscimento consentì a C. di muoversi con maggiore agilità e sicurezza nel panorama politico e militare italiano, segno che non si trattava soltanto di una mera sanzione formale. Dopo l’assunzione della signoria su Pistoia e la vittoria di Altopascio sui fiorentini del 1325, l’ascesa politica di C. sembrava compiuta e definitiva: il 1 settembre 1327 poté accogliere l’imperatore Ludovico il Bavaro a Pontremoli da capo indiscusso delle forze ghibelline toscane. Il 17 novembre di quell’anno ricevette dall’imperatore l’investitura del ducato ereditario di Lucca, Pistoia, Luni e Volterra. C. era ormai avviato alla costruzione di un Principato dinastico di imponenti dimensioni, la cui legittimazione più alta avrebbe ricevuto nel viaggio romano con l’imperatore con l’assunzione, nel gennaio del 1328, del titolo di vicario della città di Roma.
Il sistema di governo castrucciano fu monocratico, con una forte componente militare e in grado di attivare articolate alleanze politiche e legittimazioni formali. La forte personalizzazione delle pratiche di governo fu un dato caratterizzante, ma anche il tratto di una fagilità strutturale che sarebbe emersa subito dopo la morte di C. La geopolitica fu uno degli aspetti più qualificanti e strategici del governo di C.: la scelta cioè di agire prevalentemente nelle zone periferiche e comunque ai margini della Toscana maggiormente interessata dal movimento comunale.
C. divenne ben presto, con i primi anni del secolo XIV, il punto di riferimento del ghibellinismo toscano. Il sistema di potere che andò progressivamente costruendo passava, pertanto, proprio attraverso l’attivazione di solidarietà, di legami orizzontali e nella proliferazione di risorse che a quel circuito facevano capo. C. ebbe sempre il fiuto politico, il realismo operativo e anche il cinismo per capire con relativo anticipo gli assi diplomatici che avrebbe dovuto costruire per consolidare il proprio potere: fu così con Uguccione della Faggiola, fu così con Gherardino Malaspina e fu così in modo ancora più evidente con la sua piena adesione alla politica imperiale, sia con Federico III d’Austra sia con Ludovico il Bavaro. Firenze, il Papato, gli Angiò e il circuito delle fedeltà guelfe furono naturalmente i suoi nemici più acerrimi: ciononostante, la sua ambizione e il suo realismo politico non gli impedirono – al di là dell’esito dell’operazione – di approfittare del progetto di Giacomo II d’Aragona di annettere la Sardegna per insignorirsi di Pisa e della Corsica. In questo caso era ben disposto a passare nello schieramento tradizionalmente nemico pur di raggiungere il suo obiettivo e accrescere il suo potere. L’asse che, invece, riuscì a saldare con l’abate Ermanno Tedici e col nipote Filippo fu decisivo per sottrarre Pistoia all’influenza fiorentina e sottometterla formalmente il 5 maggio 1325. Il filo rosso della politica castrucciana era poi di fatto legato a quelle forze che costituivano i naturali referenti del sistema ghibellino, nella regione e nel più vasto scenario italiano: i Visconti furono così in più occasioni decisivi per condurre in porto le campagne di C.: la più celebre delle quali fu probabilmente quella che coincise con la vittoria di Altopascio del 23 settembre 1325.
Condotte militari a Verona e Bergamo (1306-1307); stipendiarius del comune di Verona nel 1308 o 1309; connestabile di Venezia; stipendiarius di Venezia; condotte militari al servizio di Cangrande della Scala.
I rapporti di C. con la chiesa lucchese furono sostanzialmente buoni lungo tutto il periodo della sua signoria. I legami fra la struttura del clero capitolare e quello del patriziato urbano consentirono un rapporto se non funzionale con il potere di C., almeno di pacifica convivenza. Il Capitolo rifletteva il profilo delle famiglie che dominavano la Chiesa lucchese e l’eminenza sociale cittadina. La scelta di Albizzo da Brancoli, priore della chiesa di S. Maria Forisportam, nel luglio del 1324 come amministratore dei beni vescovili e vicario vescovile aveva la funzione di mantenere buoni rapporti con C. e il suo apparato di governo.
Negli anni centrali della sua parabola politica C. dette avvio a due progetti architettonici importanti come la costruzione della fortezza lucchese dell’Augusta e della villa di Massa Pisana. Due progetti, soprattutto il primo, che rispondevano alla precisa necessità di monumetalizzare il potere e di legittimarlo sulla base di una ben tangibile politica architettonica dal forte connotato simbolico. La costruzione dell’Augusta ebbe inizio, come riportano i cronisti e Aldo Manucci del tardo Cinquecento, alla metà del 1322 e si sarebbe protratta fino al 1326 con l’innalzamento di un edificio enorme che arrivò a occupare fino a un quinto dell’impianto urbanistico lucchese. Seppur meno imponente, anche la villa di Massa Pisana, il cui inizio è da collocare al 1318, ebbe un peso significativo nella costruzione materiale del potere castrucciano.
Risulta difficile, allo stato attuale delle ricerca, delineare i tratti della politica culturale perseguita da C. Si può forse menzionare lo sforzo e il disegno di dare un contributo significativo alla teorizzazione dei diritti imperiali, messo in pratica con l’ausilio di uno dei suoi più stretti collaboratori, il giurista Ugolino da Celle.
Uno dei meriti maggiori della politica castrucciana fu quello di attivare ampi consensi, sia nelle città e nei territori che andava acquisendo, sia nel più vasto circuito del ghibellinismo toscano. Così come di converso fu capace di far maturare un odio feroce nelle città – Firenze in testa – del circuito guelfo. Non mancarono tuttavia anche episodi di aperto dissenso nei confronti della sua politica e del suo potere come quello che si ebbe nel giugno del 1327 in Lucca, dove la famiglia dei Quartigiani su isprirazione del duca di Calabria ordì una vera e propria congiura nei suoi confronti.
La personalità di C., le sue imprese militari e il suo ruolo politico costituirono un motivo di grande attenzione da parte dei contemporanei. La cronistica trecentesca, persino quella oltremontana, gli dedicò uno spazio importante, ponendolo fra i personaggi più presenti allo sguardo degli scrittori di storia del suo tempo e non soltanto, com’è ben evidente dall’interesse che lo stesso Machiavelli in pieno Cinquecento volle dedicargli. Si limiterà qui il richiamo al giudizio che ne tracciò Giovanni Villani, nel capitolo 87 del libro XI della sua Cronica: «Questo Castruccio fu della persona molto destro, grande, d’assai avenante forma, schietto, e non grosso, bianco, e pendea in palido, i capegli dritti e biondi con assai grazioso viso: era d’etade di XLVII anni quando morì...Questo Castruccio fu uno valoroso e magnanimo tiranno, savio e accorto, e sollecito e faticante, e prode in arme, e bene proveduto in guerra, e molto aventuroso di sue imprese, e molto temuto e ridottato, e al suo tempo fece di belle e notabili cose, e fu uno grande fragello a’ suoi cittadini, e a’ Fiorentini e a’ Pisani e Pistolesi e a tutti i Toscani in XV anni ch’egli signoreggiò Lucca: assai fu crudele in fare morire e tormentare gli uomini, ingrato de’ servigi ricevuti in suoi bisogni e necessitadi, e vago di gente e amici nuovi, e vanaglorioso molto per avere stato e signoria; e al tutto si credette essere signore di Firenze e re in Toscana. Della sua morte si rallegrarono e rassicurarono molto i Fiorentini, e appena poteano credere che fosse morto».
La signoria ebbe, di fatto, termine con la scomparsa di C. il 3 settembre 1328, dopo quasi un mese di sofferenza per le febbri che aveva contratto nella campagna militare per riconquistare la città di Pistoia. A niente valse la segretezza con cui fu affrontata la malattia di C.: il figlio Arrigo, detto il Duchino, suo erede per nomina testamentaria non fu in grado di reggere una struttura di potere il cui architrave era costituito dalla personalità politica e militare di C. Nella fine dell’esperienza di potere castrucciana erano inscritti i suoi connaturati elementi di fragilità.
Le risorse documentarie per lo studio della signoria castrucciana sono distribuite negli archivi delle città interessate dal suo dominio politico. Lucca rimane il naturale punto di partenza con l’Archivio di Stato e i fondi del Diplomatico, Capitoli, Atti di Castruccio, Anziani avanti la libertà, Archivio Guinigi, Archivio notarile, ma anche con altre serie minori; sempre a Lucca meritano una segnalazione i Registri A + II, LL dell’Archivio capitolare e arcivescovile e il fondo Manoscritti della Biblioteca Statale. L’Archivio di Stato di Firenze ha importanti referenti documentari nei fondi delle Provvisioni, delle Missive, e dei Carteggi, nell’Archivio Bardi; mentre nell’Archivio di Stato di Pisa sono da menzionare i fondi Archivio del Comune, Consigli e Provvisioni e Ospedale di S. Chiara. Raccolte significative si trovano anche nell’Archivio Segreto Vaticano con i Registri Vaticani Giovanni XXII, gli Istrumenti miscellanei e nell’Archivio della Corona d’Aragona con i Registri di Cancelleria.
Fonti: Per la presenza varia e articolata della personalità di Castruccio nella cronistica si rinvia, come primi sussidi, a O. Banti, Castruccio Castracani nelle “Croniche” di Giovanni Sercambi, in Atti del primo convegno di studi castrucciani, Lucca, 1981, pp. 47-50; E. Cristiani, Rileggendo i giudizi del Villani su Castruccio, in Castruccio Castracani e il suo tempo, pp. 57-66; M. Luzzati, Castruccio Castracani nelle fonti cronistiche oltremontane della prima metà del Trecento, in Castruccio Castracani e il suo tempo, pp. 79-95; merita un rilievo specifico la lunga eco che le imprese castrucciane mantennero fin dentro il pieno Cinquecento con la biografia che N. Machiavelli dedicò alla Vita di Castruccio Castracani da Lucca (Milano, Garzanti, 200218); per le edizioni e gli inventari delle fonti documentarie, cfr. E. Lazzareschi, Documenti della signoria di Castruccio Castracani conservati nel R. Archivio di Stato di Lucca, in «Atti della R. Accademia Lucchese», III, 1934, pp. 281-409; R. Piattoli, Documenti per la storia di Castruccio Antelminelli e delle sue imprese, «Bollettino Storico Lucchese», XV, 1943, pp. 14-21; L. Mosiici, Ricerche sulla cancelleria di Castruccio Castracani, in «Annali della scuola speciale per archivisti e bibliotecari dell’Università di Roma», VII, 1967, pp. 1-86. Per una bibliografia ragionata delle fonti documentarie e cronistiche si rimanda a L. Green, Castruccio Castracani. A Study on the origins and character of a fourteenth-century Italian despotism, Oxford, Clarendon Press, 1986, pp. 262-264.
Studi: R. Manselli, La sinodo lucchese di Enrico del Carretto, «Italia sacra», XV, 1970, pp. 198-246; T. Sampieri, Gli inizi di Castruccio Castracani degli Antelminelli fra mercatura e arte militare, in Studi sul medio evo cristiani offerti a Raffaello Morghen, Roma, 1974, pp. 873-887; N. Zucchi Castellini, Storia di Pontremoli dalle origini all’Unità d’Italia, Pontremoli, 1976; M. Luzzati, Castruccio Castracani degli Antelminelli, in Dizionario biografico degli Italiani, XXII, Roma, 1979, pp. 200-210; Ch. Meek, The Commune of Lucca under Pisan Rule 1342-1369, Cambridge Mass., 1980; G. Benedetto, I rapporti tra Castruccio Castracani e la chiesa di Lucca, in «Annuario della Biblioteca civica di Massa», 1980, pp. 73-97; Castruccio Castracani e il suo tempo, Atti del Convegno internazionale (Lucca, 5-10 ottobre 1981), in «Actum Luce», XIII-XIV, nn. 1-2, 1984-85; R. Manselli, Castruccio Castracani degli Antelminelli e la politica italiana nei primi decenni del Trecento, in Castruccio Castracani e il suo tempo, pp. 3-16; L. Green, Lucca under Castruccio Castracani: the social and political foundations of an early fourteenth-century Italian tiranny, in «I Tatti Studies», I, 1985, pp. 137-159; Idem, Castruccio Castracani. A study on the origins and charcater of a fourteenth-century Italia despostism, Oxford, Clarendon Press, 1986; P. Pirillo, Gente di Pontremoli. Identità, continuità, mutamenti in un centro della Lungiana, Venezia, Marsilio, 1997; D. Abulafia, I regni del Mediterraneo occidentale dal 1200 al 1500. La lotta per il dominio, Roma-Bari, Laterza, 2001; D. Kent, The Power of the elites: family, patronage, and the state in Italy in the Age of the Renaissance, 1300-1550, ed. by. J.M. Najemy, Oxford, Oxford University Press, 2004, pp. 165-183; A.M. Onori, Città del potere, poteri in città. La fortezza Augusta e l’organizzazione dello spazio urbano in Lucca nel primo Trecento, in Castelli e fortezze nelle città e nei centri minori italiani (secoli XIII-XV), a cura di F. Panero, G. Pinto, Cherasco, 2009, pp. 197-227; M. Bratchel, Medieval Lucca and the Evolution of the Renaissance State, Oxford University Press, 2008.