di:
Tomaso Perani
post 1275- 29 novembre 1321
autunno 1315 - giugno 1316; maggio 1317 - aprile 1318; novembre 1319 - 19 novembre 1321
Cremona
Vd. Cavalcabò, Famiglia
Il 2 marzo 1316, grazie alla sua posizione di preminenza in città si intitolò «Deffensor honoris regis et populi totius colegiorum et artium Cremone».
Giacomo iniziò la sua carriera politica sotto la signoria del fratello Guglielmo: la sua prima azione pubblica di cui è rimasta memoria fu la presa di Piacenza nel 1312 al fianco di Gilberto da Correggio e dei della Torre. Alla morte del fratello, tentò di prenderne il posto ma fu osteggiato dal capo della famiglia guelfa concorrente, Ponzino Ponzone. Durante l’occupazione di Cremona da parte del da Correggio, Giacomo seppe ritagliarsi uno spazio di autonomia e di supremazia all’interno del consiglio comunale tanto che venne riconosciuto come un interlocutore politico credibile dal Comune di Firenze che a lui si rivolse per un caso di rappresaglia. Con l’indebolirsi del partito ghibellino dovuto alla morte di Enrico VII e delle difficoltà di Gilberto da Correggio e di Roberto D’Angiò, il Cavalcabò seppe imporsi come leader unico di Cremona.
Giacomo Cavalcabò fu il primo della famiglia ad ottenere un titolo formale per la signoria su Cremona. Tuttavia, a causa dell’instabilità interna alla città e della situazione politica generale, scelse di non liberarsi della supremazia di Roberto d’Angiò di cui riconobbe l’alto dominio. Il Cavalcabò otteneva quindi una importante legittimazione dall’alto, ritenendo troppo instabile la sua posizione interna alla città, seppur di supremazia.
Sebbene la presa di potere di Giacomo venne sancita nel 1315 da un titolo ufficiale, questa non comportò alcun significativo cambiamento all’interno degli assetti comunali, proprio come era avvenuto con i suoi predecessori. Il Cavalcabò cercò di rafforzare la propria posizione in città attraverso una decisa azione di politica estera: nell’inverno dello stesso anno guidò la spedizione che portò alla cacciata dei ghibellini da Brescia. L’operazione lo portò ad essere uno dei più importanti leader guelfi nell’area padana, ma non riuscì ad arginare l’opposizione delle famiglie rivali all’interno di Cremona.
Quando nel maggio del 1317 tornò al potere in città la sua azione fu molto più decisa. Grazie all’aiuto militare prestatogli da Bologna, espulse da Cremona le famiglie ghibelline e molte delle famiglie che appoggiavano la fazione guelfa facente capo a Ponzino Ponzone. A causa delle continue lotte tra le tre fazioni dei Cavalcabò, dei Ponzoni e dei ghibellini, la città si era in parte spopolata e aveva perso il controllo su gran parte del territorio.
Il terzo ritorno di Giacomo al potere avvenne ancora una volta in maniera informale. Infatti le forze del Cavalcabò non erano ormai più sufficienti a garantirgli il controllo esplicito sulla città: l’alta sovranità tornava ad essere di Roberto d’Angiò ma le forme erano di nuovo chiaramente comunali. Anche la presa di Cremona era avvenuta con il supporto dell’esercito della Lega Guelfa guidato da Gilberto da Correggio.
Durante tutto il periodo della sua dominazione a fasi alterne, Giacomo non riuscì mai ad ottenere supremazia completa su Cremona. Addirittura l’assunzione esplicita di un titolo signorile sembra più essere un segno della precarietà del suo potere piuttosto che un punto di arrivo di una signoria matura.
Durante tutto il periodo che lo vide come tra i protagonisti della vita cremonese Giacomo Cavalcabò rimase sempre legato allo schieramento guelfo. Principali alleati furono Roberto d’Angiò, del quale non mise mai in discussione la supremazia, e il comune di Bologna, che fu sempre pronto a finanziarlo per favorire il suo rientro a Cremona.
Più discontinuo fu invece il rapporto con Gilberto da Correggio, ma soprattutto per la propensione di quest’ultimo a cambiare con frequenza schieramento. Inoltre, sebbene il Cavalcabò fosse imparentato con i Bonacolsi (era cognato di Butirone Bonacolsi) tra le due famiglie furono sempre presenti motivi di attrito per il controllo di alcune località nel contado.
Giacomo Cavalcabò nel 1313 cercò di imporre il proprio candidato Egidio Maldalberti a capo della diocesi ma dovette piegarsi alla decisione del capitolo cattedrale che elesse il candidato appoggiato dai Ponzone e dagli Amati Egidio Bonseri. Dopo il suo secondo rientro in città, quando impose la cacciata di suoi avversari da Cremona, riuscì a far allontanare anche il vescovo e a proporre invece il suo candidato che, grazie a conoscenze avignonesi, venne creato vescovo da Giovanni XXII nel 1318.
Proprio nel periodo della signoria di Giacomo i rapporti tra le maggiori famiglie cremonesi si polarizzano intorno a tre schieramenti: quello dei ghibellini Troncaciuffi guidati dai Pelavicino e dai da Dovara, quella dei guelfi intransigenti Capelleti guidata dai Cavalcabò e quella dei Maltraversi guidata dai Ponzone ed in certa misura dai Sommi, in teoria guelfa ma caratterizzata soprattutto dall’opposizione al gruppo dei Cavalcabò. Le maggiori minacce alla signoria di Giacomo vennero proprio dall’azione di Ponzino Ponzone che riuscì in diverse occasioni a cacciarlo da Cremona.
A porre fine alla dominazione di Giacomo su Cremona fu Galeazzo Visconti che, raccogliendo le forze ghibelline e coadiuvato dall’azione di Ponzino Ponzone, sconfisse e uccise il Cavalcabò nel castello di Bardi.
Vd. Cavalcabò, Famiglia
cfr. Voce Cavalcabò, Giacomo sul DBI e vd. Cavalcabò, Famiglia