di:
Gabriele Taddei
Primi decenni del XIV secolo – 1365 circa.
Montepulciano, aprile 1352 - aprile 1353; febbraio/marzo 1355 – ottobre 1358; maggio 1359 – aprile 1364.
Vedi scheda famigliare.
Vedi scheda famigliare. N era figlio di Bertoldo e cugino di Iacopo di Iacopo, sebbene i due sovente siano stati erroneamente considerati fratelli.
Dopo alterne vicende che avevano visto N. esercitare su Montepulciano un informale primato, nel marzo 1355 egli, assieme al cugino Iacopo (talvolta erroneamente indicato come fratello), fu investito del vicariato imperiale da Carlo IV.
Espulsi dal centro e rientrativi nel maggio 1359, i due, a detta di alcuni cronisti e storici successivi, sarebbero stati proclamati dai loro concittadini «signori e difensori di Montepulciano». L’attribuzione formale di tale titolo non sembra però confermata da alcun documento pubblico coevo.
L’egemonia che N. riuscì ad esercitare entro Montepulciano nei dodici anni che intercorrono tra il 1352 ed il 1364 fu intermittente: a periodi durante i quali N. poté indirizzare la vita politica del centro seguirono espulsioni e, quindi, nuove ascese al potere.
La prima occasione per N. di conseguire una posizione preminente nei locali equilibri politici si verificò agli inizi dell’aprile 1352. Divisa la famiglia Del Pecora in due fazioni contrapposte, il 7 di quel mese N. denunciò le trame ordite dal cugino Iacopo per rovesciare il governo popolare e guelfo dei Cinque Difensori ed instaurare un nuovo regime che facesse transitare Montepulciano tra gli alleati di Giovanni Visconti. Espulsi i responsabili della congiura, appare probabile che N. abbia acquisito, in qualità di protettore delle istituzioni comunali, un notevole ascendete su di esse.
Il violento tentativo di Iacopo di rientrare con l’appoggio dei Tarlati e dei Visconti (vedi meglio infra Complotti, ribellioni, contestazioni) indusse N. ed il governo di Montepulciano a ricercare una stabile alleanza con Perugia. Il pur guelfo Comune di Siena, restio a riconoscere l’influenza perugina su un castello che da sempre considerava di propria spettanza, mosse guerra ed occupò Montepulciano nell’aprile 1353. I Senesi, che con lodo del 2 maggio si assicurarono per 20 anni la guardia del centro, confermarono l’esilio di Iacopo (cui pure corrisposero le rendite dei locali suoi beni) e imposero che dai bossoli per le elezioni fossero tolti tutti i nomi dei componenti della famiglia Del Pecora; N., cui inizialmente fu riconosciuto un indennizzo di 6000 ff ed il diritto di conservare la propria residenza entro le mura, fu infine espulso nel gennaio 1354 con l’accusa (per Matteo Villani del tutto infondata) di tradimento contro il governo senese.
Accomunati dall’esilio, i due cugini trovarono finalmente coesione. Sfruttando i torbidi scoppiati a Siena in conseguenza dell’arrivo in città di Carlo IV, N. rientrò a Montepulciano con una schiera di fedeli tra il febbraio ed il marzo 1355, costrinse entro il cassero la guarnigione senese ed assunse il governo a suo nome ed a quello di Iacopo . Questi, intanto, denunciando a Carlo i torti in passato subiti dal Governo dei Nove, ottenne che il sovrano concedesse ai due la carica di vicari imperiali.
A partire dal maggio 1355, dopo che il rappresentante di Carlo, Niccolò patriarca di Aquileia, abbandonò Siena, questa riprese ad esercitare forti pressioni militari su Montepulciano. Alleatisi nuovamente con Perugia, N. ed Iacopo furono infine costretti ad abbandonare il centro proprio a seguito del lodo di pace siglato nell’ottobre1358 tra le due città. L’esilio durò tuttavia poco perché N., dal castello di Valiano che gli stessi perugini gli avevano ceduto, rientrò con la forza nel maggio successivo, si dice accolto con gioia dalla cittadinanza stanca di soggiacere alle alterne tutele di senesi e perugini. Richiamato in patria anche suo cugino, i due, che in base ad alcune notizie la cui attendibilità non è certa, furono infine riconosciuti signori di Montepulciano, governarono congiuntamente il centro per ulteriori cinque anni.
Tra il 1352 ed il 1353, l’autorità di N. fu del tutto informale motivandosi, forse, nel ruolo di protettore del regime popolare di Montepulciano e dell’orientamento antivisconteo di quello. A partire dal marzo 1355, l’attribuzione congiunta, a lui e suo cugino, del titolo di vicario imperiale garantì l’avvallo di una superiore autorità. Nella primavera del 1359, la proclamazione dei due a signori e difensori di Montepulciano da parte degli stessi organismi comunali, per quanto affermata da storici successivi, non sembra trovare conferma nei documenti coevi.
Allo stato attuale degli studi risulta assai arduo indagare analiticamente gli strumenti attraverso i quali N. esercitò la propria preminenza. Nel breve periodo che intercorse tra il fallimento della congiura di Iacopo e l’occupazione senese dell’aprile 1353, N. evitò di apportare modifiche di sostanza al regime popolare e guelfo che egli stesso aveva difeso, forse in modo del tutto strumentale, dalle mire egemoniche di suo cugino. Il supremo organo di Montepulciano rimase dunque quello dei Cinque Difensori del Popolo, limitandosi il Del Pecora -come lo stesso Matteo Villani assicura- ad escludere dalla vita politica gli amici di Iacopo e favorire l’insediamento nei principali consigli dei propri partigiani.
Il congiunto primato raggiunto da N. e suo cugino a seguito della riconquista del centro nel marzo 1355 si sostanziò nell’ottenimento del vicariato imperiale. Se è legittimo ritenere che tale carica conferisse un’ingerente tutela su tutti gli usuali istituti, carenze documentarie impediscono affermazioni più circostanziate. Appare comunque probabile che il nuovo predominio dei due, diversamente da quello del solo N. che lo aveva preceduto, si sia imposto all’insegna della concordia consortile e di fazioni.
Allorché nel maggio 1359, per la terza volta, N. ascese assieme ad Iacopo alla guida della sua comunità, una commissione di Dodici riformatori provvide a rivedere gli statuti comunali. Né nel proemio di tali aggiunte, né in alcuna di esse, che anzi attestano la permanenza di tradizionali organismi comunali, si fa menzione al conferimento di titoli signorili. Appare dunque probabile che anche dal 1359 al 1364 il primato di N. e suo cugino, nonostante quanto diversamente affermato in alcuni studi, abbia conservato ampi connotati di informalità. Esso risedette piuttosto nella capacità di infiltrare propri fedeli e parenti nei principali collegi ed uffici pubblici come parzialmente dimostrato dalla presenza di un Del Pecora, in posizione preminente, tra gli stessi Dodici riformatori.
Le alleanze intessute da N. furono mutevoli nel tempo, corrispondendo, almeno in parte, all’ambiguo rapporto con il cugino Iacopo.
Fin tanto che i due si mantennero su posizioni di ostilità, precedentemente al 1355, l’appoggio fornito ad Iacopo dai Tarlati e dai Visconti indusse N. a ricercare il sostegno di Perugia, che, in più occasioni, gli garantì truppe ed armati.
Pacificatisi tra loro, i due cugini trovarono in Carlo IV l’autorità disposta a legittimare le loro aspirazioni tramite investitura vicariale. La fedeltà dei Del Pecora al sovrano non fu però priva di incrinature: obbligati a seguirlo nella sua marcia verso Roma, i due abbandonarono l’imperatore senza prendervi commiato dopo che N. fu convocato per rispondere ad alcune accuse mosse contro di lui.
Eclissatasi l'influenza di Carlo, N. tornò nuovamente ad appoggiarsi ai Perugini in funzione antisenese. Ma gli accordi siglati nell’ottobre 1358 tra Perugia e Siena, obbligandolo ad abbandonare Montepulciano, incrinarono la sua fiducia nel Comune umbro. Quando, assieme a suo cugino, nel maggio 1359, riuscì a rientrare, N. avviò una nuova politica di equidistanza tra Siena e Perugia.
Era sposato a donna Fiesca, figlia del marchese Morello Malaspina e di Alagia dei Fieschi.
A partire dalla primavera del 1355, forse su sollecitazione di N., i montepulcianesi provvidero ad irrobustire la cintura muraria del loro centro al fine di meglio difendersi dalla nuova imminente minaccia senese.
Ad una delle fasi di predominio di N. e Iacopo, nel 1361, risale la delibera del Consiglio Generale di completare l’edificazione della nuova chiesa di Santa Maria de’ Servi.
La complessità della parabola signorile di N., particolarmente discontinua e ripetutamente intervallata da esili ed espulsioni, trova spiegazioni nei numerosi antagonisti, interni ed esterni, che contesero al Del Pecora il controllo su Montepulciano. Tra gli antagonisti interni deve essere annoverato suo cugino Iacopo con il quale i rapporti, talvolta di aperta ostilità talvolta di instabile concordia, furono costantemente ambigui. Espulso nell’aprile 1352, Iacopo si rese responsabile di un tentato colpo di mano il 2 novembre successivo. Nonostante il concorso di Pier Saccone Tarlati e di armati provenienti dalle schiere di Giovanni Visconti, l’azione fallì miseramente per l’energica reazione di N. la cui repressione fu anzi violentissima: i partigiani di Iacopo, presi prigionieri, furono impiccati al pari del magistrato sopra la Guardia, riconosciuto responsabile di collusione con i fuoriusciti.
Per quanto tra i due cugini, a partire dal 1355, si instaurasse una sostanziale concordanza d’intenti che permetterà loro di esercitare congiuntamente il potere, ad un ulteriore complotto ordito da Iacopo (per il quale vedi infra Fine della signoria) si dovette la definitiva deposizione di N. nell’aprile 1354.
Tra le forze esterne che si opposero all’autorità di N. deve essere annoverato il Comune di Siena che, intenzionato a confermare una propria stringente tutela sul centro comitatino, ritenne le ambizioni egemoniche del Del Pecora in netto contrasto con i propri interessi.
Non troppo diversa fu la posizione di Perugia nei confronti di N.; per quanto quest’ultimo avesse individuato nel Comune umbro un possibile alleato contro i Senesi, anche i Perugini, in quelle occasioni in cui riuscirono ad imporre una propria superiore giurisdizione su Montepulciano, dimostrarono di non essere intenzionati a tutelare il predominio del Del Pecora.
Le opinioni espresse a riguardo della figura di N. nelle diverse cronache risentono fortemente dell’orientamento e dei natali dei loro autori, soprattutto allorché i giudizi si appuntano sui rapporti tra il signore di Montepulciano e le superiori dominanti Perugia e Siena. Così se il senese Donato di Neri accusa il Del Pecora d’essere persona infida e irrispettosa della naturale deferenza che il piccolo Comune avrebbe dovuto alla città della Balzana, Matteo Villani dichiara N. vittima delle astute macchinazioni dei Nove.
Donato di Neri: «Misser Niccolò da Montepulciano…scrisse una lettera fittizia al Comuno di Siena, come si teneano per lo Comuno di Siena e volevano essere sotto al Comuno di Siena: la qual cosa non era vero. Il messo, che recò la detta lettara a Siena, venne con festa e coll’ulivo in mano et in capo. E presentata a Signori Dodici, di subito conobbero che questo era fatto a fraude e non era vero. Ritennero il detto Messo e fero fare un paio di forche sul campo dalli Grittieri e ferovi impiccare il detto Messo coll’ulivo e colla detta lettara e stevvi impiccato più dì. Unde poi Montepulciano si de’ al Comuno di Perugia, e loro vi mandaro el Capitano e ‘l Podestà e fu questo di Giugno [1355]».
Così il Villani: «ci muove a ddire con vergogna, come reggendosi il Comune di Siena sotto il governamento occupato dall’ordine dei nove, ruppono la fede promessa a’ signori di Montepulciano … e per giustificarsi della corrotta fede, aggiungono una corrotta dannazione, mettendo il detto messer N. sanza colpa in bando per traditore, acciò che non paressono tenuti a darli VIm fiorini d’oro che promessi li aveano».
Nonostante che dal 1354 circa i due cugini avessero dimostrato una discreta unità d’intenti, sarebbe stata l’iniziativa di Iacopo a porre fine all’esperienza signorile di N.
Nell’aprile 1364, dopo un lustro durante il quale i due cugini avevano congiuntamente amministrato il potere, Iacopo, col concorso del cognato Giovanni d’Agnolino Salimbeni e di un gruppo di grandi fuoriusciti senesi, cacciò N. il quale «ridussesi a Perugia in assai debole stato». Iacopo, pare forse assieme allo stesso Salimbeni, continuò a governare il centro.
I tre più antichi registri di delibere oggi conservati presso l’Archivio Storico del Comune di Montepulciano risalgono al dodicennio interessato dall’esperienza di potere di N.; nondimeno le numerose lacune della serie riguardano proprio alcuni dei momenti in cui più cogente si fece il predominio del Del Pecora (ASCM, Deliberazioni, I-III). Le riforme statutarie del 1359 sono edite in I. Calabresi, Montepulciano nel Trecento, cit., pp. 191-215. Ulteriori attestazioni dell’operato di N. possono desumersi dalle pergamene della serie carte dei Crociferi di Firenze (ASFi, Dipl., Madonna de’ Ricci Crociferi, 2 maggio 1352, 21 aprile 1353, 2 maggio 1353, 13 settembre 1358). Matteo e Filippo Villani al pari di Donato di Nieri e Neri di Donato dedicano numerosi capitoli alle vicende montepulcianesi.
Fonti: S. Ammirato, Istorie fiorentine, IV, Firenze 1824, pp. 176, 184; Cronaca della città di Perugia dal 1309 al 1491 nota col nome di “Diario del Graziani”, a cura di A. Fabretti, «Archivio storico italiano», (1850) t. XVI, p. 1a, pp. 184-185, 190; Cronaca senese di Donato di Neri e di suo figlio Neri, in Cronache senesi, a cura di A. Lisini e F. Iacomennti, in RIS, XV, p. VI, Bologna 1931-39, p. 571-72, 581-82, 608; Matteo e Filippo Villani, Cronica, lib. III, x, xxxix, lxiv, lxxxviii; IV, l, lxxxv; V, xliv; IX, xxiv; XI, lxxvii a cura di G. Porta, Parma 2007.
Studi: R. Barducci, Del Pecora, Iacopo, (sub voce) in Dizionario Biografico degli Italiani, XXXVIII, Roma, Ist. Dell’Enciclopedia Italiana, 1990, pp. 215-21, S. Benci, Storia della città di Montepulciano, Firenze 1641 [rist. anast. 1968], pp. 39-51; I.Calabresi, Montepulciano nel Trecento. Contributi per la storia giuridica e istituzionale, Siena, Consorzio universitario della Toscana meridionale, 1987, ad indicem; P. Cammarosano – V. Passeri, Città borghi e castelli dell’area senese – grossetana. Repertorio delle strutture fortificate dal medioevo alla caduta della Repubblica senese, Siena, Amministrazione Provinciale di Siena, 1984, pp. 100-103; P. Pellini, Dell’historia di Perugia, Venezia, G. Hertz 1664 [rist. anast., 1968-70], pp. 974-979; E. Repetti, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, III, Firenze, 1839, pp. 460-472; G. Tommasi, Historie di Siena, II, Venezia 1626, pp. 319 e ss.; A. Verdiani Bandi, I castelli della Val d’Orcia e la Repubblica di Siena, Cantagalli, Siena, 1926 [rist. anast. 1984] p. 79.