di:
Francesco Pirani
Seconda metà del XIII secolo - 1339.
1332-1339.
La terra di Cingoli e qualche piccolo castello dell’area sub-appenninica circostante.
Vedi scheda Famiglia Cima.
Nessun titolo formale.
L’affermazione dei Cima avvenne attraverso le lotte cittadine del primo Trecento, polarizzate attorno ai Cima (guelfi) e ai Manetti (ghibellini). Nel 1304 Appigliaterra Mainetti riuscì a cacciare i Cima e la parte guelfa e a saccheggiane le case, riportando per questo una condanna del rettore della Marca. Già nel 1307 la terra tornò sotto il diretto controllo del papa e il comune riformò gli statuti in senso antimagnatizio: né i Cima né i Manetti appaiono infatti tra gli statutarii. Ma nel 1313 Appigliaterra Mainetti rioccupò Cingoli e costrinse Pagnone ad un esilio decennale. Nel 1327, al momento del ritorno di Cingoli all’obbedienza papale, non risulta documentato Pagnone, ma è probabile che avesse preso parte alle azioni che portarono alla cacciata dei Mainetti. Infatti, negli statuti del Comune di Cingoli del 1325 il C. figura fra i personaggi che furono presenti alla promulgazione del testo dinanzi ad un podestà jesino. L’autorità di Pagnone su Cingoli si fece evidente dopo il 1332, allorché acquisì una posizione di rilievo all’interno del Consiglio generale del comune, insieme ai figli Giovanni e Tanarello e al fratello Ramberto.
Pagnone non ebbe alcuna legittimazione formale, bensì l’avallo politico da parte del papato, in quanto i Cima si schierarono nelle fila del partito guelfo.
Il C. si inserì a livello regionale e sovra regionale all’interno del circuito guelfo: nel 1307 prese parte all’esercito senese contro i ghibellini di Arezzo, successivamente, nel 1309, in soccorso di Ancona a capo delle milizie guelfe raccolte a Montecchio. Anche nel 1328, al momento della discesa in Italia di Ludovico il Bavaro, militò nell’esercito pontificio.
Pagnone ricoprì cariche politiche all’interno del circuito guelfo: nel 1314 cumulò eccezionalmente le cariche di podestà e capitano ad Orvieto, nel 1318 fu podestà a Perugia.
Sulla rivalità fra famiglie Cima e Mainetti vedi voce modalità di accesso al potere.
Morte, nel 1339.
Esigui gli atti relativi ai Cima conservati nell’archivio comunale di Cingoli: occorre dunque ricorrere alla documentazione pontificia edita, con il limite di illustrare eminentemente la sfera politica regionale.
Fonti: A. Theiner, Codex diplomaticus dominii temporalis S. Sedis, Roma 1861-1862; L. Colini Baldeschi, Statuti del comune di Cingoli, secoli XIV, XV, XVI, Cingoli 1904
Studi: P.L. Falaschi, Cima Pagnone, “Dizionario Biografico degli Italiani” XXV, pp. 529-531; E. Colini Baldeschi, Comuni, signorie e vicariati nella Marca d'Ancona, in Atti e memorie della deputazione di Storia patria per le Marche, ser. IV, vol. II (1924-25), pp. 32-52; C. E. Bernardi, Podestà e giudici di Cingoli in serie cronologica, in Studia picena, XVIII (1948), pp. 11-34; G. Gatella, Cingoli nelle sue pergamene, in Cingoli dalle origini al secolo XVI, pp. 307-360; P. Cartechini, Aspetti della legislazione statutaria cingolana, in Cingoli dalle origini al secolo XVI, pp. 361-424; Cingoli dalle origini al secolo XVI: contributi e ricerche, Atti del XIX Convegno di Studi maceratesi (Cingoli, 15-16 ottobre 1983), in Studi maceratesi, 19 (1983); S. Bernardi, Nobiltà feudale ed istituzionale nel comitato di Osimo fra XIII e XV secolo: esempi nel ceto dirigente del Comune di Cingoli, in Dimensioni e problemi della ricerca storica, 2 (1993), pp. 160-176.