di:
Flavia Negro
1319-1367
1334-1367
Per la politica di espansione territoriale portata avanti dai singoli membri della dinastia vedi: ACAIA, famiglia.
Vedi: ACAIA, famiglia.
G. si denomina costantemente nei documenti "principe d'Acaia" (Jacobus de Sabaudia, princeps Acaye), titolo che ha origine dal matrimonio del padre Filippo d'Acaia con Isabella de Villehardouin nel 1301.
Il padre, Filippo d'Acaia, stabilisce nel suo testamento (1330) che il primogenito G., all'epoca ancora minorenne, gli succeda unico erede a capo del principato. Alla morte di Filippo (1334) è Caterina di Vienne a governare in qualità di tutrice del figlio; G. le subentrerà intorno al 1340, al compimento della maggiore età.
Dall'alto:
per effetto dell'accordo concluso nel 1295 tra Filippo d'Acaia, padre di G., e Amedeo V gli Acaia detengono i loro possedimenti piemontesi in feudo dai conti di Savoia. G. "filio et herede legitimo et universali recordationis inclite domini Philippi de Sabaudia principis Achaye" viene investito dei suoi domini dal conte di Savoia Aimone il 28 sett. 1334, e di nuovo dal successore, Amedeo VI di Savoia, nel dic. 1343. Il 2 apr. 1350 G. presta fedeltà a Giovanni Visconti per i luoghi di Fossano, Cavallermaggiore e Sommariva del Bosco. Il 20 sett. 1352 il conte Amedeo VI investe G. della metà di Chieri e del castello e mandamento di Pont-beau-voisin in cambio della metà di Ivrea.
Dal basso:
Fra la fine del 1334 e l'inizio del 1335 i comuni e i nobili del principato, su invito della reggente Caterina di Vienne, prestano omaggio a G.
8 sett. 1363: la città di Torino presta omaggio a G.
A Torino la politica della reggente Caterina di Vienne e poi di G. si caratterizza per il coinvolgimento degli abitanti nell'esercizio della giustizia e nella difesa armata della città, e per una progressiva capacità di intervento del principe nelle frequenti contrapposizioni delle parti cittadine. Uno degli strumenti principali è la fondazione di associazioni di popolo: tali sono, o divengono in breve tempo, la Società di San Giovanni Battista, fondata a Torino nel 1335 da Caterina di Vienne "pro bono statu, pacifico, tranquillo civitatis Taurini", e quella del Popolo a Pinerolo (1337). Nei rapporti fra il principe e il comune torinese un'importante innovazione avviene nel 1366, un anno prima della morte di G.: il principe sopprime tutte le gabelle esatte a suo nome in città, sostituendole con un sussidio straordinario pari a un fiorino per fuoco.
Non tanto nel quadro dei rapporti fra G. e le comunità soggette, ma in quello dei suoi rapporti con il conte di Savoia va vista l'introduzione in molti statuti locali di un articolo che vincolava i comuni a fare appello solo ai magistrati del principe: un'innovazione che mirava a contrastare l'ingerenza del conte di Savoia nelle questioni interne al principato.
Nel luglio del 1337 G. invia ordini a Pinerono, Bagnolo, Cavour e a tutti i comuni soggetti, affinché in ognuno venga istituita una società popolare per difesa della terra e la punizione dei malfattori; le società avrebbero partecipato al governo locale per mezzo dei loro rettori (in numero di quattro).
Fino agli anni '40 del XIV secolo la reggenza della madre Caterina di Vienne determina una cauta politica di alleanze tesa a neutralizzare potenziali aggressioni al principato: vengono così stretti accordi di pace con Roberto d'Angiò, con i marchesi di Saluzzo, con il comune di Asti e con il marchese di Monferrato, ma senza effetti duraturi. Ben più decisa la politica messa in atto da G., una volta raggiunta la maggiore età e quindi l'autonomia di governo. La cifra della sua azione politica è senza dubbio il tentativo di smarcarsi dalla tutela dei conti di Savoia: in questo contesto vanno collocate le alleanze con i Visconti e un ramo dei marchesi di Saluzzo, nonché la ricerca di un appoggio da parte dell'imperatore Carlo IV, che gli conferì vari privilegi fra il 1354 e il 1355. Uno di questi, la concessione imperiale del diritto di imporre dazi sulle merci che transitavano nel principato, fu all'origine di una netta degenerazione dei rapporti con il conte di Savoia Amedeo VI. Quando a questo motivo di attrito si aggiunsero le pretese di G. su Ivrea, che fu posta sotto assedio nel 1356, si arrivò allo scontro aperto. Nel 1360, dopo vari tentativi, tutti falliti, di giungere a un compromesso, Amedeo VI toglie a G. tutti i domini piemontesi fra cui Torino, che presta fedeltà direttamente nelle mani del conte di Savoia. Solo tre anni dopo, nell'ottobre del 1363, in seguito al trattato che aveva stabilito l'esplicita rinuncia del principe alle sue pretese (2 luglio 1362) e dietro pagamento della somma di 160.000 fiorini d'oro, G. venne nuovamente infeudato dei suoi domini.
Matrimoni: fallisce il progetto di Caterina di Vienne, che con accordo del 10 marzo 1337 aveva posto le premesse per il matrimonio fra il figlio G. e Beatrice di Saluzzo. G. sposa nel gennaio 1339 Beatrice, figlia del marchese di Ferrara Renaldo, che tuttavia muore nel settembre dello stesso anno. Nell'agosto del 1340 il principe d'Acaia contrae un nuovo matrimonio con Sibilla del Balzo, figlia del siniscalco di Roberto d'Angiò. L'atto del 1346 con cui G. concorda il matrimonio fra il figlio avuto da quest'ultima, Filippo, ancora in giovanissima età, e Maria di Ginevra, figlia di Amedeo di Ginevra tutore del conte di Savoia Amedeo VI, mira probabilmente a porre le basi per le rivendicazioni territoriali nei confronti dei Savoia. Il progetto viene infatti abbandonato con il raggiungimento della maggiore età di Amedeo VI e la conseguente perdita di influenza del tutore. Sibilla muore nel 1350, nel 1362 G. sposa Margherita di Beaujeu, da cui nascono Amedeo, futuro principe d'Acaia, e Ludovico.
Torino. G. interviene sull'area circostante il castello: nel 1350 acquista e fa abbattere almeno 24 case private per creare una piazza antistante la fortezza. Le prime notizie sul suo utilizzo risalgono al 1384: in quell'anno la piazza fu teatro di una giostra cui parteciparono entrambi i figli di G., Amedeo e Ludovico d'Acaia, e il conte di Savoia.
Ivrea. Nel 1357 si dà avvio, con l'esproprio di terreni a danno della famiglia ghibellina de Solerio, alla costruzione del castello, già preannunciata nel 1313 all'atto della dedizione della città a Amedeo V e a Filippo d'Acaia, padre di G.
G. favorì la scuola di grammatica, dialettica e aritmetica aperta a Moncalieri su iniziativa del comune. Giacomo Albini, medico personale di G., dedicò al principe un trattato di medicina, il "De sanitatis Custodia", scritto poco dopo il 1341.
Come il padre Filippo G. si trova a gestire il problema dell'opposizione di alcune famiglie torinesi - Zucca, Sili e Crovesio - ostili alla dominazione degli Acaia. Queste ultime erano state protagoniste nel 1334 di una congiura per consegnare Torino ai marchesi di Saluzzo: bandite dalla città in seguito al fallimento del progetto, erano stati riammesse da G., nella prospettiva di una pacificazione delle parti cittadine, nel 1344. Pochi anni dopo, tuttavia, i Sili sono coinvolti in una nuova cospirazione: al 1357 o 1358 risale l'esecuzione di Giovanni Silo "propter prodictionem".
Sempre alla stessa questione è connesso l'iniziale rifiuto dei marchesi di Saluzzo, nel cui territorio si erano rifugiati i banditi, di prestare omaggio a G., appena salito al potere dopo la morte del padre.
La minaccia più grave al dominio di G. derivò dalla ribellione del figlio di primo letto Filippo. Quest'ultimo non accettò la decisione paterna, sancita con testamento del 1366, di nominare erede universale Amedeo, uno dei due figli nati dal matrimonio con Margherita di Beaujeu. Si apri così una lunga fase di lotte interne al principato, che non cessarono neanche con la morte di G. nel maggio del 1367. La difesa dei diritti dell'erede Amedeo fu portata avanti dal conte di Savoia Amedeo VI, fra scontri armati e tentativi, mai andati a buon fine, di trovare un accordo. Filippo muore nell'ottobre 1368, in circostanze non conosciute.
La dura reazione di Amedeo VI (1359-60) contro le velleità autonomistiche del cugino G. si accompagnò a pesanti giudizi sull'operato del principe e sulle sue modalità di governo. In particolare il conte condannò la prassi di istituire nei centri soggetti una gran quantità di societates, come quella torinese di S. Giovanni Battista, i cui statuti andavano a detrimento dei diritti comitali: "idem dominus princeps in terra sua quamplures societates statuerit et ordinaverit, que quidem societates plura statuta sive capitula dicuntur fecisse que sunt contra iuris communis dispositionem, ceduntque in tocius reipublice et patrie detrimentum, et diminutionem status, honoris et iurium comitatus et principatus ipsius domini comitis" (Storia di Torino, p. 185).
G. muore nel maggio del 1367 a Pinerolo e lascia come eredi i due figli di secondo letto, Amedeo e Ludovico, ancora minorenni. Dopo la reggenza esercitata di fatto dal conte di Savoia Amedeo VI fino al 1377, gli succede il figlio Amedeo.
La documentazione relativa ai Savoia del ramo d'Acaia è in gran parte conservata nell'Archivio di Stato di Torino, per i principali fondi archivistici vedi alla voce ACAIA, famiglia.
Vedi alla voce ACAIA, famiglia.