di:
Tomaso Perani
metà XIII - 1327
1294 - 1311
Lodi
vedi scheda famiglia
Il Fissiraga non ottenne mai una fomalizzazione del proprio potere su Lodi e rimase sempre un signore di fatto.
Le modalità attraverso le quali Antonio riuscì ad insignorirsi di Lodi non sono affatto chiare. Il rapporto che legava la sua famiglia, insieme ad altre del guelfismo locale, ai della Torre di Milano permise al F. di assumere un ruolo di primo piano in città, aiutato anche dal suo prestigio personale come capo militare e podestà. Lo si ritrova a partire dal 1294 a capo della città, appoggiato dalla parte guelfa capeggiata da Giacomo Sommariva.
L’unica legittimazione di fatto dell’operato del Fissiraga fu l’appartenenza alla fazione guelfa di cui divenne presto un leader, anche se rimangono oscure le ragioni della sua ascesa. Non è da sottovalutare anche il carisma personale che fece di lui uno dei personaggi di spicco del guelfismo di quegli anni.
Durante il periodo in cui fu al seguito di Enrico VII cercò di ottenere dal sovrano il riconoscimento del proprio potere su Lodi attraverso il conferimento del titolo vicariale. Le sue richieste però non trovarono soddisfazione.
Dal punto di vista dell’organizzazione della signoria, il Fissiraga mantenne inalterato l’assetto comunale. Venne conservato il consiglio e anche l’uso di nominare un podestà forestiero. Grazie all’appoggio della parte guelfa e alle proprie relazioni personali con i capi guelfi delle altre città dell’Italia settentrionale riuscì ad imporsi come arbitro della politica lodigiana.
Nei rapporti di politica estera veniva riconosciuto come il rappresentante della città, come nel caso dell’ambasceria presso Cavalcabò Cavalcabò per ottenere un prestito per le casse comunali.
Il Fissiraga fu uno dei principali capi del guelfismo tra XIII e XIV secolo. Il principale asse di alleanza del Fissiraga fu quello con la Milano dei della Torre. Già prima di prendere la signoria su Lodi i rapporti con la famiglia milanese erano molto stretti ed è possibile immaginare che sia stato proprio in virtù di questi legami personali che il Fissiraga compì la propria ascesa sociale. Uno stretto legame lo unì anche a Filippone Langosco, signore di Pavia, al fianco del quale si ritrovò spesso nelle azioni militari contro il partito filo visconteo.
Al momento della discesa in Italia di Enrico VII, nel 1310, il Fissiraga decise di andare a rende omaggio al sovrano, cercando di non porsi in aperto conflitto. L’opposizione a Matteo Visconti però gli impedì di approvare la politica di pacificazioni intracittadine e su scala regionale proposta dall’imperatore, il quale pretendeva che i ghibellini fuoriusciti fossero riammessi nelle loro città.
Subito dopo l’incoronazione avvenuta nel 1311, Lodi si ribellò all’imperatore ma i rivoltosi vennero presto perdonati. Il Fissiraga dovette però ricoprire incarichi diplomatici per conto di Enrico VII, come tentare la pacificazione di Cremona. Tornato in Lodi la città si risollevò contro il vicario imperiale ma il Fissiraga preferì cercare il perdono dell’imperatore, supportato da Amedeo V di Savoia. É probabile che i ripetuti tentativi di sottomissione al sovrano fossero un modo per chiedere il riconoscimento della propria signoria sulla città attraverso il vicariato imperiale, cosa che però non avvenne mai. A partire dal 1311 si può invece considerare terminata l’esperienza signorile di Antonio che non riuscì più a prendere il potere in Lodi.
Quando Lodi cadde sotto l’influenza viscontea, il Fissiraga abbandonò la città per darsi all’attività podestarile. Nel 1286 fu podestà a Firenze, nel 1287 ricoprì l’incarico a Bologna dove venne arrestato per essersi rifiutato di sottoporsi al sindacato alla fine del mandato e in seguito scagionato. I rapporti con il comune emiliano non risultarono quindi particolarmente compromessi, tanto che nel 1291 ricoprì la podesteria per un secondo mandato. Nel 1303, per un semestre, fu podestà a Milano sotto i della Torre. Rifiutò invece, per il 1304, l’incarico di podestà di Firenze offertogli dal papa.
Il Fissiraga si dimostrò particolarmente generoso nei confronti dei francescani che proprio grazie al suo intervento trovarono facilitato il proprio insediamento in Lodi. Segno di questo legame fu il fatto che dopo la morte nelle carceri milanesi Antonio venne sepolto con grandi onori, vestito del saio francescano, proprio nella chiesa che aveva fatto riedificare. Uno stretto rapporto lo legò anche al vescovo della città Bongiovanni Sommariva, esponente della maggiore famiglia guelfa di Lodi. Grazie alla propria disponibilità finanziaria, il Fissiraga riuscì a prestare ingenti somme di denaro al presule, anche sotto forma di anticipi sull’affitto di alcune terre della chiesa di Lodi nei pressi di Cavenago d’Adda, nucleo principale delle proprietà allodiali della famiglia di Antonio. Grazie ai continui rapporti con la sede episcopale venne nominato nel 1300 procuratore della chiesa lodigiana e incaricato di recuperare i beni usurpati. Nel 1309, attraverso una permuta, riuscì ad acquistare i beni ricevuti in affitto dal vescovo e a donarli al monastero di Santa Chiara da lui appena fondato.
Da questo punto di vista gli interventi del Fissiraga furono piuttosto limitati. Da ricordarsi però sono senza dubbio la fondazione, insieme alla moglie, del convento di Santa Chiara e la ricostruzione della chiesa di San Niccolò poi diventata San Francesco.
Grazie al proprio carisma personale il Fissiraga riuscì ad ottenere il consenso di una larga parte della popolazione. Anche a distanza di anni dalla sua dominazione, in un periodo di prevalenza ghibellina, il suo funerale fu seguito da un grandissimo corteo, proprio a testimoniare l’importanza della sua figura. Durante la sua signoria non mancarono però i contrasti con la parte filo-viscontea dei Vistarini che vennero cacciati dalla città.
La signoria del Fissiraga su Lodi venne interrotta dalla calata in Italia dell’imperatore Enrico VII che impose propri ufficiali a capo delle città. Una volta allontanato da Lodi, Antonio cercò riparo presso gli alleati tra cui probabilmente Fillipo di Savoia Acaia che però lo fece imprigionare. Liberato ed in seguito ricatturato, concluse la sua vita passando da una carcerazione all’altra e morì a Milano nelle prigioni di Galeazzo Visconti.
Codice diplomatico Laudense, a cura di C. Vignati, II, Milano 1883.
A. Caretta, L. Samarati, Lodi. Profilo di storia comunale, Milano 1958, pp. 144-153; M. Grossi, Antonio Fissiraga signore di Lodi (1253 c.a.-1327), Quaderni di Studi Lodigiani, Lodi 1985. Si veda inoltre la voce Fissiraga, Antonio di F. Menant, in DBI.