di:
Gabriele Taddei
…-1215.
Vedi scheda famigliare.
Vedi scheda famigliare.
Nelle città dell’Italia nordorientale, come già sua padre Azzo, anche A. non poté vantare altri titoli che quelli derivanti dagli uffici comunali che rivestì. Del resto nonostante A. avesse ereditato dal padre una posizione politica di fattiva e sostanziale alleanza con Innocenzo III, il pontefice si trattenne dal conferire all’Este un titolo che attribuisse una particolare legittimazione al suo potere su Ferrara o sulle altre città dell’Italia nordorientale. Al più, in occasione di alcune dispute che opposero A. a Padova, il pontefice si limitò a raccomandarlo quale suo specialis amicus. Diversa invece la posizione di A. nei confronti delle città marchigiane relativamente alle quali si fregiò del titolo di marchese, conseguenza dell’investitura di papa Innocenzo III della Marca Anconetana. A. poté anche qualificarsi come regalis aule vicarius et legatus totius regni Apulie carica forse concessagli da Federico II sostenuto dall’Este nella sua contrapposizione ad Ottone IV.
Figlio primogenito di Azzo VI d’Este, che già era riuscito ad imporre un personale primato su Ferrara attraverso la reiterata assunzione della carica podestarile e la notevole influenza famigliare, A. ne proseguì la politica pur impegnandosi a raggiungere stabili accordi personali con Salinguerra Torelli, principale oppositore delle aspirazioni paterne ed anch’egli concorrenzialmente impegnato nel raggiungimento di posizioni egemoniche all’interno della città.
Asceso una prima volta alla carica podestarile nel 1212 ancora in vita il padre, morto questi nel novembre di quello stesso anno, A. riuscì a concludere con Salinguerra una serie di patti. Stipulati tra la fine del 1212 ed i mesi conclusivi dell’anno successivo, tali accordi imposero al Torelli la sottomissione al Pontefice ed un giuramento di fedeltà all’Este, ma assicurarono ad entrambi i contraenti il diritto di indicare congiuntamente i futuri podestà cittadini.
Che il patto garantisse ad A. un primato su Salinguerra lo dimostra la constatazione che fu il primo dei due a rivestire la carica di podestà a Ferrara nel corso del biennio 1212-1213, ricoprendo congiuntamente il medesimo incarico anche a Mantova e Verona. L’egemonia di A. su tutte le città in cui essa poté esercitarsi si attuò attraverso quelli che erano stati gli strumenti già impiegati da suo padre: ramificate clientele alimentate da cospicue disponibilità economiche e fondiarie, alleanze sovracittadine ormai sperimentate che si nutrivano di un fitto interscambio di uffici ed incarichi tra le famiglie fedeli alla causa estense. Al più si può dire che A., ricercando l’accordo con Salinguerra, abbia tentato di legittimare il suo predominio, almeno entro Ferrara, non più nell’ottica della contrapposizione tra due partes opposte, ma in quello di una disciplinamento della conflittualità interna.
La continuità nell’esercizio di un potere personale su Ferrara e le altre città settentrionali fu comunque perturbata dall’invito pontificio a raggiungere la Marca Anconetana (della quale Aldobrandino fu investito al pari di suo padre), interessata da un preoccupante stato di agitazione dovuto alla fedeltà ottoniana di molti centri e di buona parte dell’aristocrazia locale.
L’egemonia personale di A. su Ferrara, come quella sulle altre città che furono interessate dalla sua esperienza politica, si attuò nel rispetto delle tradizionali strutture comunali. I patti col Torelli del novembre 1212-dicembre 1213, pur rappresentando un’ipoteca sulle normali procedure di elezione della carica podestarile, non alterarono infatti in modo radicale i tradizionali assetti istituzionali né ufficializzarono in senso formale una coabitazione signorile.
A. proseguì la tradizione politica di Azzo, sostenendo Innocenzo III ed il giovane Federico II congiuntamente impegnati nel confronto con Ottone IV di Brunswick. Nel quadro di questo schieramento A. preservò il sistema di alleanze intercittadine che aveva ereditato. Del resto, già prima della morte di suo padre, in qualità di podestà di Ferrara, A. confermò la lega che univa Ferrara a Verona, Cremona ed al conte Bonifacio di San Bonifacio.
Negli anni 1212-1213, al termine degli accordi col Salinguerra, A. poté assumere congiuntamente la carica di podestà presso Ferrara, Mantova e Verona. Alla morte di Azzo, avvenuta nel novembre 1212, Innocenzo III aveva del resto conferito ad A. la Marca d’Ancona già assegnata al padre nel 1208. L’incarico comportava l’onore di combattere il conte Tommaso di Celano nominato concorrenzialmente da Ottone IV alla medesima carica. A. poté recarsi nel feudo marchigiano solo dopo aver risolto una disputa che lo vedeva contrapporsi personalmente al comune di Padova, intento in quegli anni ad erodere le giurisdizioni signorili nel suo comitato, e perciò già impegnatosi nell’abbattimento del principale castello famigliare e nell’imposizione della propria cittadinanza all’Este.
L’organizzazione della spedizione comportò una massiccia mobilitazione delle risorse economiche famigliari tanto che, per ottenere congrui finanziamenti, A. dovette persino offrire suo fratello Azzo VII quale ostaggio ai banchieri fiorentini.
In qualità di Marchese d’Ancona ma anche di totius regni Apulie regalis aule vicarius et legatus, titolo probabilmente conferitogli da Federico II, l’Este si impegnò nella lotta contro i sostenitori di Ottone. E’ in questo quadro che A. ottenne la formale sottomissione di Osimo, Fermo, Fano e Fabriano che, in cambio del riconoscimento di sostanziali margini di autonomia, promisero aiuto militare e pagamenti in denaro.
Vedi scheda famigliare.
Le principali contestazioni al potere di A. sembrano aver interessato non tanto le città settentrionali quanto la Marca Anconetana dove, nonostante le censure pontificie garantissero un costante sostegno all’azione dell’Este, questa dovette confrontarsi con una generale vitalità dei partigiani di Ottone IV. Indipendentemente dalle sottomissioni di Osimo, Fermo, Fano e Fabriano, gran parte della marca rimase intimamente fedele al Brunswick. Del resto risulta possibile che la morte di A., avvenuta nel corso del 1215, sia stata conseguenza di un avvelenamento ordito dai suoi oppositori.
Morì in terra marchigiana nel 1215, forse avvelenato ma sicuramente in modo inaspettato, lasciando ai suoi congiunti una situazione particolarmente precaria tanto nelle città settentrionali, dove il Salinguerra e gli oppositori degli Este tornarono ad avere mano libera, quanto nel feudo anconetano, la cui fedeltà pontificia risultava sempre più dubbia.
La perdita della documentazione archivistica ferrarese a causa dell’incendio che distrusse nel 1385 le carte della camera actorum costringe le ricostruzioni dell’età precedente a fondarsi in modo massiccio sulle fonti cronachistiche.
Fonti: J.T. Bömer, Regesta Imperii, V, Innsbruck 1881-1901, ad indic. sub voce Hildebrandinus; Chronicon Estense, a cura di G. Bertoni – E.P. Vicini, in Rer. Ital. Scrip.2, XV, 3; Documenti per la storia delle relazioni diplomatiche fra Verona e Mantova nel secolo XIII, a cura di C. Cipolla, Milano, 1901; L.A. Muratori, Antiquitates Italicae Medii Aevi, Milano 1738-41; Id., Delle antichità estensi ed italiane, I, Modena, 1717; Rolandini Patavini, Cronica in factis et circa facta Marchie Trivixane, a cura di A. Bonardi, in Rer. Ital. Scrip.2, VIII, 1.
Studi: A. Castagnetti, La marca veronese-trevigiana (secc. XI-XIV), in Storia d’Italia, VII, 1, Utet, Torino 1987; T. Dean, Este, Aldobrandino d’, (sub voce) in Dizionario Biografico degli Italiani, XLIII, Ist. Enc. Italiana, Roma, 1993, pp. 300-301; Id., Terra e potere a Ferrara nel Tardo Medioevo. Il dominio estense: 1350-1450, Modena-Ferrara, Deputazione di Storia Patria per le Antiche Province Modenesi, 1990; W.L. Gundersheimer, Ferrara Estense. Lo stile del Potere, Modena, Panini 1988, A. Lazzeri, Origini della signoria estense a Ferrara, «Atti e Memorie della Deputazione di Storia Patria», n.s., X (1954); W. Montorsi, Considerazioni attorno al sorgere della signoria estense, «Atti e Memorie della Deputazione di Storia Patria per le antiche provincie modenesi», s. VIII, X (1959); A.L. Trombetti Budrieri, La signoria estense dalle origini ai primi del Trecento: forme di potere e strutture economico-sociali, in Storia di Ferrara, V, Il basso medioevo, Ferrara 1987, pp. 159-198; A. Vasina, Comune, vescovo e signoria estense dal XII al XIV secolo, in Storia di Ferrara, V, Il basso medioevo, Ferrara 1987.