di:
Alma Poloni
1240 circa-tra 1300 e 1306.
fine 1292-inizio 1295.
La famiglia della Bella può essere ascritta alla militia cittadina, al ceto cioè che dominò la società e la politica comunale in epoca consolare e podestarile. Il primo esponente noto di questo gruppo familiare è il giudice Ugo de Bella, attivo alla metà del secolo XII. I della Bella facevano parte della clientela episcopale. Un Ranieri della Bella fu console della città nel 1202, mentre un altro Ranieri compare tra i consoli dei mercanti nel 1192. Le prime attestazioni dirette dell’impegno della famiglia nel commercio internazionale non sono però anteriori ai primi anni ’60 del Duecento, quando la compagnia commerciale dei della Bella, della quale faceva parte anche Giano, risulta attiva in Francia. Intorno al 1280 Giano entrò a far parte della potente società di Chierico dei Pazzi, tra le principali compagnie che svolgevano servizi finanziari per la S. Sede. L’intenso impegno economico all’estero non consentiva probabilmente a Giano di dedicarsi alla vita politica cittadina: la prima e unica carica da lui ricoperta prima del 1293 fu il priorato nel 1289.
Nessuno.
Le accese discussioni sorte all’interno del consiglio convocato dal capitano del «popolo» nel novembre del 1292 per stabilire le procedure di elezione dei priori del bimestre successivo attestano che in città si stava formando un movimento d’opinione favorevole a un ruolo più significativo delle Arti nella selezione del vertice istituzionale, e alla riduzione degli spazi politici ancora concessi alle famiglie potenti, sia quelle di origine aristocratica sia quelle che, anche se di origine popolare, erano ad esse assimilabili per stile di vita e risorse economiche e relazionali. Questa impressione è del resto confermata da tutte le cronache fiorentine che dedicano attenzione agli avvenimenti di quegli anni. Secondo i cronisti, Giano fu tra coloro che si spesero maggiormente per il prevalere di questa linea politica. Il 18 gennaio 1293 i priori eletti con la procedura stabilita dal consiglio di novembre, che prevedeva un ruolo di primo piano delle Arti, promulgarono gli Ordinamenti di giustizia. I priori responsabili degli Ordinamenti non erano uomini nuovi, ma provenivano quasi tutti da famiglie dell’élite popolare: è evidente quindi che in città, e di conseguenza nei consigli, si era delineato uno schieramento trasversale favorevole alla svolta. È assai significativo che tra i priori entrati in carica il 15 febbraio, e dunque eletti pochi giorni dopo la pubblicazione degli Ordinamenti, compaia, per la prima e unica volta, anche Giano, una circostanza che può essere interpretata come un riconoscimento del suo ruolo fondamentale nell’aggregare consenso intorno al progetto politico espresso nella nuova legislazione. Fu dunque questo ruolo che assicurò al della Bella un forte ascendente politico nel biennio successivo.
L’influenza di Giano non ebbe alcun riconoscimento formale.
Il priorato delle Arti, istituito nel 1282, rappresentava l’organo di vertice del comune fiorentino. I priori erano sei, uno per ogni sesto cittadino, e rimanevano in carica due mesi. Gli Ordinamenti di giustizia del 1293 aggiunsero anche un Gonfaloniere di giustizia, un popolare che condivideva le funzioni degli altri sei priori, ed era nominato insieme ad essi, ma è stato definito il «braccio armato dei priori», perché era posto a capo di una milizia di mille pedites popolari che poteva mobilitare in caso di tumulti e sollevazioni.
Il sistema istituzionale fiorentino prevedeva poi due poli consiliari: i consigli speciale e generale del capitano, presieduti dal capitano del «popolo», e i consigli speciale e generale del podestà, presieduti dal podestà. Tutti i consiglieri erano nominati dai priori affiancati da un certo numero di «arroti» reclutati per sesto. Nel 1289 era stato istituito un altro consiglio, il consiglio dei cento, che già dagli anni ’90 acquisì un ruolo centrale, poiché sottoponeva a preventiva valutazione e discussione quasi tutte le proposte dei priori e le questioni politiche di varia natura prima che esse passassero attraverso la trafila degli altri consigli.
Giano ricoprì pochissimi incarichi istituzionali. Egli fu priore solo una volta, regolarmente eletto per il bimestre 15 febbraio-15 aprile 1293 (vedi voce Modalità di accesso al potere). Alla fine del 1294 fu incluso in una commissione di quattordici popolari nominata per procedere a una revisione complessiva degli statuti cittadini. Tuttavia, il biennio nel quale egli esercitò un’egemonia sulla politica fiorentina fu fortemente caratterizzato dall’ampia partecipazione al priorato di «uomini nuovi» e in generale di personaggi, provenienti dal ceto medio mercantile o dalle Arti, privi o quasi di esperienza politica. Giano non aveva strumenti istituzionali per condizionare le elezioni dei priori; questo rinnovamento, dunque, fu legato al particolare clima politico che si era instaurato in città, grazie anche alla forte influenza del della Bella, un clima favorevole a una partecipazione più ampia delle corporazioni alla selezione del vertice istituzionale del comune. Bisogna anche aggiungere che gli Ordinamenti di giustizia, che furono resi possibili dalla capacità di Giano di creare consenso, erano destinati a condizionare in profondità la vita politica fiorentina per tutto il Trecento.
Giano fu podestà di Pistoia nel primo semestre del 1294. Egli fu designato dal comune di Firenze, a cui spettava la nomina: si tratta dunque di un’altra conferma della sua influenza politica in quegli anni.
Giano era alla guida di un fronte composito, formato dagli artigiani e dai ceti medio-bassi (il cosiddetto «popolo minuto»), da mercanti di minore visibilità politica, fino a quel momento assenti o quasi dal priorato, ma anche da alcune tra le più influenti famiglie dell’élite priorale, quali Altoviti, Becchenugi, Falconieri, Girolami, Giugni, Magalotti, Peruzzi, Ruffoli. I principali oppositori del progetto politico del della Bella furono certamente le casate che con gli Ordinamenti di giustizia 1293 vennero inserite nella lista dei magnates – «grandi» in volgare –, e di fatto emarginate dai centri decisionali. Ambiguo fu invece il ruolo di famiglie mercantili in ascesa come gli Acciaioli, gli Alberti, gli Strozzi, gli Albizi, che non si schierarono apertamente a favore o contro Giano, ma furono tra coloro che più beneficiarono, dopo la fine del biennio ultrapopolare, degli spazi aperti dall’esclusione dei grandi – e in particolare delle più potenti famiglie di mercanti-banchieri – dalla competizione politica. Lo schieramento che sosteneva Giano cominciò a disgregarsi a causa della presa di distanza, da parte delle principali famiglie mercantili che l’avevano appoggiato, dal progressivo radicalizzarsi della politica da lui promossa.
Dino Compagni visse in prima persona le vicende politiche degli anni ’90 del Duecento, e fu anzi tra i più attivi sostenitori di Giano, del quale dà un giudizio largamente positivo:
- «Ritornati i cittadini in Firenze, si resse il popolo alquanti anni in grande e potente stato; ma i nobili e grandi cittadini insuperbiti faceano molte ingiurie a’ popolani, con batterli e con altre villanie. Onde molti buoni cittadini popolani e mercatanti, tra’ quali fu un grande e potente cittadino (savio, valente e buono uomo, chiamato Giano della Bella, assai animoso e di buona stirpe, a cui discpiaceano queste ingiurie) se ne fe’ capo e guida, e con l’aiuto del popolo, ….e co’ suoi compagni, afforzorono il popolo» (D. Compagni, Cronica, I, 11).
- (Narrando dello scontento suscitato presso i grandi, e non solo, dalle disposizioni degli Ordinamenti di giustizia): «Giano della Bella sopradetto, uomo virile e di grande animo, era tanto ardito che lui difendeva quelle cose che altri abbandonava, e parlava quelle che altri tacea; e tutto facea in favore della giustizia contro a’ colpevoli: e tanto era temuto da’ rettori, che temeano di nascondere i malìfici. I grandi cominciorono a parlare contro a lui, minacciandolo che non per giustizia ma per fare morire i suoi nimici il facea, abbominando lui e le leggi: e dove si trovavano, minacciavano squartare i popolani che reggeano» (Ibidem, I, 12).
- (I grandi congiurano per uccidere Giano): «Molti ordini dierono per uccidere il detto Giano, dicendo: “Percosso il pastore, fiano disperse le pecore”» (Ibidem, I, 13).
- (Viene scoperta una congiura ordita contro Giano da alcuni esponenti dell’élite popolare): «I non colpevoli voleano esaminare i fatti, saviamente; ma Giano, più ardito che savio, gli minacciò farli morire» (Ibidem, I, 14).
- «Scacciato Giano della Bella a dì V di marzo 1294 [1295] e rubata la casa e meza disfatta, il popolo minuto perdè ogni rigoglio e vigore, per non avere capo; né a niente si mossono» (Ibidem, I, 17).
Anche gli altri cronisti fiorentini danno del della Bella un’immagine globalmente positiva:
- «..e massimamente i nobili detti grandi e possenti, contra i popolani e impotenti, così in contado come in città faceano forze e violenze nelle persone e ne’ beni altrui, occupando. Per la qual cosa certi buoni uomini mercatanti e artefici di Firenze che voleano bene vivere si pensarono di mettere rimedio alla detta pestilenzia; e di ciò fu de’ caporali intra gli altri uno valente uomo, antico e nobile popolano, e ricco e possente, ch’avea nome Giano della Bella, del popolo di San Martino, con séguito e consiglio d’altri savi e possenti popolari» (G, Villani, IX, 1).
- (Narrando la fine dell’esperienza di Giano): «ma Giano che era uno savio uomo, se non ch’era alquanto presuntuoso, veggendosi tradito e ingannato da coloro medesimi ch’erano stati co llui affare il popolo, e veggendo che lla loro forza con quella de’ grandi era molto possente, e già raunati a casa i priori armati, non si volle mettere alla ventura della battaglia cittadinesca, e per non guastare la terra, e per tema di sua persona non volle ire dinanzi, ma cessossi, e partì di Firenze a dì V di marzo…; onde di lui fu grande danno alla nostra cittade, e massimamente al popolo, però ch’egli era il più leale e diritto popolano e amatore del bene comune che uomo di Firenze, e quegli che mettea in Comune e non ne traea. Era presuntuoso e volea le sue vendette fare, e fecene alcuna contra gli Abati suoi viicni col braccio del Comune, e forse per gli detti peccati fu, per le sue medesime leggi fatte, a torto e sanza colpa da’ non giusti giudicato….Di questa novitade ebbe grande turbazione e mutazione il popolo e la cittade di Firenze, e d’allora innanzi gli artefici e’ popolani minuti poco podere ebbono in Comune, ma rimase al governo de’ popolani grassi e possenti» (Ibidem, IX, 8).
- (Parlando di Giano): «uomo di consiglio e leale al suo Comune e franco…lo maggiore cittadino di Firenze sì per senno e per virtù» (Marchionne di Coppo Stefani, Cronaca fiorentina, p. 72).
In due deposizioni testimoniali risalenti al 1318 (citate da G. Pinto, voce del DBI, vedi bibliografia), gli anni 1293-94 vengono definiti come «tempus quo Iannes de la Bella habebatur pro quasi domino civitatis Florentie et de factis communis faciebat communiter quod volebat»; «Gianus de la Bella erat in dominio vel quasi civitatis Florentie cum sequacibus suis».
Il clima politico cominciò a cambiare a sfavore di Giano negli ultimi mesi del 1294. La decisione di procedere a una riforma complessiva degli statuti cittadini, ma soprattutto il progetto di colpire la Parte Guelfa, roccaforte dei magnates, togliendo ad essa la personalità giuridica e gli ingenti beni mobili di cui essa disponeva, provocarono una ricompattazione del fronte prima sfilacciato dei grandi, e l’allontanamento dal della Bella delle principali famiglie dell’élite popolare che lo avevano sostenuto. Lo schieramento contrario a Giano si impegnò in una vera e propria opera di propaganda contro di lui. Nel gennaio del 1295 scoppiò un tumulto popolare causato dall’assoluzione, da parte del podestà, di Corso Donati, uno dei grandi più riottosi, che era stato accusato di avere ucciso un uomo durante una zuffa tra il Donati stesso e un suo consorte, con i relativi fideles. Giano non riuscì a controllare la rivolta, che anzi si ritorse anche contro di lui. Il mese successivo un collegio priorale ormai ostile al della Bella lo accusò formalmente di avere causato la sollevazione popolare. Per precauzione, e, secondo Villani, anche per non creare ulteriori disordini, Giano abbandonò Firenze, sperando che la benevolenza del popolo gli avrebbe consentito di rientrare presto in città. In realtà non poté più tornare, e morì probabilmente in Francia, dove era tornato a occuparsi di attività mercantili.
La fonte principale per l’inquadramento delle vicende politiche è costituita dai verbali dei consigli cittadini, pubblicati, per gli anni che ci interessano, da A. Gherardi (vedi Bibliografia). Essi vanno integrati con i registri, inediti per questa fase, delle Provvisioni, conservati presso l’Archivio di Stato di Firenze. Molto ricca è poi la documentazione privata dell’Archivio, in particolare le pergamene dei fondi del Diplomatico e le imbreviature del Notarile Antecosimiano. Il Diplomatico è in gran parte consultabile on line dal sito dell’Archivio di Stato di Firenze.
Fonti: Le Consulte della Repubblica fiorentina dall’anno MCCLXXX al MCCXCVIII, a cura di A. Gherardi, 2 voll., Firenze 1896-1898; R. Davidsohn, Forschungen zur Geschichte von Florenz, III, Berlin 1898, IV, Berlin 1908; Marchionne di Coppo Stefani, Cronaca fiorentina, a cura di N. Rodolico, in RIS2, XXX, 1, Città di Castello, 1903; Pseudo-Brunetto Latini, Cronica fiorentina compilata nel secolo XIII, in P. Villari, I primi due secoli della storia di Firenze, Firenze s.d.; G. Villani, Nuova cronica, edizione critica a cura di G. Porta, 3 voll., Prma 1990-1991; D. Compagni, Cronica, edizione critica a cura di D. Cappi, Roma 2000
Studi: G. Salvemini, Magnati e popolani in Firenze dal 1280 al 1295, a cura di E. Sestan, Torino 1960; N. Ottokar, Il Comune di Firenze alla fine del Dugento, a cura di E. Sestan, Torino 1962; R. Davidsohn, Storia di Firenze, 8 voll., Firenze 1956-1968; M. B. Becker, A Study in Political Failure: The Florentine Magnates (1280-1343), in «Medieval Studies», XXVII (1965); S. Raveggi-M. Tarassi-D. Medici -P. Parenti, Ghibellini, guelfi e popolo grasso. I detentori del potere politico a Firenze nella seconda metà del Dugento, Firenze 1978; G. Pinto, voce Giano Della Bella, in DBI; J. M. Najemi, Corporatism and Consensus in Florentine Electoral Politics, 1280-1400, Chapel Hill 1982; P. Gualtieri, Il Comune di Firenze tra Due e Trecento: partecipazione politica e assetto istituzionale, Firenze 2009; E. Faini, Firenze nell’età romanica (1000-1211). L’espansione urbana, lo sviluppo istituzionale, il rapporto con il territorio, Firenze 2010; S. Diacciati, Popolani e magnati. Società e politica nella Firenze del Duecento, Spoleto 2011