di:
Gabriele Taddei
1290/93 – 31 dicembre 1335.
Vedi scheda famigliare.
Vedi scheda famigliare. R. era figlio di Aldobrandino II di Obizzo II.
Il 15 agosto 1317 il popolo ferrarese costituì R., i suoi fratelli Obizzo III e Niccolò I di Aldobrandino, i suoi cugini Azzo IX e Bertoldo di Francesco, congiuntamente, Domini civitatis Ferrarie et districtu sine aliqua contradictione.
Morto nel frattempo Azzo e margializzato Bertoldo, agli inizi del 1328 Ludovico il Bavaro concedeva a R., Obizzo e Niccolò la nomina a Vicari imperiali in Ferrara [vedi infra Sistemi di allenza].
Nel settembre di quello stesso anno, radicalmente mutata la propria collocazione politica, in cambio del versamento annuo di 10.000 fiorini d’oro, i tre fratelli venivano riconosciuti vicari pontifici in Ferrara per i dieci anni successivi [vedi infra Sistemi di allenza].
Il 22 luglio 1317 scoppiò a Ferrara una sollevazione antiangioina alla cui organizzazione R. e suo fratello Obizzo non dovevano essere rimasti estranei. Lo dimostra il fatto che gli insorgenti, costretta la guarnigione francese ad asserragliarsi entro la fortezza di Castel Tedaldo, invitarono gli Este, in quel momento a Rovigo, ad accorrere in città ed assumere la guida della sommossa.
Il 15 agosto R., i suoi fratelli ed i suoi cugini venivano congiuntamente acclamati dal popolo ferrarese Domini civitatis Ferrarie.
A Ferrara la legittimazione del potere di R. e dei suoi congiunti derivò direttamente dall’investitura signorile ricevuta dai Consigli cittadini venendo ulteriormente corroborata dalla nomina a vicari imperiali prima, di quella a vicari apostolici poi [vedi supra Titoli formali].
Dopo la lunga parentesi rappresentata dal governo apostolico (1308-1313) e da quello angioino (1313-1317), R. ed i suoi congiunti poterono ritessere i fili di un potere famigliare interrotto. Il restaurato dominio estense sulla città di Ferrara assunse infatti, assai probabilmente, forme non troppo dissimili da quelle che esso aveva avuto ai tempi di Obizzo II e Azzo VIII. Del resto l’adozione di inedite soluzioni amministrative concretizzatesi nella strutturazione della Camera e della Cancelleria domini marchionis sono usualmente addebitate non ad R. ma ad Obizzo III che sopravvisse al fratello otto anni.
Ancora in vita R., la saldezza del regime estense si fondò, dunque, piuttosto che su innovazioni politico amministrative, da un lato su una concordia famigliare che non aveva corrispettivi nei tempi passati, dall’altro sul tradizionale ricorso a soluzioni di matrice chiaramente feudale. Evitando di rinnovare quelle lotte che nei tempi passati avevano visto Francesco ed Aldobrandino II opporsi ad Azzo VIII e Fresco, i cinque cosignori amministrarono concordemente un potere che, per quanto ufficialmente paritetico, non lo fu comunque nella sostanza. Azzo IX morì nel 1318, Bertoldo rimase in una posizione assolutamente subalterna, lasciando che a dirigere concretamente la politica cittadina fossero R. e, secondariamente, Obizzo e Niccolò.
La concordia tra i cinque domini permise di disporre, in maniera piena e non conflittuale, del vasto patrimonio famigliare esteso nel Ferrarese, nel Rodigino e nel Padovano. Concedendo a livello o in feudo porzioni rilevanti di queste terre, assieme ad altre provenienti dagli enti religiosi controllati, i membri della famiglia legarono a sé gli esponenti dell’èlite cittadina saldando gli interessi di questa alle sorti del casato e del regime.
Sotto la guida di R., gli orientamenti delle alleanze intessute dai cosignori di Ferrara risultarono fortemente mutevoli; fu proprio questo pragmatismo a garantire alla città, fra terzo e quarto decennio del XIV secolo, di affermarsi come uno dei principali punti di riferimento della politica e della diplomazia italiana.
Precedentemente al 1327, le scelte politiche di R. e dei suoi congiunti furono conseguenza della scomunica fulminata da Giovanni XXII contro i membri della famiglia e dell’interdetto scagliato su tutta la città. L’ira pontificia avverso coloro che avevano sottratto Ferrara al governo della Sede Apostolica convinse gli Este, guelfi per tradizione, ad aderire al partito opposto. Tra il 1318 ed il 1324, in rapida successione, R., Obizzo e Niccolò siglarono dunque numerose alleanze volte a fronteggiare con le armi l’azione politica e militare promossa dal pontefice: i signori di Ferrara si legarono così a Cangrande Della Scala, a Rinaldo e Buttarino Bonacolsi, a Galeazzo Visconti ed a Castruccio Castracani. Il principale referente di questo vasto sistema fu, naturalmente, Ludovico il Bavaro alla cui incoronazione presso Milano, per mano del vescovo e signore aretino Guido Tarlati, R. presenziò. In riconoscimento della sua fedeltà, nel 1328, assieme con i fratelli Obizzo e Niccolò, R. venne nominato dal sovrano vicario imperiale in Ferrara.
Nondimeno a partire da quello stesso 1328 gli Este operarono un radicale e rapido mutamento aderendo al partito filopontificio. In conseguenza di questa scelta politica R., Obizzo e Niccolò ottennero non solo la revoca della scomunica e dell’interdetto ma furono infine riconosciuti vicari apostolici su Ferrara, Finale Emilia e Massa Finalese.
La nuova collocazione non si protrasse però oltre la metà del 1332 quando R. tornò a solidarizzare con i suoi antichi alleati scaligeri e viscontei contro la politica del legato apostolico Bertrando dal Poggetto e del re Giovanni di Boemia. Proprio tale esigenza fece di R. uno dei principali promotori di quella vastissima alleanza siglata il 16 settembre 1332 che, ponendosi come obiettivo la difesa dagli attacchi del Boemo, annoverò tra i suoi contraenti Azzone Visconti, Mastino II Della Scala, Luigi Gonzaga ed il Comune di Firenze.
Anche nelle relazioni con gli enti religiosi del territorio ferrarese R. ed i suoi congiunti riannodarono i fili di quella tradizionale politica familiare interrotta durante il periodo del governo apostolico ed angioino.
Il controllo esercitato su monastero di Pomposa e su altri istituti dell’area, primi tra tutti il vescovado di Adria, rappresentò uno degli strumenti attraverso cui il casato poté alimentare quelle costanti e cospicue infeudazioni con cui si assicurò la fedeltà dei suoi collaboratori.
R. morì il 31 dicembre 1335 durante l’assedio che, nel contesto delle guerre mosse contro le terre già soggette a Bertrando dal Poggetto ed al re di Boemia, stava portando alla conquista di Modena. I fratelli Obizzo e Niccolò, che gli sopravvissero, proseguirono ad esercitare il potere signorile senza soluzione di continuità.
Una valanga di link da inserire alla voce alleanze (in pratica ho inserito solo le città)
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