di:
Gabriele Taddei
14 luglio 1294 – 20 marzo 1352.
Ferrara, agosto 1317 - 20 marzo 1352;
Modena, maggio 1336 - 20 marzo 1352;
Parma, 6 ottobre 1344 - estate 1346.
Vedi scheda famigliare.
Vedi scheda famigliare. O. era figlio di Aldobrandino II di Obizzo II.
Il 15 agosto 1317 il popolo ferrarese costituì Rinaldo II di Aldobrandino, i suoi fratelli O. e Niccolò I, i suoi cugini Azzo IX e Bertoldo di Francesco, congiuntamente, Domini civitatis Ferrarie et districtus.
Agli inizi del 1328, essendo nel frattempo morto Azzo ed ormai marginalizzato Bertoldo, Ludovico il Bavaro, disceso in Italia, concedeva ai tre fratelli Rinaldo, O. e Niccolò la nomina a vicari imperiali in Ferrara.
Nel settembre di quello stesso anno, radicalmente mutata la propria collocazione politica,Rinaldo, O. e Niccolò , in cambio del versamento annuo di 10.000 fiorini d’oro, venivano riconosciuti vicari pontifici in Ferrara per dieci anni. Dopo frizioni che portarono nuovamente gli Este su posizioni di netto antagonismo con la Santa Sede, la vicaria apostolica venne confermata nella primavera del 1343 e quindi, nuovamente, nel marzo 1350.
A Modena, nel 1336, ormai defunto Rinaldo, O. e Niccolò vennero riconosciuti Perpetui et generales domini civitatis, districtus, teritorii, totius episcopatus Mutine.
A Parma, dopo che la città era stata regolarmente acquistata nel 1344 dalle mani di Azzo da Correggio, il 23 novembre di quello stesso anno O., il solo vivente dei cosignori di Ferrara, fu riconosciuto dal Consiglio generale e dalle altre autorità municipali Dominus Comunis et Populi civitatis et districtus Panne…cum mero et misto imperio et semplici iurisdictione.
Il 22 luglio 1317 scoppiò a Ferrara una sollevazione antiangioina alla cui organizzazione Rinaldo II e suo fratello O. non dovevano essere rimasti estranei. Lo dimostra il fatto che gli insorgenti, costretta la guarnigione francese ad asserragliarsi entro la fortezza di Castel Tedaldo, invitarono gli Este, in quel momento a Rovigo, ad accorrere in città ed assumere la guida della sommossa.
Il 5 agosto gli ultimi resistenti angioini capitolavano anche in conseguenza del mancato sostegno bolognese ottenuto dallo stesso O. in virtù dei suoi legami con Romeo Pepoli, del quale era cognato.
Il 15 agosto i tre fratelli Rinaldo, O. e Niccolò, i loro cugini Azzo e Bertoldo venivano congiuntamente acclamati dal popolo ferrarese Domini civitatis Ferrarie.
L’ascesa al potere presso Modena avvenne a seguito della guerra mossa verso quella città a partire dal 1335 nel contesto delle operazioni condotte contro gli alleati di re Giovanni di Boemia e lo schieramento filopontificio. Nel maggio 1336, dopo un lungo confronto nel quale Manfredi e Guido Pio risultarono sconfitti, O. poté entrare a Modena che il 13 di quello stesso mese venne decretata dal locale Consiglio Generale soggetta agli Estensi. Una speciale balia di 12 sapienti fu quindi incaricata di formulare l’atto solenne da introdursi negli statuti. Tra luglio e settembre i sapienti si riunirono più volte decretando infine «quod magnifici et illustres domini domini Obizzo et Nicolaus fratres et eorum heredes […] et quilibet eorum in solido, sint et esse debeant perpetui et generales domini civitatis, districtus, territorii et totius episcopatus Mutine»
Parma fu acquistata il 6 ottobre 1344 per la somma di 60.000 fiorini dal precedente signore Azzo da Correggio che maturò la decisione di vendere la propria città ormai contesa tra gli Este, gli Scaligeri ed i Visconti.
A Ferrara, a Modena ed a Parma la legittimazione del potere di O. (e per le prime due città anche dei suoi congiunti) derivò direttamente dall’investitura signorile ricevuta dai Consigli cittadini. A Ferrara la posizione dei membri della famiglia Este fu inoltre ulteriormente corroborata dalla nomina a vicari imperiali prima, di quella a vicari apostolici poi [vedi meglio infra Sistemi di alleanze].
Dei cinque signori di Ferrara ascesi congiuntamente al potere nel 1317, O. fu colui che sopravvisse a tutti gli altri. Pur nell’ufficiale pariteticità dei titoli, fin tanto che il fratello maggiore Rinaldo fu in vita, O. rivestì comunque un ruolo relativamente subalterno. Ma allorché quello morì nel 1335, egli gli subentrò nella leaderschip famigliare essendo di qualche anno più anziano dell’altro fratello Niccolò ed avendo da sempre il cugino Bertoldo un ruolo marginale.
All’iniziativa di O. è usualmente attribuita l’introduzione di soluzioni amministrative del tutto nuove volte ad una sempre più stringente identificazione del governo con la persona del signore e dei suoi ufficiali. Tale obiettivo venne perseguito attraverso la creazione di un’embrionale burocrazia verticistica che, ulteriormente perfezionata dai successori di O., si strutturò attorno alla Cancelleria domini marchionis, con competenze essenzialmente politiche e diplomatiche, ed alla Camera, preposta alla gestione amministrative e finanziaria.
La Cancelleria, dipendente da un referendario, e la Camera, sottoposta ad un fattore generale, divennero dunque i due principali istituti di un regime entro il quale i più importanti affari venivano ormai trattati da ufficiali immediatamente dipendenti dal signore. Conseguentemente, il ruolo del Comune di Ferrara risultava ormai in gran parte confinato a questioni di ordinaria amministrazione quali l’approvvigionamento annonario, la gestione della custodia cittadina, la manutenzione delle fortificazioni e delle strade. Peraltro, il vertice degli organismi comunali, rappresentato dai dodici anziani, era retto da un giudice dei savi direttamente nominato dai domini i quali dunque controllavano stringentemente quanto rimaneva degli istituti consiliari.
Un’analoga esautorazione delle prerogative detenute dagli antichi organismi comunali era riscontrabile anche a Modena e negli altri centri del dominato estense dove il podestà, il capitano militare e l’ufficiale camerale erano in tutto responsabili dell’adeguamento della locale politica alle direttive signorili. Del resto la Cancelleria, e in minor misura la Camera, rappresentavano organismi di governo per l’intero dominato estense, esercitando la loro supervisione su tutte le terre soggette.
Se il Gunderscheimer ha voluto vedere nei nuovi istituti «precoci contributi allo stile del dispotismo quattrocentesco», la saldezza del regime si fondò comunque sul ricorso a quelle soluzioni di matrice chiaramente feudale che già erano state felicemente sperimentate ai tempi di Obizzo II, Azzo VIII e dello stesso Rinaldo II. Concedendo a livello o in feudo porzioni rilevanti del patrimonio famigliare, assieme ad altre terre provenienti dagli enti religiosi controllati o dalle requisizioni operate avverso gli oppositori, O. legò a sé gli esponenti delle èlite cittadine, saldando gli interessi di queste alle sorti del casato e del regime.
Fintanto che Rinaldo fu in vita, O. ne assecondò perfettamente gli indirizzi politici risultando cofirmatario di tutti i principali trattati di alleanza siglati. O. fu dunque partecipe a quei continui mutamenti di schieramento che, tra secondo e terzo decennio del secolo, avevano portato la famiglia estense, di tradizionale fedeltà guelfa, a militare al fianco di Ludovico il Bavaro fino al 1328, a transitare nello schieramento pontificio a partire da quello stesso anni, a promuovere infine una vasta alleanza contro il legato apostolico Bertrando dal Poggetto ed il re Giovanni di Boemia.
Solo con l’ascesa al soglio pontificio di Clemente VI (maggio 1342), ormai deceduto Rinaldo, O. poté intavolare trattative per comporre il dissidio con la Curia apertosi dieci anni prima. I negoziati procedettero rapidamente e nella primavera del 1343, dopo aver versato 40.000 fiorini a risarcimento dei censi non più pagati, O. e Niccolò furono confermati dal pontefice, per i dieci anni successivi, vicari apostolici in temporalibus a Ferrara e nel suo distretto.
Anche l’alleanza con i Visconti ed i Gonzaga, ereditata dai tempi di Rinaldo, venne infine rovesciata da O. allorché egli acquisì il diretto controllo su Parma, stimolando l’ostilità dei suoi antichi alleati. La guerra che ne derivò, che vide O. affiancato dagli Scaligeri, si combatté dal dicembre 1344 fino all’estate del 1346 e si concluse con la cessione di Parma ai Milanesi.
O. fece sposare sua figlia Alisia con Guido da Polenta di Ravenna e suo figlio Aldobrandino con Beatrice di Ricciardo da Camino.
O. proseguì ad esercitare il tradizionale controllo espletato dagli Este su alcuni dei principali enti religiosi del Ferrarese e del Polesine. Nel 1336, in qualità di avvocato di Pomposa, egli insediò formalmente l’abate nel possesso dell’abbazia e questi riconobbe e confermò la protezione estense.
Ad O. risalgono i primi esempi di monetazione autonoma estense con ben trentacinque anni d’anticipo sulla coniazione della più nota Lira Marchesana di Niccolò II. A partire dal 1346, o forse dall’anno successivo, egli fece infatti battere Ferrarini con la propria iscrizione.
Ulteriori celebrazioni del proprio potere, oltre che nella coniazione di monete, trovarono espressione nelle sontuose corti bandite con cui furono festeggiati eventi come il matrimonio di Beatrice di Rinaldo II con Giacomo di Savoia principe di Morea (luglio 1339).
Non risulta che a Ferrara o Modena si siano verificate contestazioni di una qualche rilevanza nei confronti del potere di O. Diverso invece il caso di Parma, la più recente delle acquisizioni estensi, dove il 4 aprile 1345 scoppiò un violento tumulto represso con notevole durezza.
Ancora in vita, O. fu riconosciuto come colui che, assieme a suo fratello Rinaldo, era riuscito a porre fine ad un lacerante periodo di tensione, a conferire stabilità al regime famigliare ed, infine, a riconciliare definitivamente la città alla Sede Apostolica. Tutti questi elementi risultano già compresenti nel ricordo funebre laudatorio della Polyhistoria di fra Bartolomeo dal tono indiscutibilmente encomiastico. Ancor più radicalmente O. finì per essere considerato come colui che aveva definitivamente cacciato da Ferrara gli stranieri angioini, anche se tale risultato sarebbe dovuto più correttamente essere ascritto a Rinaldo la cui memoria fu messa parzialemente in ombra dal più lungo periodo di governo del fratello minore. Come nota il Simeoni, nel sentimento collettivo ferrarese, grazie alla figura di O., “signoria” e “libertà” finirono per essere termini dal valore quasi coincidente laddove il secondo venne inteso come autonomia da controlli esterni
O. è ricordato dall’Ariosto, nell’Orlando Furioso (III,40) tra gli spiriti magni della casa.
A Parma la signoria estense si concluse nell’estate 1346 quando, dopo un biennio di guerra, O. accettò di cedere la città ai Visconti al prezzo cui l’aveva pagata nel 1344.
Nelle altre città del dominio estense la signoria di O. proseguì fino alla ala sua morte avvenuta il 20 marzo 1352. La successione al potere poté avvenire senza traumi anche in considerazione dell’investitura vicariale nuovamente concessa il 3 marzo 1350 da Clemente VI non solo ad O. ma anche ai suoi figli Aldobrandino III, Rinaldo, Niccolò II, e Azzone.
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