di:
Tomaso Perani
inizio XIII - 1292
1257 - 1261
Piacenza
I da Fontana furono una famiglia di orgine capitaneale e legata alla feudalità imperiale. Erano radicati territorialmente soprattutto in Val Tidone e nell’area in prossimità del contado pavese. In queste zone possedevano gandi appezzamenti di terra in forma allodiale e feudale, nei quali disponevano di una rete vassallatica. All’interno della vita comunale ricoprirono un ruolo di rilievo già a partire dal XII secolo quando diversi esponenti della famiglia rivestirono la carica di console del comune. A testimonianza dell’esperienza funzionariale dei da Fontana sono alcuni incarichi come podestà forestieri già alla fine del XII secolo. Nel secolo successivo furono i capi, insieme ai Landi, della parte filo imperiale e ghibellina e seppero stringere allenaza a con alcuni dei maggiori lignaggi popolari.
Appena salito al potere nel 1257 assunse il titolo di podestà che mantenne fino al 1261, probabilmente affiancato da personalità forestire a partire dal 1259. Su questo punto però le fonti non sembrano concordare.
Alberto era un esponente di spicco del partito filo imperiale piacentino che aveva consolidato il proprio potere in città sotto l’egida di Oberto Pelavicino. Fin dal rientro a Piacenza dei fedeli della pars imperii nel 1250, i rapporti con il rivale Ubertino Landi si erano fatti sempre più tesi, tanto che il marchese Pelavicino decise di utilizzare Alberto come proprio vicario a Pavia per allentare la tensione tra i due. Quando una ribellione interna guidata dagli aristocratici ghibellini, ma a cui parteciparono anche ampi strati della popolazione, rovesciò il governo del Landi, il da Fontana venne richiamato in patria e a lui venne affidato il potere
Il governo del da Fontana, contrariamente a quello del Landi, venne legittimato dall’assunzione della carica di podestà del comune. Si trattava comunque di una forzatura dei tradizionali assetti istituzionali del comunse se, come pare, la sua podesteria durò diversi anni e godette di uno status superiore rispetto ai funzionari forestieri che lo coadiuvarono.
Sul governo del da Fontana non ci sono molte informazioni. Inizialmente si resse sull’appoggio dei grandi mercanti piacentini come Gerardo da Turano e Rinaldo Scotti e con il consenso delle famiglie dell’antica aristocrazia terriera come gli Anguissola, i Magnano, alcuni membri della famiglia Landi e Oberto de Iniquitate. Il governo del da Fontana apparve però subito estremamente vessatorio scontentando entrambe le componenti dell’insieme dei suoi sostenitori.
Il principale asse di alleanza del da Fontana fu il popolo di Pavia, con il quale cercò sempre di conservare sempre buoni rapporti, al fine di mantenere saldo il controllo dei suoi possedimenti al confine con il districtus pavese. L’alleanza con il Pelavicino si ruppe invece quando il Fontana abbandonò l’incarico di podestà - vicario del marcese che stava ricoprendeo nel 1257 a Pavia per prendere parte all’insurrezione contro Ubertino Landi e lo stesso Pelavicino.
Verso la fine della sua vita strinse un’alleanza matrimoniale con gli Scotti diventando il suocero di Alberto al momento dell’instaurazione della signoria di quest’ultimo. Scopo dello Scotti era quello di utiliziarre il da Fontana per contrastare Ubertino Landi nelle valli dell’appennino piacentino. Una volta ottenuto lo scopo, nel 1291, il da Fontana venne allontanato dalla città e morì un’anno dopo.
Durante il suo dominio su Piacenza il da Fontana non ricoprì nessun incarico politico in altre città, tuttavia prima e dopo la parentesi signorile Alberto fu un importante podestà del circuito ghibellino. Prima della rottura con il Pelavicino del 1257, ricoprì il ruolo di vicario del marchese a Pavia, diventando così un funzionario della coordinazione pelaviciniana.
La parabola di dominazione di Alberto da Fontana fu segnata dal contrastato rapporto il popolo piacentino e con le altre famiglie ghibelline. Fu infatti il gruppo dei grandi mercanti che determinarono le condizioni per la sua ascesa al potere, ma allo stesso modo, la rottura del rapporto con questi ultimi portò alla caduta di Alberto.
La dominazione del da Fontana teriminò nell’aprile del 1261 con la cacciata del signore avvenuta grazie all’unione del vescovo di Piacenza, dei Landi e e di ampi strati del ceto mercantile e artigianale che mal sopportavano il suo governo autoritario. Sebbene il popolo rappresentò la componente preponderante all’interno della rivolta contro il signore e fosse guidato da una figura importante come quella di Rinaldo Scotti, non riuscì a prendere il potere in maniera definitiva e dovette accontentarsi del ritorno di Ubertino Landi e del Pelavicino. Dopo la cacciata del 1261, Alberto tornò a Piacenza diverse volte ma non riuscì più a tenere nelle sue mani il governo della città.
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