Gherardesca, Bonifazio detto “Fazio” della


di:
Estremi anagrafici:

1305 circa-1340



Durata cronologica della dominazione:

Pisa: 1329-1340



Espansione territoriale della dominazione:
Origine e profilo della famiglia:

Vedi scheda famigliare. Bonifazio era figlio del conte Gherardo, signore della città tra il 1316 e il 1320.


Titoli formali:

Capitaneus mansnade generalis ab equo et pede pisani comunis/capitaneus generalis masnade et custodie pisane civitatis et comitatus, 8 luglio 1336-1340.


Modalità di accesso al potere:

Alla morte di Ranieri di Donoratico, nel 1325, nessun familiare, tanto meno Bonifazio, allora molto giovane, ne raccolse l’eredità politica. Fino al 1327, Fazio compare nelle fonti insieme al suo tutore Tinuccio della Rocca, antico sodale del padre e del prozio. La prima attestazione di un ruolo autonomo e indipendente in politica risale a quell’anno. Secondo i cronisti egli fece parte del gruppo di cives eminenti che si oppose all’entrata in città di Ludovico il Bavaro.

Ai fini della conoscenza delle modalità di accesso al potere, la testimonianza più decisiva risale al 1329. il 17 giugno la popolazione pisana cacciò il vicario imperiale Tarlato dei Tarlati di Arezzo, che da qualche mese reggeva Pisa per conto di Ludovico il Bavaro, insignorito della città nel 1328 . A capo dei rivoltosi, per lo più populares, secondo le cronache c’era proprio Bonifazio della Gherardesca, spalleggiato da un altro esponente della nobiltà locale, Ceo Gualdandi del ramo dei Maccaione.

Le cronache affermano che all’indomani della rivolta, Fazio sarebbe stato insignito del titolo formale di dominus cittadino, quale ricompensa per il contributo offerto nella cacciata del Tarlati. In realtà, fino al dicembre del 1335 Bonifazio non si fregiò di alcun titolo. Tra il 1329 e il 1335 egli, come già il padre Gherardo, partecipò alla vita politica locale attraverso una continua presenza nelle commissioni dei sapientes. La formalizzazione della preminenza politica mediante l’elezione a un officium arrivò soltanto dopo le novitates del 10 e 11 novembre 1335, ovvero la congiura ordita proprio da Ceo Maccaione dei Gualandi (cfr. Consenso e dissensi). Dall’8 luglio 1336 Bonifazio compare nelle fonti come capitaneus mansnade generalis ab equo et pede pisani comunis o capitaneus generalis masnade et custodie pisane civitatis et comitatus.

Per l’ascesa della famiglia ai vertici della vita politica pisana cfr. scheda famiglia Della Gherardesca.


Legittimazioni:

Bonifazio compare nella rubrica, intitolata «Dei signori conti da Donnoratico», inserita nel Breve del «popolo», nel febbraio del 1323, per volontà del prozio Ranieri. A fronte della legittimità che gli derivava per via famigliare, nella quale un ruolo importante ebbe il ricordo del padre («et messer Fasio conte in qua dirieto della buona memoria di messer Gherardo conte da Donnoratico»), Bonifazio ottenne legittimazioni dal basso, attraverso la quotidiana attività politica a favore del «popolo». Questo, almeno fino al 1335, anno in cui, come detto, egli iniziò a ricoprire una carica istituzionale. Nel luglio del 1339, infine, Bonifazio fu investito della facoltà di nominare gli ufficiale forestieri, fatta eccezione per il podestà e il capitano del «popolo», oltre ad altri ufficiali pisani. Il potere di Bonifazio fu sempre bilanciato da quelli delle altre magistrature comunali, Anziani e sapientes per primi, le quali, anche nelle procedure di elezione dei magistrati, si riservarono ampi margini di intervento.


Caratteristiche del sistema di governo:

Il principale mutamento nel sistema di governo pisano che registriamo negli anni di dominio di Bonifazio, è la centralità assunta da cancelliere degli Anziani (cfr. Principali risorse documentarie). È da segnalare, inoltre, il ruolo di primo piano che recuperarono le commissioni di sapientes, dopo che negli anni di governo di Ranieri, Anziani e priores erano stati i principali interlocutori dell’allora defensor populi. Infatti, anche Bonifazio, come già il padre, partecipò assiduamente alla vita delle commissioni, almeno fino a tutto il 1335. In quegli anni esse divennero così la principale arena istituzionale nella quale si confrontarono i sostenitori del conte e i suoi antagonisti, che erano capeggiati da Ceo Maccaione dei Gualandi (cfr. Consenso e dissensi). Come detto, infine, dal 1339 Fazio iniziò a partecipare alla nomina di numerosi ufficiali comunali, forestieri e cittadini.


Sistemi di alleanza:

Negli anni di Bonifazio di Donoratico il Comune di Pisa proseguì nella politica di non belligeranza con le realtà vicine. L’unica eccezione a tale linea fu la guerra che vide contrapposta la città tirrenica a Siena per il controllo di Massa Marittima tra il 1333 e il 1335. A partire dal 1335 fu inaugurata una fase di rapporti amichevoli con Mastino della Scala, allora signore di Lucca. Nello stesso anno furono stretti legami di alleanza con Genova. Il riavvicinamento all’antica rivale culminò nel 1337 con il matrimonio tra Bonifazio e Contelda, figlia di Corradino Spinola, e con la stipula di un trattato per una comune difesa dai pirati, nel 1340.

Quelle con Contelda furono le seconde nozze di Bonifazio. In precedenza egli aveva sposato Bertecca, figlia di Castruccio Castracani. Alla morte di Contelda il conte contrasse una terzo matrimonio e sposò Isabella, figlia di Iacopo Savelli.


Cariche politiche ricoperte in altre citt?:

Legami e controllo degli enti ecclesiastici, devozioni, culti religiosi:

Nel 1330 Bonifazio ottenne da Giovanni XXII il permesso di far sopprimere la canonica di San Martino, nel quartiere di Kinzica, per istituirvi un monastero di Clarisse con annesso convento di Frati minori al loro servizio. La scelta in favore dei Mendicanti, già espressa dal padre che si era fatto tumulare nella chiesa di San Francesco, venne ribadita nel 1337 quando, nel proprio testamento, Bonifazio espresse la volontà di essere sepolto presso la chiesa dei Francescani.


Politica urbanistica e monumentale:

Tradizionalmente il nome di Bonifazio è accostato ad alcune iniziative edilizie sia in città - come l’erezione della torre Vittoriosa, a settentrione del ponte della Spina, sull’Arno, e il rafforzamento delle difese cittadine -, sia nel contado, sempre nell’ambito del rafforzamento delle strutture di difesa e in quello della viabilità, con la costruzione di un ponte sul fiume Cecina. Alla testata di quest’ultimo, furono impresse le armi del Comune oltre quelle dei Donoratico, a riprova e testimonianza del ruolo svolto dalla famiglia in città. Tuttavia, non abbiamo prove documentarie che dimostrino che almeno una di queste iniziative sia stata avviata per espressa volontà del conte. La documentazione pubblica, infatti, in seguito alla riforma dell’agosto 1317 non consente di sapere quale fu il contegno che Bonifazio adottò in merito. È dunque più opportuno affermare che tutte queste iniziative furono fatte “al tempo della dominazione di Bonifazio di Donoratico”.

Più certe sembrano essere le notizie riguardanti la costruzione di un sepolcro monumentale, presso la chiesa di San Francesco, che accolse le spoglie di Bonifazio stesso, del padre Gherardo e del prozio Ranieri. Esso sarebbe stato completato intorno agli anni 1336 1337.


Politica culturale:

La figura di Bonifazio è legata alle trattative avviate dal Comune nel 1338, per aprire lo studium in città. Tuttavia, come per le opere pubbliche, non disponiamo di testimonianze documentarie certe che chiariscano quale ruolo il conte svolse in tale vicenda.


Consenso e dissensi:

Come per il padre Gherardo e il prozio Ranieri, il principale sostegno di  Bonifazio fu il «popolo», soprattutto i suoi vertici, in particolare le più importanti famiglie di mercatores, Gambacorta, Bonconti, Agliata. Fino al 1335 il principale antagonista del conte sulla scena politica fu Ceo Maccaione dei Gualandi, colui il quale aveva guidato insieme a Fazio la rivolta che, nel giugno del 1329, aveva portato alla cacciata da Pisa del vicario imperiale Tarlato dei Tarlati di Arezzo. Tra il 1329 e il 1336 Fazio e Ceo parteciparono a quasi tutte le riunioni dei sapientes dei quali ci è giunta traccia. Il secondo, tuttavia, coagulò intorno a sé i principali esponenti dell’aristocrazia cittadina, Lanfranchi, Sismondi, nonché alcuni personaggi di spicco del «popolo». L’11 novembre del 1335 le tensioni tra i gruppi capeggiati da Fazio e Ceo, le quali fino ad allora si erano scaricate all’interno delle commissioni di Savi, sfociarono in uno scontro per le vie della città. Nelle fila dei Gualandi figuravano numerosi esponenti della chiesa cittadina, in particolare diversi membri del Capitolo, istituzione ecclesiastica totalmente al di fuori del controllo dei populares e dei Donoratico, ma vera e propria cittadella dell’aristocrazia urbana. Gli scontri si protrassero fino al giorno seguente, 12 novembre, al termine dei quali Bonifazio e i suoi sostenitori ebbero la meglio e la maggior parte dei suoi oppositori fu costretta ad abbandonare la città. Le tensioni con i Gualandi non furono le uniche che caratterizzarono il periodo 1329-1335. Infatti almeno due congiure furono ordite ai danni del Donoratico nel 1330 e nel 1332: in entrambi i casi a capeggiarle furono altri due esponenti della nobiltà cittadina, rispettivamente Gherardo di Pellaio dei Lanfranchi e Gherardo Orlandi, già vescovo di Aleria in Corsica.


Giudizi dei contemporanei:

Due testimonianze contenute rispettivamente nella Cronica di Pisa e in quella di Ranieri Sardo meritano particolare attenzione. Nella prima, p. 105 si celebra la figura del conte al momento della sua scomparsa, avvenuta nel 1340. Vi si legge tra l’altro che in seguito a una carestia morirono numerosi giovani, «Inella quale mortalità [...] moritte lo ditto conte Fasio, nella chui morte me menòePisa grande duolo e quazi tutta Toschana [...]. E doveane ben pianggiere e duolere bene ogni persona che, al parere d’ognuno, elli ebbe ogni bontà senssa achuna macula, cioè al reggimento di Pisa, però che tutto lo tenpo che elli fu signore a nessuno cittadino era fatto in Comuno nessuna ingiuria, e ogn’omo potea fare bene che volea senssa aver paura di niuno cittadino o di neuno signore di Pisa. Elli si faciea ben volere a ogni persona e ciaschuno era ben veduto da lui, come se elli fusse stato suo figliuolo non come a signore ma come se fusse padre di ciaschuno. E non solamente alli suoi pisani, ma si alli forestieri e a tutti li toschani si brigava di compiaciere e di servire. E grande pacie e concordia ebbe con tutti li suoi vicini di tutta Toschana, e dimolta moneta avansò lo Comune di Pisa inffine che durò la sua signoria».

La seconda testimonianza, contenuta come detto nella cronaca scritta da Ranieri Sardo, p. 204, risale al momento dell’elezione di Pietro Gambacorta a signore di Pisa, nel 1370. In tale circostanza Pietro avrebbe rifiutato il titolo di dominus, accettando invece quello di «chapitano di ghuerra et difenzore del popolo chon quello uficio et salario chome aveva lo chonte Facio», a indicare un particolare modello di dominio signorile, al quale il Gambacorta intendeva evidentemente rifarsi.


Fine della dominazione:

Morte, 22 dicembre 1340.


Principali risorse documentarie:

Nel giugno del 1329, all’indomani della cacciata di Tarlato dei Tarlati, il responsabile della cancelleria degli Anziani divenne lo strumento principale del quale Bonifazio di Donoratico si servì per controllare la vita politica cittadina. Il notaio Michele di Lante da Vico si insediò proprio nel giugno del 1329 e rimase in carica fino al 1346, dunque ben oltre la morte di Fazio, avvenuta nel 1340. La sua lunga carriera rappresentò agli occhi dei contemporanei il simbolo più evidente del potere esercitato dai Donoratico in città. La permanenza di Michele ai vertici della cancelleria degli Anziani non si tradusse in alcun mutamento formale in senso signorile dei documenti pubblici. La cancelleria degli Anziani continuò a produrre tipologie documentarie che mantennero tutti i caratteri formali della documentazione notarile comunale. Non è perciò sul piano strettamente diplomatistico che deve essere valutata l’importanza del rapporto tra Bonifazio e il cancelliere degli Anziani. La particolare fisionomia istituzionale di quest’ultimo assicurava, invece, al conte un controllo costante e continuo sui diversi ambiti, quelli amministrativi e quelli eminentemente politici, della attività di governo pisana.

Archivio di Stato di Pisa, Comune, Divisione A, nn. 51-53, 74, 97-106, 197, 204-206; Ibidem, Dipl. Cappelli 1332 luglio 7; Ibidem, Dipl. Primaziale, 1337 gennaio 30, 1339 febbraio 1, 1339 ottobre 19.


Bibliografia delle edizioni di fonti e degli studi:

Fonti: Statuti inediti della città di Pisa dal XII al XIV secolo, a c. di F. Bonaini, 3 voll. ,

Firenze 1854.-1870; Ranieri Sardo, Cronaca di Pisa, a c. di O. Banti, Roma 1963; G. Villani, Nuova cronica, edizione critica a cura di G. Porta, 3 voll., Prma 1990-1991; I Brevi del Comune e del Popolo di Pisa dell’anno 1287, a c. di A. Ghignoli, Roma 1998 (Fonti per la storia dell’Italia medievale, Antiquitates, 11); Cronica di Pisa. Dal ms. Roncioni 338 dell’Archivio di Stato di Pisa. Edizione e commento, a cura di C. Iannella, Roma 2005 (Fonti per la storia dell’Italia medievale, Antiquitates, 22).

Studi: G. Rossi Sabatini, Pisa al tempo dei Donoratico (1316-1347). Studio sulla crisi costituzionale del Comune, Firenze 1938; E. Cristiani, Nobiltà e popolo nel Comune di Pisa. Dalle origini del podestariato dalla signoria dei Donoratico, Napoli, 1962; M. Ronzani, Famiglie nobili e famiglie di «popolo» nella lotta per l’egemonia sulla chiesa cittadina a Pisa fra Due e Trecento, in I Ceti dirigenti nella Toscana tardo comunale. Atti del III convegno di studi sulla storia dei ceti dirigenti in Toscana, 1983, pp. 117-132; M. L. Ceccarelli, Della Gherardesca Bonifazio, in Dizionario Biografico degli italiani, vol. XXXVII; Ead., Nobiltà territoriale e Comune: i conti della Gherardesca e la città di Pisa (secoli XI-XIII), in, Medioevo pisano. Chiesa, famiglie, territorio, Pisa 2005, pp. 163-258, (già in Progetti e dinamiche nella società comunale italiana, a. c. di R. Bordone, G. Sergi, Napoli 1995, pp. 31-100; Il sepolcro della Gherardesca. Ricostruzione per anastilosi mediante grafica tridimensionale, a cura di M. Burresi, Pisa 1996; M. Tangheroni, Politica, commercio e agricoltura a Pisa nel Trecento, Pisa 2002, (1ª ed. 1973); A. Poloni, Trasformazioni della società e mutamenti delle forme politiche in un Comune italiano: il Popolo a Pisa (1220-1330), Pisa 2004; G. Ciccaglioni, Conservator boni et pacifici status. Alcune osservazioni sugli equilibri politico istituzionali a Pisa nel Trecento, in C. Iannella (ed.). Per Marco Tangheroni. Studi su Pisa e sul Mediterraneo medievale offerti dai suoi ultimi allievi. Pisa 2005.


Apporti nuovi di conoscenza:

Note eventuali: