di:
Jean-Claude Maire Vigueur
Poco prima del 1270-1328.
1327-1328.
Roma e il suo territorio.
Membro del ramo di Palestrina della grande famiglia baronale dei Colonna, era uno dei fratelli minori di Stefano, che fu uno dei baroni più potenti e attivi nella vita politica di Roma nella prima metà del XIV secolo. Insieme con il consigliere di Filippo IV re di Francia Guillaume di Nogaret, è considerato come il principale fautore dell’attentato di Anagni contro Bonifacio VIII. Al contrario del fratello maggiore e degli altri Colonna che abbondarono la causa imperiale nell’estate del 1312, Sciarra rimase fedele al partito filoimperiale di cui diventò il principale esponente a Roma.
Capitano del popolo dall’agosto del 1327 agennaio 1328. Anche se l’11 gennaio 1328, un parlamento conferì per un anno la doppia carica di senatore e di capitano a Ludovico di Baviera, è probabile che Sciarra sia rimasto uno dei due o più “capitani” la cui esistenza è attestata varie volte da Villani per il periodo della permanenza di Ludovico a Roma
La Signoria di Sciarra Colonna, che vera Signoria non è, si colloca in un momento ben particolare della storia di Roma, quello del conflitto che oppone all’imperatore Ludovico di Baviera venuto a farsi incoronare a Roma il pontefice Giovanni XXII e le forze guelfe capeggiate dal re di Napoli Roberto d’Angio’.
Nell’estate 1327, mentre Ludovico avevo iniziato il suo viaggio in Italia, un esercito di mille cavalieri comandato di re Roberto si vide rifiutare l’entrata a Roma e ripiegò su Ostia che viene data alle fiamme. Subito dopo i Romani “si levarono a rumore e feciono popolo” (G. VILLANI, Nuova Cronica, vol. 2, p. 543). Si ripristina la carica di capitano del popolo, affidata a Sciarra Colonna, il quale è coadiuvato da un Savelli che porta forse il titolo di senatore; rimane in funzione il collegio di 52 popolani, 4 per rione, creato qualche settimana prima e sussiste anche il più vecchio collegio dei 13 buoni uomini.
Nominato capitano poco prima o subito dopo una rivota popolare che ha cacciato il senatore scelto da re Roberto, Sciarra gode dell’appoggio del popolo che avrà probabilmente ottenuto dai consigli la ratifica della sua nomina a capitano. E’ appena il caso di dire che né il papa né, a maggior ragione, Roberto d’Angiò diedero mai il loro assenso a tale nomina.
Come al solito quando si tratta di Roma, la perdita totale dell’archivio capitolino ci impedisce di sapere quali furono i poteri attribuiti a Sciarra e come funzionava il sistema politico allora in vigore nella città. Si puo’ tuttavia avere un’idea del ruolo effettivamente svolto da Sciarra partendo da una duplice considerazione.
Da un lato, vista la gravità delle minacce militari che pesavano sulla città, è più che probabile che Sciarra, rinomato per le sue doti militari, abbia ricevuto tutti i poteri necessari per preparare la difesa della città. E di fatto nelle settimane che seguirono la sua nomina, Sciarra procedette ad una radicale riorganizzazione delle forze militari comunali. Di fronte poi all’imponente esercito guelfo che circondava la città, seppe galvanizzare il morale delle sue truppe che ottennero il 29 settembre un’eclatante vittoria sulle forze guelfe entrate in città attraverso i giardini vaticani.
Dall’altro sappiamo grazie a Villani che Sciarra, lontano da concentrare nelle sue mani tutti i poteri, “regge[va] la città col consiglio di 52 popolani, 4 per rione”, il che vuol dire che governava in stretta collaborazione con il collegio creato prima dell’estate. Era inoltre coadiuvato da un Savelli che forse portava anche lui il titolo di capitano (G. VILLANI, Nuova Cronica, vol. 2, p. 582), mentre rimaneva in funzione la magistratura dei 13 buoni uomini apparsa qualche anno prima.. L’Anonimo romano ci dice inoltre che Sciarra “spesso faceva parlamento” (ANONIMO ROMANO, Cronica, p. 14), il che lascia pensare che abbia cercato di ottenere dall’assemblea di tutti i cittadini, più facile da manovrare, un appoggio che i 52 erano talvolta più reticenti a dargli. All’interno di questo collegio, ci fu per esempio, secondo Villani (Nuova Cronica, vol. 2, p. 581), una forte opposizione alla proposta di accogliere a Roma l’imperatore contro la volontà del papa.
Più che come una signoria di Sciarra, il regime politico in vigore a Roma tra il 1327 e il 1328 si configura dunque come una “signoria di popolo”, per riprendere l’espressione utilizzata da Villani (Nuova Cronica, vol. 2, p. 544), e l’autorità riconosciuta a Sciarra, lungi dall’essere di tipo autocratico, assomiglia più a quella di un forte leader popolare oppure di un capitano di guerra in un momento di gravi pericoli militari.
Dal 1312 capo indiscusso di ciò che rimaneva del partito ghibellino a Roma, Sciarra si adoperò per convincere i romani ad accogliere l’imperatore e poi a sostenerlo nelle sue varie iniziative contro il pontefice. E’ chiaro che durante la lunga permanenza di Ludovico a Roma, tra gennaio e agosto del 1328, la presenza in città di numerose truppe tedesche e italiane al servizio di Ludovico funse da deterrente contro possibili attacchi della città da parte dello schieramento guelfo e permise al governo popolare capeggiato da Sciarra di rimanere più a lungo al potere. Di fatto, i baroni guelfi dovettero aspettare che l’imperatore alzasse i tacchi per riprendere il potere in città.
Podestà di Narni nel 1297
Capitano del popolo poi anche podestà di Viterbo da settembre 1304 a novembre 1306, a capo di un regime popolare e ghibellino (PINZI, Storia della città di Viterbo, vol. 3, pp. 52-53); in un documento del 1357 un uomo di 69 anni dice di lui che era defensor populi.
Senatore di Roma nel 1308 (secondo SALIMEI, Senatori e statuti di Roma nel Medioevo, p. 92 e WALEY, COLONNA, Giacomo, detto Sciarra, p. 315 ma non secondo DUPRE’ THESEIDER, Roma dal comune di popolo, p. 391)
Attestato come Senatore di Roma nel novembre 1312 e il marzo 1313, probabilmente con un’interruzione.
Sciarra godette dell’appoggio del popolo e della parte della popolazione favorevole all’imperatore; aveva contro di lui la maggior parte dei baroni, a cominciare dal proprio fratello Stefano.
L’Anonima spreca gli elogi sulle qualità militari di Sciarra.
Sciarra fu costretto ad andare in esilio dopo l’abbandono di Roma da parte di Ludovico di Baviera nell’agosto 1328 e morì poco dopo.
C. PINZI, Storia della città di Viterbo, vol. 3, Viterbo, 1899, pp. 52-53; A. SALIMEI, Senatori e statuti di Roma nel Medioevo : i senatori cronologia e bibliografia dal 1144 al 1447, Roma 1935; E. DUPRE’ THESEIDER, Roma dal comune di popolo alla signoria pontificia (1252-1377), Roma 1952, pp. 451-481; ANONIMO ROMANO, Cronica, a cura di G. Porta, Milano 1979; D. WALEY, COLONNA, Giacomo, detto Sciarra, in Dizionario biografico degli Italiani, Roma 1982, vol. 27, pp. 311-314; G. VILLANI, Nuova Cronica, a cura di G. Porta, Parma 1991, vol. 2, pp. 543-615.