di:
Francesco Bianchi
1332?-1359
1351-1359
Vedi scheda famiglia della Scala. La città capitale è Verona.
Vedi scheda famiglia della Scala. Cangrande (II) era figlio primogenito di Mastino (II) della Scala e Taddea da Carrara, nonché fratello maggiore di Cansignorio e Paolo Alboino. È indicato come secondo signore della casata con questo nome, condiviso con il quarto dominus scaligero di Verona.
Nei diplomi prodotti dalla cancelleria scaligera Cangrande (II) e i fratelli sono definiti capitanei et domini generales di Verona e Vicenza.
Nel giugno 1351 Alberto (II), rimasto unico dominus generalis di Verona e Vicenza dopo il decesso di Mastino (II), autorizzò le autorità municipali di Verona a trasmettere l’arbitrium in solido ai figli del fratello: Cangrande (II), Cansignorio e Paolo Alboino.
Nel 1351, il riconoscimento dell’arbitrium ai figli di Mastino (II), in pleno et generali maiori consilio civitatis Verone, fu solo una formalità, che ripercorse le procedure già seguite nel 1329, all’indomani della morte di Cangrande.
Quantunque la successione ad Alberto (II) non avesse stabilito una gerarchia di rapporti tra i figli di Mastino (II), inizialmente fu Cangrande (II) a esercitare il potere effettivo, dal momento che i fratelli erano ancora fanciulli. Dopo il fallito colpo di Stato del 1354, pianificato da Fregnano della Scala, la politica di Cangrande (II) subì una svolta significativa. Il Consiglio dei gastaldioni e delle arti, ereditato dal regime di Popolo, fu sostituito con una più ristretta assemblea, composta da dodici sapientes ad utilia e dodici tra anziani e gastaldioni. In questi stessi anni la “fattoria” scaligera andò accentuando il proprio carattere di istituzione pubblica (non più solo privata), ai danni delle magistrature comunali preposte al prelievo fiscale, e si intensificarono anche gli interventi legislativi imposti direttamente dal signore sugli statuti delle corporazioni. Sempre in questo scorcio di tempo aumentò la presenza dei giuristi e milites vicentini negli organi amministrativi dello Stato scaligero, che evidentemente stava cercando un nuovo assetto dopo il ridimensionamento dei propri confini.
Le cronache coeve attribuiscono a Cangrande (II) una dura politica di riscossione fiscale nell’intervallo 1356-1359, con l’intento di assicurare ai figli illegittimi − Tebaldo, Fregnanino e Guglielmo − una cospicua eredità, in assenza di prole legittima. A partire dal 1355 i procuratori del signore scaligero depositarono ingenti somme di denaro a Venezia, presso il Fondaco del frumento e i Procuratori di San Marco, per un gruzzolo complessivo di quasi 200.000 ducati, che Cangrande (II) destinò a favore di Tebaldo e Fregnanino, mentre a Guglielmo furono assegnati 60.000 ducati custoditi nel castello di Peschiera, come stabilito dal testamento del 1359.
Le relazioni politiche costruite da Cangrande (II) furono condizionate da vari fattori, come i legami di parentela con i Wittelsbach, la crescente potenza dei Visconti e soprattutto l’eredità politica lasciata dal padre Mastino (II), a partire dai complessi rapporti con il papato. Nel 1353, dopo la conquista milanese di Genova, Cangrande (II) aderì alla lega antiviscontea che coalizzava, oltre agli Scaligeri, Venezia, gli Estensi, i da Carrara, i Manfredi e, in seconda battuta, anche i Gonzaga, i cui rapporti con la signoria veronese rimasero comunque tesi, a causa del loro coinvolgimento nella cospirazione di Fregnano della Scala.
Proprio il tentativo di golpe del 1354 inibì ogni successiva iniziativa diplomatica e militare di largo respiro, e Cangrande (II) finì per ripiegare su posizioni sostanzialmente neutrali, se si esclude qualche raro episodio, come l’intervento a favore di Sicco da Caldonazzo contro i castelli padovani in Valsugana e gli aiuti prestati a Bernabò Visconti durante l’assedio di Bologna.
Al matrimonio di Cangrande (II) con Elisabetta, figlia di Ludovico il Bavaro, celebrato nel 1350, fecero seguito assidue frequentazioni con la potente casata dei Wittelsbach, compresa la partecipazione alle curie e ai tornei che i marchesi di Brandeburgo organizzavano a Trento, tutti episodi che confermano la propensione degli Scaligeri a conservare buoni rapporti con il mondo germanico. L’unione con Elisabetta, tuttavia, fu sterile.
Con il testamento del 1359 Cangrande (II) dispose generosi legati a favore dei cinque conventi mendicanti di Verona, di quattro monasteri benedettini, della chiesa di famiglia (Santa Maria Antica) e delle chiese da lui fondate, cioè San Dionisio e Santa Maria della Vittoria, quest’ultima edificata per ricordare la repressione del complotto ordito da Fregnano della Scala nel 1354.
Anche la politica monumentale di Cangrande (II) risentì della conseguenze provocate dai moti del 1354, in seguito ai quali fu avviata la costruzione del castello e del ponte di San Martino Aquaro (l’attuale Castelvecchio), che segnò un momento di rottura importante − non solo urbanistico ma anche simbolico − del tradizionale legame tra la dinastia e la società di Verona, perché per la prima volta isolò dagli altri importanti edifici della città la dimora del signore, precedentemente collocata negli antichi palazzi scaligeri di Santa Maria Antica.
La signoria di Cangrande (II) fu turbata da un tentativo di colpo di Stato, pianificato dal miles Fregnano della Scala, figlio illegittimo di Mastino (II), che trovò il sostegno di alcuni funzionari della corte scaligera e importanti famiglie dell’aristocrazia veronese, presso cui serpeggiava un diffuso malcontento. Il complotto poté contare anche sull’appoggio esterno dei Gonzaga e forse dei Visconti. Nel febbraio 1354, mentre Cangrande si trovava fuori città insieme al fratello Cansignorio, Fregnano prese il potere a Verona, ma subì la rapida e violenta reazione del legittimo signore, che attaccò la propria città, infliggendo al traditore la sconfitta e la morte.
Cangrande (II) è ricordato dalle fonti coeve soprattutto per la sua reazione alla congiura del 1354, che lo spinse a un’involuzione politica segnata da timori e sospetti, al punto da meritarsi l’appellativo di Can rabioxo.
Fu assassinato il 14 dicembre 1359, a Verona, per mano del fratello Cansignorio.
Vedi scheda famiglia della Scala.
Per un primo approccio si rimanda alla voce Della Scala, Cangrande, a cura di G. M. Varanini, in DBI, 37 (1989), pp. 406-411 (con dettagliato elenco delle fonti e della bibliografia di riferimento). Vedi poi la bibliografia generale sotto la scheda dedicata alla famiglia della Scala.