di:
Gabriele Taddei
21 settembre 1407 - 10 ottobre 1450.
Ferrara, 26 dicembre 1441 – 10 ottobre 1450;
Modena, 26 dicembre 1441 – 10 ottobre 1450;
Reggio Emilia, 26 dicembre 1441 – 10 ottobre 1450.
Vedi scheda famigliare.
Vedi scheda famigliare. L. era figlio di Niccolò III.
L. fu acclamato signore di Ferrara, Modena e Reggio dai gentiluomini ferraresi riuniti innanzi al giudice dei Savi il 26 dicembre 1441. Tale titolo fu inoltre corroborato dalla investitura a vicario apostolico.
Figlio naturale di Niccolò III e di Stella di un ramo della famiglia senese Tolomei trasferitosi a Ferrara, L. acquisì buone probabilità di succedere al padre allorché questi ne fece decapitare il fratello Ugo, reo di aver intrattenuto una relazione adulterina con la matrigna Parisina Malatesta. Avviato alla carriera ecclesiastica il fratellastro Meliaduse, L. fu legittimato e riconosciuto ufficialmente quale successore del padre nel 1429 allorché venne promesso a Margherita figlia di Gianfrancesco Sforza.
Già impegnato sin dal 1434 nell’amministrazione dello stato, alla morte di Niccolò III, avvenuta a Milano il 26 dicembre 1441, L. gli succedette senza alcun contrasto, grazie anche al benestare pontificio ed al consenso veneziano.
Una superiore legittimazione al potere di L. fu offerta dall’investitura a vicario pontificio che, non più soggetta a periodiche conferme, acquisì un valore vitalizio.
In linea con una tendenza già avviatasi ai tempi di Alberto V e quindi irrobustitasi durante la signoria di Niccolò III, L. si circondò di una sorta di governo collegiale che comprese, oltre al fratello Borso, asceso ad un ruolo di vero comprimario, una nutrita schiera di fidati collaboratori personali quali Uguccione Contrari, Feltrino Boiardo, Giovanni Gualengo ed Alberto Pio di Carpi. Il fatto che alcuni di questi consiglieri, come ad esempio il Contrari, fossero già stati largamente impegnati al fianco di Niccolò e che lo stesso L. avesse precedentemente svolto ruoli di governo durante gli ultimi anni di signoria del padre furono elementi che assicurarono un’indiscutibile continuità politica. Del resto ad incrementarla concorse il notevole grado di burocratizzazione ormai raggiunto dall’intero potentato estense, amministrato da tempo in forme abbastanza unitarie grazie all’impiego di un ramificato corpo funzionariale. Nondimeno nella gestione di questo “principato rinascimentale” un ruolo centrale era ancora demandato alla collaborazione della nobiltà locale, la cui fedeltà era garantita dalla distribuzione di feudi ricavati dal patrimonio estense piuttosto che dalle terre dei principali enti monastici commendati. Anche in questo comparto, comunque, la progressiva burocratizzazione dello stato si manifestò in forme evidenti. Quelle ricognizioni dei titoli feudali che erano già state avviate durante la signoria di Niccolò furono ulteriormente perfezionate grazie alla compilazione di sistematici catastri, chiara ed ordinata documentazione attraverso la quale era possibile mantenere un controllo su diverse centinaia di vassalli, respingere le pretese di coloro che sostenevano di non dover nulla alla Camera, aggiornare la posizione di chi acquisiva nuovi feudi o ne rimetteva di antichi.
Del resto l’attenzione di L. non si appuntò solo sulla nobiltà feudale, ormai costituita da un composito gruppo che vedeva le élite ferraresi, modenesi e reggine ben amalgamate fra loro, ma si indirizzò anche sui ceti subalterni di cui il signore ricercò costantemente il consenso attraverso appositi sgravi fiscali ed iniziative assistenziali [Vedi infra politica urbanistica].
Nonostante il tardivo avvicinamento di NiccolòIII a Filippo Maria Visconti, L. preferì recuperare, della politica paterna, l’originaria posizione di equidistanza tra Milano e Venezia. Così, se rinnovò amichevoli patti col duca milanese, egli fu attento a mantenere in vita i rapporti diplomatici con la Serenissima. Per sfuggire alla morsa dei due forti vicini, L. si decise, intorno al 1444, a stringere un’alleanza con Alfonso d’Aragona, salito al trono di Napoli due anni prima dopo un lungo confronto con Renato d’Angiò. L’asse Napoli-Ferrara avrebbe dovuto garantire agli Este un potente sostegno contro le forze confinanti prospettando peraltro al sovrano napoletano una possibile espansione in direzione dei possedimenti di Filippo Maria, privo di eredi maschi. L’avvicinamento tra lo stesso Visconti e re Alfonso negò a questo progetto ogni concretezza ed anzi tornò ad inserire L., suo malgrado, entro lo schieramento del Milanese.
Alla morte di Filippo Maria, resosi conto della effettiva potenza di Francesco Sforza, L. appoggiò quest’ultimo nell’ascesa al ducato di Milano pur tentando vanamente di sfruttare l’occasione per recuperare la città di Parma.
Non ancora asceso al potere, L. si unì in prime nozze, nel 1435, con Margherita Gonzaga e nel 1444 con Maria, figlia naturale di Alfonso d’Aragona.
Nel 1444, in linea con il desiderio di ricercare consenso tra i ceti subalterni, L. procedette ad edificare, a favore dei meno abbienti, l’ospedale ferrarese di S. Anna. Nondimeno i principali interventi sul territorio si concentrarono al di fuori degli spazi urbani dove l’attività di bonifica e di regimentazione del Po impegnò assiduamente il marchese, convinto della vitale importanza di tali opere per la buona condotta dell’agricoltura. L. del resto fu il primo tra i signori ferraresi ad affidarsi a ingegneri idraulici professionisti reclutati anche in terre lontane come Antonio Martin da Grenoble.
Educato da precettori d’eccezione quali Guarino Veronese e Giovanni Aurispa, raffinato da frequentazioni che inclusero nel tempo intellettuali del calibro di Lorenzo Valla, Poggio Bracciolini, Francesco Barbaro, Flavio Biondo, Leon Battista Alberti, L. aveva indirizzato la politica culturale del padre Niccolò nell’ultimo decennio della sua vita. Salito al potere, il suo sincero e profondissimo interesse per gli studia humanitatis garantì che il colto circolo cortigiano si arricchisse oltremodo, offrendo a quanti ne entravano a far parte adeguati mezzi finanziari.
In linea con i più profondi dettami umanistici L. si propose non solo di rivitalizzare il sapere classico, ma di riproporre le antiche virtù come le cardinali qualità attorno alla quali costruire una rinnovata arte del buon governo.
Ad L. si deve l’ennesima riapertura dello Studium ferrarese; se fino ad allora l’esistenza di tale università era risultata costantemente minacciata dalla ristrettezza di bilanci, durante il suo principato il numero degli studenti si accrebbe sensibilmente, passando da poco più di 30 a circa 340 l’anno. Tale risultato fu ottenuto non solo stornando in favore dello Studium ingenti entrate del Comune ferrarese, ma anche perseguendo un’accorta politica di reclutamento dei docenti, tra i quali i più affermati furono il civilista Angelo degli Ubaldi, il canonista Francesco Accolti, il medico Michele Savonarola ed il retore greco Teodoro Gaza.
L’intraprendenza culturale di L. ebbe felici ripercussioni non solo sulla biblioteca di corte, che si arricchì di testi classici, patristici, mediolatini, provenzali e volgari, ma anche sullo sviluppo delle arti figurative, grazie ai lavori commissionati al pittore fiammingo Rogier van der Weyden, ed a quello dell’artigianato orafo e tessile.
Il dominio di L. non registrò contestazioni di particolare rilevanza. Al momento della successione, il partito di corte fedele ai figli legittimi di Niccolò III, Ercole e Sigismondo, fu rapidamente costretto al silenzio anche grazie all’espulsione della madre di quelli, Ricciarda di Tommaso II di Salluzzo.
Una ribellione esplosa in Garfagnana nel 1446 fu domata con energica decisione.
L. godette già tra i contemporanei della fama di principe saggio, ottimo reggitore dello Stato e valentissimo uomo di cultura. A contribuire alla costruzione di questa immagine concorsero certo le suggestioni di quelle humanae litterae tanto coltivate a corte le quali nel principe-filosofo di platoniana reminescenza indicavano un archetipo di sovrano cui l’Este sembrava essersi in tutto conformato. Nell’opera dialogica Politia Literaria l’umanista milanese Angelo Decembrio, descrivendo la vita della cerchia culturale di L., presenta quest’ultimo come una straordinaria incarnazione dell’idea di nobiltà, rivestendola di un’aurea quasi sacrale, decisamente inconsueta per un signore italiano della prima metà del XV secolo. Dedicate a L. risultano le traduzioni eseguite da Leon Battista Alberti del Philodoxeos, del Teogenio e del De equo animante.
La fine della signoria di L. coincise con la sua morte avvenuta il 10 ottobre 1450. Fu seppellito nella chiesa di S. Maria degli Angeli, eletta a estrema dimora dei signori di Ferrara. Nonostante il testamento di Niccolò III disponesse l’osservanza di uno stretto ordine di primogenitura, la minore età del figlio legittimo di L. garantì che lo zio Borso succedesse alla dignità signorile.
Fonti: M. Sanuto, Vite de' duchi di Venezia, in L. A. Muratori, Rer. Ital. Script., Mediolani 1733, XXII, coll. 1009, 1037, 1080, 1103, 1113 s., 1124, 1138; Iohannis Simonetae Rerum gestarum Francisci Sfortiae Mediolensium ducis commentarii, a cura di G. Soranzo, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XXI, 2, passim; Fr. Iohannis Ferrariensis Ex annalium libris marchionum Estensium excerpta, a cura di L. Simeoni, ibid., XX, 2, ad Indicem; La cronaca di Cristoforo da Soldo, a cura di G. Brizzolara, ibid., XXI, 3, ad Indicem; Diario ferrarese dall'anno 1409 sino al 1502, a cura di G. Pardi, ibid., XXIV, 7, ad Indicem; Documenti diplomatici tratti dagli archivi milanesi, a cura di L. Osio, III, Milano 1872, ad Indicem; C. Foucard, Proposta fatta dalla Corte estense ad Alfonso I re di Napoli, «Arch. stor. per le prov. napol.», IV (1879), pp. 689-752 passim; Epistolario di Guarino Veronese, a cura di R. Sabbadini, I-III, Venezia 1915-1919, ad Indices; Carteggio di Giovanni Aurispa, a cura di R. Sabbadini, Roma 1931, ad Indicem;
Studi: G. B. Giraldi Cinzio, Commentario delle cose di Ferrara et de' principi d'Este, Venezia 1556, pp. 88-92; G. B. Pigna, Historia de principi d'Este, Venezia 1572, ad Indicem; L. A. Muratori, Antichità estensi, II, Modena 1740, pp. 173, 194, 196 s., 199, 201-207; G. Barotti, Memorie istoriche di letterati ferraresi, I, Ferrara 1792, pp. 27-44; A. Frizzi, Memorie per la storia di Ferrara, III, Ferrara 1850, ad Indicem; C. Cipolla, Storia delle signorie italiane, Milano 1881, pp. 366, 418, 429, 434; A. Venturi, Iprimordi del Rinascimento artistico a Ferrara, in Riv. stor. ital., I (1884), pp. 591-631 passim; G. Pardi, L. d'E. marchese di Ferrara, Bologna 1904; A. Visconti, La storia dell'università di Ferrara, Bologna 1950, pp. 15, 17, 21 s., 38; C. Dionisotti, Appunti su antichi testi, in Italia medioevale e umanistica, VII (1964), pp. 91 s.; L. Chiappini, Gli Estensi, Milano 1967, pp. 103-118; E. Garin, Guarino Veronese e la cultura a Ferrara, in Ritratti di umanisti italiani, Firenze 1967, pp. 77, 89 s., 99; G. Voigt, Il risorgimento dell'età classica ovvero il primo secolo dell'Umanesimo, Firenze 1968, I, pp. 258, 279, 399, 547, 550 s., 560-564; W.L. Gundersheimer, Ferrara. Estense. Lo stile del potere, Ferrara-Modena, 1980, ad Indicem; T. Dean, Terra e potere a Ferrara nel tardo Medioevo. Il dominio estense: 1350-1450, Ferrara-Modena, 1990, ad Indicem; A. K. Eörsi, Lo studiolo di L. d'E. e il programma di Guarino da Verona, in Acta hist. artium Academiae scientiarum Hungaricae, XXI (1975), 1-2, pp. 15-52; S. Settis, Artisti e committenti fra Quattro e Cinquecento, in Storia d'Italia (Einaudi), Annali, IV, Torino 1981, pp. 708-712; S. Osano, Rogier van der Weyden e l'Italia: problemi, riflessioni e ipotesi, «Antichità viva», XX (1981), 4, pp. 14-21; 5, pp. 5-14 passim; La corte e lo spazio: Ferrara estense, a cura di G. Papagno-A. Quondam, Roma 1982, ad Indicem; R. M. Tristano, Borso dEste and the development of nobility, Ph. diss., New York University, 1983, pp. 141-145, 148 s., 151; W. Liebenwein, Studiolo. Storia e tipologia di uno spazio culturale, Ferrara-Modena 1988, ad Indicem; D. Hay-J. Law, L'Italia del Rinascimento, Roma-Bari 1989, ad Indicem; La corte di Ferrara e il suo mecenatismo. 1441-1598, Atti del Convegno internazionale. Copenaghen 1987, a cura di M. Pade - L. Waage Petersen - D. Quarta, København-Ferrara 1990, ad Indicem; Museo Poldi Pezzoli, Le Muse e il principe: arte e corte nel Rinascimento padano, Modena 1991, ad Indicem; La rinascita del sapere. Libri e maestri dello Studio ferrarese, a cura di P. Castelli, Venezia 1991, passim; G. Brunelli, Este, Leonello d’, sub voce in Diz. Biogr. Ita.; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, sub voce D'Este, tav. XII; Diz. enc. ital., VI, p. 808.