di:
Alma Poloni
?-prima del 1313.
1306-1307 .
L’interesse principale di Bandino fu rivolto a Faenza. Su questa città egli esercitò una notevole influenza tra il 1297 e il 1299, appoggiando il regime di Maghinardo Pagani da Susinana, per poi assumere personalmente la signoria nel 1306-1307, approfittando del vuoto di potere creatosi alla morte del Pagani. La collocazione dei domini signorili romagnoli dei Guidi di Modigliana, nell’area appenninica tra la valle del Lamone e quella del Savio, li portava a gravitare verso la città di Faenza.
I Guidi di Modigliana erano uno dei rami nei quali si venne dividendo e differenziando l’antica e potente casata comitale dei Guidi nel corso del Duecento. A quanto pare, il primo a portare il titolo di conte di Modigliana, con una funzione chiaramente distintiva rispetto agli altri rami della dinastia – che negli stessi decenni presero il nome di conti di Romena, di Bagno e di Dovadola – fu il padre di Bandino, Guido, attivo nella seconda metà del Duecento e morto nel 1293. Dagli anni ’80 del Duecento tutti i rami dei Guidi furono attivamente coinvolti nelle lotte di potere delle città romagnole, dividendosi tra gli schieramenti guelfo e ghibellino, con continui cambi di fronte.
potestas populi; capitano del popolo.
Nel 1306, mentre a Faenza prevaleva la parte guelfa, sostenuta per altro dal fratello di Bandino, Tancredi, in quel momento capitano del popolo, Bandino organizzò un colpo di mano con l’aiuto di Scarpetta Ordelaffi, signore ghibellino di Forlì. Grazie al sostegno dell’Ordelaffi e dei milites di Forlì e Forlimpopoli il piano riuscì, e i leaders guelfi e lo stesso Tancredi furono costretti ad abbandonare la città. Bandino fu eletto podestà ( o meglio podestà del popolo) per due anni, e due giorni dopo anche capitano del popolo.
È interessante notare che secondo il cronista contemporaneo Pietro Cantinelli Bandino non sarebbe stato eletto podestà, ma potestas populi, un titolo che non ha precedenti nella storia di Faenza, e che non sarebbe stato ripreso in futuro. Due giorni dopo fu eletto anche capitano del popolo. Le due cariche gli furono conferite per due anni, in deroga al dettato statutario. Il forte richiamo al popolo in entrambe le intitolazioni non era probabilmente casuale, ma indicava che il sostegno alla signoria di Bandino veniva principalmente dalle istituzioni popolari. Il G. sembra insomma attingere allo stesso bacino di consenso che era stato di Maghinardo Pagani di Susinana, signore di Faenza dal 1290 al 1302. Nel 1292, del resto, Bandino era stato eletto podestà di Forlì dopo un intervento armato di Maghinardo sollecitato proprio dagli anziani e dal popolo di quella città, contro il conte di Romagna Ildebrandino da Romena. Il titolo di potestas populi, oltre a fare esplicito riferimento al populus, si poneva del tutto al di fuori della tradizione istituzionale del comune di Faenza, e probabilmente non risentiva della stretta regolamentazione alla quale era soggetta la figura del podestà. Esso si accompagnava forse alla concessione di poteri straordinari, che si rafforzarono ulteriormente con il cumulo della carica di capitano del popolo. La mancanza di documentazione, tuttavia, ci impedisce di saperne di più.
Faenza era un comune di popolo. La prima attestazione del capitano del popolo è del 1256, quella degli anziani del 1262. Gli anziani erano eletti sulla base delle ripartizioni topografiche, due per quartiere, e duravano in carica un bimestre. Al consiglio generale riunito in assemblea plenaria prendevano parte, oltre al podestà, al capitano e agli anziani, i consoli dei mercanti e un numero vario di cittadini cooptati probabilmente per quartiere, detti sapientes.
Dai primi anni ’90 Bandino fu tra i più fedeli sostenitori di Maghinardo Pagani da Susinana. Fu probabilmente su indicazione di Maghinardo che egli fu nominato podestà di Forlì nel 1292, dopo che le truppe del Pagani, chiamate in soccorso dal popolo di Forlì, ebbero allontanato dalla città il conte di Romagna Ildebrandino da Romena. Nel 1292 Bandino fu eletto capitaneus generalis societatis provincie Romaniole, capitano, cioè, della lega ghibellina tra Forlì, Faenza e Ravenna, promossa da Maghinardo; egli tenne questa carica anche nel 1293. Lo stretto legame tra il G. e il Pagani è confermato dal fatto che Bandino, alternandosi con il fratello Tegrimo, tenne la carica di podestà di Faenza almeno dal 1297 al 1299, mentre Maghinardo dominava la città con il titolo di capitano del popolo. Il Pagani, insignoritosi anche di Imola, e impegnato su più fronti militari, aveva probabilmente bisogno di una persona di fiducia per controllare Faenza.
Dopo la morte di Maghinardo, Bandino rimase fedele allo schieramento ghibellino, e fu con il sostegno dell’ultraghibellino Scarpetta Ordelaffi che prese Faenza nel1306. Inseguito, tuttavia, le notizie si fanno confuse. Pare che egli, dopo aver giurato fedeltà ad Enrico VII e avergli promesso di scortarlo con le sue milizie fino a Roma, con un improvviso voltafaccia si collegasse ai fiorentini.
La sorella di Bandino, Margherita, aveva sposato Bonifacio da Susinana, parente di Maghinardo.
Bandino fu podestà di Forlì nel 1292 e di Faenza tra il 1297 e il 1299, alternandosi con il fratello Tegrimo, sempre grazie alla sua alleanza con Maghinardo Pagani da Susinana. Nel 1292 e 1293 fu capitaneus generalis della legha ghibellina tra Forlì, Faenza e Ravenna, a cui poi si aggiunse anche Rimini.
Non sappiamo se la signoria di Bandino si protrasse oltre la scadenza dei due anni per i quali gli erano state conferite le cariche di potestas populi e capitano del popolo, e neppure in che modo essa si concluse.
La fonte principale per la conoscenza della figura di Bandino è il Chronicon del notaio faentino Pietro Cantinelli, che partecipò alle vicende di quegli anni in posizione di rilievo come magistrato comunale (vedi bibliografia). Per l’azione politica del G. a Faenza è importante il fondo diplomatico noto come «Raccolta Azzurrini», conservato presso l’Archivio di Stato di Ravenna, Sezione di Archivio di Stato di Faenza. Molte delle pergamene sono trascritte, per esteso o, più spesso, in regesto, in B. Azzurrini, Chronica breviora e in G. B. Mittarelli, Ad scriptores rerum italicarum (vedi bibliografia).
Fonti: G. C. Tonduzzi, Historie di Faenza, Faenza 1675; G. B. Mittarelli, Ad scriptores rerum italicarum cl. Muratorii accessiones historicae faventinae, Venetiis 1771; Petri Cantinelli chronicon, a cura di F. Torraca, RIS2, XXVIII, 2, Città di Castello 1902; Chronica breviora aliaque monumenta faventina a Bernardo Azzurrino collecta, a cura di A. Messeri, RIS2, XXVIII, 3, Città di Castello 1907; Magistri Tolosani Chronicon Faventinum, a cura di G. Rossini, RIS2, XXVIII, 1, Bologna 1936.
Studi: V. Ragazzini, Modigliana e i conti Guidi, Modigliana 1921; A. Vasina, I romagnoli fra autonomie cittadine e accentramento papale nell’età di Dante, Firenze 1965, ad indicem; E. Sestan, Dante e i conti Guidi, in Id., Italia medievale, Napoli 1968, pp. 349-352; R. Albertoni, I conti Guidi da Porciano, in Il castello di Porciano in Casentino, Firenze 1987; M. Bicchierai, Il castello di Raggiolo e i conti Guidi, Raggiolo-Montepulciano 1994; M. Bicchierai, voce Guidi Guido, in DBI 61 (2004).