di:
Ignazio Del Punta
ca. 1372/1375 – 1432
Lucca e distretto. Dal 1404 anche Carrara e il suo distretto, ottenuti da Giovanni Colonna, e organizzati in vicaria (ottobre 1404). Si veda comunque scheda famigliare.
Vedi scheda famiglia Guinigi. Paolo era figlio di Francesco di Lazzaro.
Anziano della Repubblica di Lucca; membro del collegio dei Dodici di balìa (dal luglio 1400); Difensore del Popolo e della città di Lucca (dall’ottobre 1400); dal 21 novembre 1400 fino al 15 agosto 1430 signore di Lucca.
Dal 1393 Paolo risulta presente a Lucca dove in marzo fu eletto al Consiglio generale. La carriera politica di Paolo assume consistenza tre anni più tardi. Nel 1395 il G. ricoprì la carica di Anziano, alla quale fu chiamato nuovamente nel 1397, 1399 e 1400. Dal luglio del 1400 fece parte del Collegio dei Dodici di Balìa, una magistratura straordinaria con poteri molto estesi. In ottobre il G. assunse il titolo di “Difensore del Popolo e della città”, preludio all’assunzione della signoria. Due importanti antecedenti influirono su questa svolta politica. Il 15 febbraio 1400 il fratello maggiore di Paolo, Lazzaro, fu ucciso in un agguato dal fratello, Antonio, che agì in combutta con il cognato Niccolò Sbarra, mosso da questioni economiche e risentimenti personali (lo Sbarra era nipote di Bartolomeo Forteguerra, ucciso nel 1392). Entrambi i colpevoli furono catturati e giustiziati sulla pubblica piazza. Il gruppo ristretto di consiglieri che dirigeva la fazione guinigiana scelse allora come successore di Lazzaro nel ruolo di capo-consorteria Paolo, che si era distinto nella cattura degli assassini del fratello e che già aveva dato prova delle sue capacità. Altro antefatto che favorì l’ascesa al potere di Paolo fu la congiura ordita contro di lui nel novembre 1400 da un suo parente, il vescovo Niccolò Guinigi, con la complicità di alcuni canonici della cattedrale. La sua congiura non ebbe conseguenze e fu repressa con grande moderazione. Il vescovo rimase al suo posto, ma da quel momento in poi la sua autorità fu sottoposta pesantemente al controllo e all’ingerenza del nuovo signore di Lucca.
La signoria di Paolo si affermò in netta discontinuità con la tradizione politica precedente e il potere del G. era formalmente illegittimo. Solo nel 1413 giunse finalmente una legittimazione dall’alto, anzi dalla più alta autorità politica possibile, l’imperatore Sigismondo di Lussemburgo che concesse al G. il titolo di vicario imperiale di Lucca. La signoria otteneva così un fondamento giuridico e al tempo stesso la trasmissibilità del titolo ai figli.
Il G. dovette preoccuparsi fin dall’inizio del risentimento causato dalla rottura della tradizione istituzionale. Per dare maggior peso alla svolta politica, abolì fin dal gennaio 1401 la magistratura degli Anziani e i Consigli (il Consiglio Generale e il Consiglio dei Trentasei) sostituendoli con un organo consultivo formato da tre rappresentanti scelti da ciascun terziere della città e presieduto da Dino Guinigi, parente e fedele collaboratore di Paolo. Per rafforzare il consenso il G. fu attento a far entrare nella nuova magistratura prevalentemente suoi fautori e collaboratori, lasciando tuttavia spazio anche a membri di altre famiglie, così da consolidare - tramite legami personali trasversali - il sostegno diretto al suo potere. Fino al 1405 la composizione del consiglio fu espressione rappresentativa di ciascun terziere cittadino, in seguito i membri vennero scelti direttamente dal signore.
Il G. fu attore di un complesso gioco di alleanze all’insegna di un atteggiamento costantemente ambiguo nei confronti di Firenze. Inizialmente i rapporti con questa città furono tesi, il G. accogliendo le richieste avanzategli da Gian Galeazzo Visconti di chiudere ai mercanti fiorentini il porto di Motrone. L’improvvisa scomparsa di Gian Galeazzo il 3 settembre 1402 liberò il G. da una difficile situazione. Negli anni successivi Paolo osservò una politica di prudente attesa. Segnò un successo a suo favore acquisendo Carrara e il suo distretto dall’ex-capitano dell’esercito visconteo Giovanni Colonna e intanto intesseva rapporti di amicizia con il re di Napoli, Ladislao di Angiò Durazzo, avversario di Luigi d’Orléans. Il G. si schierò in segreto dalla parte di Ladislao e del suo sostenitore, il papa di obbedienza romana Bonifacio IX. Tuttavia i progetti di Ladislao d’intervenire in Toscana, in particolare a Pisa, fallirono e la morte di Bonifacio IX pose fine all’alleanza strategica tra il re di Napoli, il papa e il signore di Lucca. Poco dopo Firenze conquistò Pisa (ottobre 1406) nonostante i tentativi del G. di opporvisi. Rapporti stretti furono quindi stabiliti da Paolo con il nuovo papa “romano” Gregorio XII, suo ospite a Lucca all’inizio del 1408, e di riflesso con Venezia, città natale del pontefice, e nuovamente con Ladislao d’Angiò che aveva assunto il controllo di Roma e si poneva apertamente in contrasto con Firenze. Quest’ultima promosse una lega contro il re di Napoli che riuniva Siena, Luigi II d’Angiò e il nuovo papa Alessandro V, eletto al concilio di Pisa del 1409. Alla lega si sottrasse però Genova ribellatasi all’egemonia francese. Il nuovo governo genovese entrò in rotta di collisione con Firenze e l’ostilità ligure arrecava non poco danno agli interessi mercantili fiorentini. Firenze si vide costretta a concludere una pace separata con Ladislao all’inizio del 1411 e un’altra con Genova, firmata soltanto nell’aprile 1413 grazie alla mediazione del G..
Gli anni successivi rappresentarono un periodo di maggiore tranquillità e consentirono a Paolo di consolidare la sua autorità all’interno dello stato lucchese. La crisi sopraggiunse nel 1418 quando il capitano di ventura Braccio da Montone entrò nel territorio lucchese su istigazione delle autorità fiorentine. Alla minaccia militare si aggiungeva una situazione di emergenza causata da una grave pestilenza. Il G. fu costretto a scendere a patti con il condottiero incassando anche il tradimento di uno dei suoi consiglieri più esperti, Guido Manfredi da Pietrasanta. Si aprì quindi un periodo di continue difficoltà sul fronte esterno. Il Ducato di Milano riprendeva la spinta espansiva su impulso di Filippo Maria Visconti provocando la reazione di Venezia e Firenze, alleatesi per contrastare le iniziative del duca. Il conflitto tra Milano da una parte, Firenze e Venezia dall’altra era destinato a protrarsi per anni e a trovare una prima soluzione solo nel 1428 con la pace di Ferrara. Formalmente il G. si alleò a Firenze stipulando una lega quinquennale nel 1422, ma mantenne un atteggiamento di grande prudenza, cercando di fatto la neutralità. Il G. vedeva prospettarsi la possibilità di appoggiarsi nuovamente al ducato di Milano contro le ingerenze fiorentine. Nel 1425 i rapporti con Firenze si fecero tesi e l’anno successivo il governo veneziano privò il G. della cittadinanza onoraria e sequestrò l’ingente somma (40000 ducati) che il signore di Lucca aveva investito nel 1408 nei titoli pubblici della Serenissima, accusandolo di esser passato dalla parte del Visconti. A Firenze si erano formati nel frattempo due partiti: uno, prevalente, anti-guinigiano e un altro, minoritario e presieduto da Niccolò da Uzzano, filo-guinigiano. Nel 1428 il rifiuto da parte lucchese di partecipare alle spese per la condotta di Braccio da Montone aggravò la situazione. Alla fine del 1429 Firenze si decise ad intervenire manu militari contro Lucca. Quando il capitano di ventura Niccolò Fortebracci entrò in territorio lucchese, il G. fece appello a Filippo Maria che gli inviò in soccorso Francesco Sforza, dopo aver finto un licenziamento del condottiero dal suo servizio. L’intervento dello Sforza bloccò temporaneamente l’iniziativa militare fiorentina, ma non salvò il G. che fu deposto da una congiura interna, istigata dai fiorentini con il tacito consenso del condottiero milanese.
Merita un cenno a parte l’attenta politica matrimoniale perseguita dal G. come strumento di alleanze con alcune famiglie influenti sia lucchesi che liguri e marchigiane. Paolo ebbe quattro mogli: Maria Caterina degli Antelminelli, pronipote di Castruccio Castracani; Ilaria del Carretto, figlia del marchese Carlo, marchese di Finale Ligure; Piacentina di Rodolfo da Varano, della famiglia dei signori di Camerino; Iacopa Trinci, esponente di una famiglia dell’aristocrazia mercantile lucchese.
La famiglia del G. intratteneva un rapporto privilegiato con i Francescani (presso la cui chiesa erano sepolti i membri della famiglia) e con i Domenicani. Paolo intrattenne ottimi rapporti con la Curia romana, sia con Bonifacio IX che più tardi con Gregorio XII, mentre con il nuovo papa Alessandro V, eletto nel 1409, le relazioni furono meno strette a causa delle circostanze politiche. La condotta del G. nei confronti degli enti ecclesiastici locali fu improntata ad un deciso interventismo. La congiura orchestrata contro di lui dal giovane vescovo Niccolò Guinigi offrì a Paolo il destro per intervenire nella nomina dei rettori dei più importanti benefici ecclesiastici e interferire pesantemente nell’amministrazione vescovile.
Il G. fu promotore di un ambizioso programma di rinnovamento urbanistico e architettonico, insieme civile e religioso, oggetto di recenti studi. Gli interventi più importanti riguardarono: la ricostruzione della cittadella fortificata creata da Castruccio Castracani, l’Augusta, eletta a stabile residenza del signore già nel 1401 (ma i lavori si protrassero fino al 1404); l’erezione di una villa suburbana tra il 1413 e il 1420 nota come palazzo dei Borghi o “del Giardino”, residenza ufficiale e al tempo stesso “monumento dell’otium umanistico” (C. Altavista); la risistemazione dell’intera area dei Borghi nella zona nord-orientale della città (1413-1424), connessa alla realizzazione della villa suburbana secondo un preciso programma urbanistico-architettonico. Legati ad esso erano anche i progetti di ampliamento della chiesa di San Francesco e l’erezione di una nuova cinta muraria cittadina che avrebbe incluso l’area dei Borghi, progetto quest’ultimo mai realizzato.
La signoria di Paolo rappresentò per Lucca un periodo di importante fioritura artistica, architettonica e intellettuale. Il G. creò a Lucca una piccola corte di tipo rinascimentale, in anticipo rispetto a Firenze e ad altre città italiane. L’ambiente artistico lucchese di quel periodo si mostrò sensibile alle suggestioni provenienti dai nuovi linguaggi artistici del continente, ad esempio dalla Francia e dalle Fiandre. Lucca seppe richiamare in quegli anni ingegneri, architetti, orafi, miniatori, pittori e scultori, il più insigne dei quali fu senz’altro il senese Jacopo della Quercia, chiamato a realizzare il monumento funebre di Ilaria del Carretto, seconda sposa di Paolo, prematuramente scomparsa. Il mecenatismo del G., che ottenne senz’altro risultati degni di nota, ma deve essere sottoposto ad una cauta lettura per evitare facili esagerazioni. In ambito letterario, si ricordino la stretta relazione del signore con Giovanni Sercambi, cronista erudito e novelliere, e la vasta biblioteca raccolta da Paolo negli anni della sua signoria.
La signoria del G. si basava su una base di potere politico garantita dal sostegno di un gruppo ristretto di amici fidati, ai quali erano riservati i più importanti uffici di governo, e al tempo stesso su un largo consenso tra le famiglie dell’oligarchia cittadina e tra i ceti popolari. Tra i suoi sostenitori più fidati si ricordino almeno Tommaso da Ghivizzano, Giovanni Sercambi, Guido Manfredi da Pietrasanta (suo segretario e cancelliere), Marco Martini, Niccolò Arnolfini, Stefano di Poggio, Iacopo de’ Viviani, Nuccio di Giovanni, Bonaccorso Balbani, Antonio di Bonaccorso Bocci, Giovanni Arrighi, Antonio da Volterra, Dino (cugino del padre di Paolo) nonchè Baldassarre, Niccolò di Francesco e Giovanni Guinigi, più tardi il figlio Ladislao. Compaiono inoltre esponenti di numerose famiglie dell’oligarchia lucchese come gli Onesti, i dal Portico, i Trenta, gli Avvocati, i Gigli, i di Poggio, i de Fondora, i Bernardini, i Faitinelli, i Totti. Al contrario, tra le famiglie tradizionalmente avversarie dei Guinigi vi erano i Forteguerra, i Rapondi e gli Schiatta, mentre un esponente degli Sbarra, Niccolò di Benedetto, sposato con una sorella di Paolo, Caterina, aveva partecipato alla congiura che aveva portato all’assassinio di Lazzaro Guinigi nel 1400.
La solida rete di amicizie intessuta dal G., anche tramite i matrimoni delle sue dieci sorelle, cominciò a mostrare qualche crepa con il tradimento nel 1418 dello strettissimo collaboratore Guido Manfredi da Pietrasanta. A distanza di un decennio, non appena Firenze si risolse a chiudere la questione con il G., un gruppo di cospiratori formato da esponenti di alcune famiglie dell’oligarchia lucchese che avevano goduto di incarichi e benefici, si organizzò per destituire il signore. Si trattava di Pietro Cenami, Lorenzo Buonvisi, Terio Gentili, Niccolò Streghi, Giovanni da Ghivizzano, Niccolò Neri. Ad eccezione di Pietro Cenami, i congiurati non possono essere annoverati tra gli amici e i collaboratori più stretti del G.. Nessuno di essi fece mai parte del Consiglio del signore. Tuttavia avevano ottenuto con una certa frequenza incarichi di media importanza, usufruendo inoltre di benefici. Il Cenami era legato al G. anche da rapporti di parentela poichè sua sorella Giovanna aveva sposato Lorenzo, figlio del fratello maggiore di Paolo, Lazzaro. I Cenami non possono tuttavia essere annoverati tra le famiglie tradizionalmente amiche dei Guinigi. Il padre di Pietro Cenami, Giuffredo, alla fine del Trecento fu tra i sostenitori dei Forteguerra e prese parte ai disordini del 1392 contro i Guinigi, ottenendo poi la grazia e il perdono.
È dunque nell’ambito del gioco di colleganze e rivalità tra i vari consortati aristocratici lucchesi che vanno cercate le basi del sistema di alleanze di cui godette per lungo tempo il signore di Lucca, ma anche le ragioni ultime della sua caduta.
Il G. riscosse giudizi positivi presso larga parte dei concittadini durante la sua signoria in ragione della mitezza e magnanimità di cui dette più volte prova. Parte fondamentale nella costruzione del consenso fu giocata dall’opera letteraria-propaganidistica del fidato Sercambi, che celebra le virtù di Paolo nelle Croniche. Tuttavia a partire dal 1418 il G. andò incontro ad un crescente dissenso interno testimoniato dalle defezioni di Guido Manfredi da Pietrasanta, più tardi di Iacopo Viviani, Pietro Cenami, Giovanni da Ghivizzano. Non solo, ma nell’ambiente fiorentino il G. non godeva di buona reputazione. I giudizi di autorevoli personaggi dell’oligarchia fiorentina dell’epoca sono in genere fortemente negativi. Al di là di Niccolò da Uzzano e del partito che a lui faceva capo, per il resto l’oligarchia fiorentina era decisamente avversa a Paolo, considerato non a torto interlocutore inaffidabile. Si ricordino in proposito i giudizi espressi da Giovanni di Pagolo Morelli, Bonaccorso Pitti, Rinaldo degli Albizzi, Niccolò Capponi, Giovanni Cavalcanti, il quale ultimo bolla il G. “come uomo rozzo e non esperto nel governo della Repubblica”. I giudizi negativi sulla figura del G. si consolideranno nel tempo sia a Lucca che a Firenze, ma per differenti motivi. Mentre la tradizione storiografica lucchese del tardo ‘400 e del ‘500 vede nel G. il simbolo della tirannia sul fronte interno e in politica estera un debole, contrapponendolo alla figura idealizzata di Castruccio – esaltato al contrario per le sue glorie militari – la tradizione fiorentina condanna Paolo in quanto nemico di Firenze, campione di doppiezza, asservito alle brame di espansione di Gian Galeazzo prima, poi di Filippo Maria Visconti. In ambito lucchese si rammentino i cronisti Niccolò Tucci, Giuseppe Civitali, Giovanni Sanminiati, Niccolò Tegrimi. La tradizione fiorentina sul G. culmina in Machiavelli che descrive implicitamente il G. come una figura antitetica al Valentino e allo stesso Castruccio, che Machiavelli segretamente ammira.
L’arrivo di Francesco Sforza a Lucca alla fine di luglio del 1430 indusse le milizie fiorentine ad arretrare e ad intavolare trattative. Il G. fu deposto nella notte tra il 14 e il 15 agosto da una congiura capeggiata da Pietro Cenami con il sostegno di altri avversari politici interni e con il tacito assenso dello Sforza, che ricevette in cambio una cospicua somma di denaro. Il G. fu portato nel castello di Pavia con i figli maschi. Morì nel 1432 e fu sepolto nella chiesa di San Pietro in Ciel d’Oro.
Archivio di Stato di Lucca, Archivio Guinigi, 74, 130 bis, 151; Anziani al tempo della libertà, 649; Biblioteca Manoscritti, 125; Capitoli, 34, 35; Consiglio Generale, 12, 13; Fregionaia, 40; Governo di Paolo Guinigi, 1-39; Potestà di Lucca, 5219; Sentenze e bandi, 114; Vicario di Pietrasanta, 146; Biblioteca Statale di Lucca, Manoscritti, 854, 1115.
Fonti: G. Sercambi, Croniche, a cura di S. Bongi, ibid., XIX-XXI, Roma 1892-93; G. Sercambi, Novelle, 2 voll., a cura di G. Sinicropi, Firenze 1995; G. Cavalcanti, Istorie fiorentine, a cura di G. Di Pino, Milano 1944; Mercanti scrittori, a cura di V. Branca, Milano 1986; Commissioni di Rinaldo degli Albizzi per il Comune di Firenze dal 1399 al 1443, a cura di C. Guasti, I-III, Firenze 1867-73; N. Machiavelli, Opere, II, Istorie fiorentine e altre opere storiche e politiche, a cura di A. Montevecchi, Torino 1971; Regesti del R. Archivio di Stato in Lucca, II, Carteggio degli Anziani dal 1333 al 1400, a cura di L. Fumi, Lucca 1903; III, 1, Carteggio di Paolo Guinigi: 1400-1430, a cura di L. Fumi – E. Lazzareschi, Lucca 1925; Regesti del R. Archivio di Stato in Lucca, III, 2, Carteggio di Guido Manfredi, cancelliere della repubblica di Lucca, consigliere di Paolo Guinigi (1400-1420), a cura di E. Lazzareschi, Pescia 1933; IV; Libro della Comunità dei mercanti lucchesi in Bruges, a cura di E. Lazzareschi, Milano 1947; P. Pelù, Il codice mercantile guinigiano dell’anno 1406, Lucca 1998; Nicolao degli Onesti, vicario di Montecarlo: carteggio con Paolo Guinigi, 1401 e 1408, a cura di G. Tori, Lucca 1977.
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