di:
Riccardo Rao
1250 ca.-1322
1299-1315
Pavia, Casale Monferrato
I Langosco discendono da un ramo dei conti palatini di Lomello radicato a Langosco, ai margini occidentali del contado pavese. La stirpe si impose nel corso del Duecento come guida del partito aristocratico pavese, indirizzandosi, in maniera duttile, verso la fine del secolo su posizioni filo-guelfe.
Filippone non assunse titoli formali. Egli compare in prima posizione negli elenchi di sapienti e le cronache concordano nel sottolineare la sua signoria sulla città. Il vicentino Ferretto Ferretti lo inserisce nell’elenco dei signori italiani, dicendo che il Langosco «schiacciava» la città di Pavia. Nella relazione sul viaggio di Enrico VII in Italia di Nicola vescovo di Botronto, Filippone «teneva con autorità la sua città». Lo stesso Opicino de Canistris lo indica come «signore di questa città» (dominus huius urbi).
Filippone riuscì a salire al potere grazie anche all’appoggio di Matteo Visconti, che nel 1299 lo aiutò a cacciare Manfredo Beccaria.
Pur non avendo ricevuto alcuna legittimazione, né dal comune, né dall’esterno, al dominio sulla città, rimasto a livello informale dal punto di vista istituzionale, i Langosco nel 1313 si fecero rilasciare alcuni privilegi dall’imperatore Enrico VII che confermarono i loro domini nelle campagne.
Con Filippone il baricentro della politica cittadina si spostò a favore della corrente aristocratica. Giovanni da Cermenate lo definisce «primo e rettore della fazione dei nobili» (nobilium factionis primus ac rector. Ciononostante, il Langosco non soppresse le istituzioni del comune di popolo, verso il quale mantenne un atteggiamento particolarmente prudente. Pur cercando di fare sì che i capitani del popolo fossero scelti tra personaggi a lui vicini, egli non assunse alcun titolo per formalizzare il suo dominio sulla città, mantenne inalterati i meccanismi istituzionali e continuò a governare, come già Manfredo Beccaria, attorniato da sapienti espressione di differenti raggruppamenti sociali. Non si interruppe dunque, neppure in questo periodo di egemonia aristocratica, il canale di comunicazione che sin dai tempi di Manfredo Beccaria legava il popolo pavese alla signoria, propensa a rappresentarne le istanze.
Dopo il 1310, Filippone dovette condividere il potere con alcune dominazioni esterne. Nel 1311-1312, Enrico VII conferì la città a Filippo d’Acaia. Nel periodo 1313-1315, inoltre, alla signoria del Langosco si sovrappose quella di Roberto I, a cui la città si era sottomessa. L’analisi politica dei consigli dei sapienti sopravvissuti lascia intendere che Filippone costituisse l’ago della bilancia di tale organismo, di cui facevano parte, oltre al Langosco, dodici esponenti, sei tratti dai popolari, sei dagli aristocratici.
Il Langosco costruì la sua alleanza all’interno del circuito guelfo. In particolare, egli aveva solide relazioni con Alberto Scotti, con Guido della Torre (con cui era imparentato), con Simone Avogadro di Vercelli, con Giberto da Correggio (che sposò sua figlia Elena nel 1312), con Antonio Fissiraga di Lodi (di cui fu fideiussore di fronte all’imperatore per garantirne il rientro in città) e con Giovanni I di Monferrato. Nel 1305, alla morte di quest’ultimo, egli fu governatore luogotenente del marchesato, assieme a Manfredo IV di Saluzzo e al comune di Pavia. A fronte dei tentativi del Saluzzo di impadronirsi del marchesato, egli appoggiò Teodoro I Paleologo. In tal modo, Filippone si scontrò con gli Angiò, venendo imprigionato tra il 1307 e il 1308 a Marsiglia, periodo durante il quale il potere a Pavia fu esercitato dal figlio Riccardino. Le relazioni con la principale potenza guelfa furono ristabilite nel 1313, quando Pavia si sottomise a re Roberto I.
Con Enrico VII Filippone ebbe relazioni controverse: in un momento di difficoltà dello schieramento imperiale, attraversato da numerose rivolte, egli riuscì a farsi concedere dall’imperatore Casale Monferrato. Nel 1311, il Langosco sostenne la concessione del vicariato imperiale su Pavia, Vercelli e Novara a Filippo d’Acaia. Quest’ultimo, tuttavia, se riuscì a incarcerare il nemico di Filippone Manfredo Beccaria, cercò di catturare anche lo stesso Filippone per eliminarne l’autorità residua in città. Furono invece quasi sempre bellicosi, malgrado il comune orientamento filo-aristocratico, i rapporti con Matteo Visconti, anche se per breve tempo, nel 1299, si progettò un’alleanza, rafforzata da un’unione parentale, tra le due casate.
Il dominio del Langosco si associò al controllo della cattedra episcopale, ricoperta nello stesso periodo da suo fratello, Guido Langosco (1295-1311).
come per i Beccaria, Filippone Langosco manca di una politica culturale riconoscibile e neppure gli si possono ascrivere la creazione di una corte o l’avvio di produzioni documentarie autonome rispetto al sistema comunale.
La dominazione si fondò sul sostegno dei milites e su un’interruzione del baricentro filo-popolare del governo di Manfredo Beccaria. Ciononostante non si registrano significative sommosse, forse anche per il rispetto da parte del Langosco delle istituzioni del comune di popolo.
La dominazione del Langosco si interruppe con l’ingresso di Matteo Visconti a Pavia nell’ottobre 1315.
La scarsa definizione del regime signorile di Filippone e la mancata creazione di autonomi organismi legislativi e di governo da parte della signoria hanno fatto sì che lo studio di tale esperienza dipenda dalle fonti comunali. Si deve comunque rilevare che i Langosco hanno trasmesso archivi familiari, nei quali sono conservati in più copie i privilegi imperiali conseguiti a sostegno dei loro diritti nelle campagne. Per quanto finora noto, tali archivi sembrano invece essere più carenti per le notizie inerenti alla dominazione del Langosco in città.
Fonti: Ferreti Vicentini Historia rerum in Italia gestarum ab anno MCCL ad annum usque MCCCXVIII, in Le opere di Ferreto de’ Ferreti Vicentino, a cura di Carlo Cipolla, Roma 1908-1914 (Fonti per la Storia d’Italia, XLII-XLIII), p. 274; Historia Iohannis de Cermenate notarii Mediolanensis, a cura di L.A. Ferrai, Roma 1889; Legum sectio IV, Constitutiones et acta publica imperatorum et regum, a cura di J. Scwalm, Hannover-Lipsiae 1906 (MGH), t. IV/1, p. 534; Opicino de Canistris. L’«Anonimo ticinese» e la sua descrizione di Pavia, a cura di F. Gianani, Pavia 1976; Petri Azarii Liber gestorum in Lombardia, a cura di F. Cognasso, Bologna, 1926 (RIS2, XVI/4); Regesto dei marchesi di Saluzzo (1091-1340), a cura di A. Tallone, Pinerolo 1906 (BSSS, 16); Guilielmi Venturae Memoriale de gestis civium Astensium et plurium aliorum, in Scriptorum III (HPM, V), Torino 1848, coll. 701-816; Nicolai episcopi Botrontinensis Relatio de itinere italico Henrici VII imperatoris, a cura di L.A. Muratori, Milano 1726 (RIS, IX), coll. 887-934 (col. 891, 897-898).
Studi: Andenna G., s.v. Langosco, Filippone di, in Dizionario biografico degli Italiani, LXIII, Labroca-Laterza, Roma 2004, pp. 611-615; Andenna G., Le strutture sociali in età signorile e feudale, in Comuni e signorie nell’Italia settentrionale: la Lombardia, Storia d’Italia, diretta da G. Galasso, Torino 1998, vol. VI, pp. 191-314 (pp. 232 e sgg.); Biscaro G., I conti di Lomello, in «Archivio storico lombardo», serie IV, 33 (1906), pp. 351-390; Bascapè G.C., I conti palatini del regno italico e la città di Pavia dal Comune alla Signoria, in “Archivio storico lombardo”, serie VII, 42 (1935), pp. 281-377. Dragoni B., I conti di Lomello conti di Pavia e conti di Palazzo, in “Bollettino della società pavese di storia patria”, 47 (1948), pp. 9-49; Rao R., Il sistema politico pavese durante la signoria dei Beccaria (1315-1356): «élite» e pluralismo, in «Mélanges de l’École française de Rome. Moyen Age», 119 (2007), pp. 151-187; Id., La continuità aleramica: il governo del marchesato di Monferrato e i poteri locali durante la successione paleologa (1305-1310), in “Quando venit marchio grecus in terra Montisferrati”: l’avvento di Teodoro primo Paleologo nel VII centenario (1306-2006), Atti del Convegno (Casale Monferrato – Moncalvo Monferrato – Serralunga di Crea, 14-15 ottobre 2006), a cura di A.A. Settia, Casale Monferrato 2008, pp. 23-44; Robolini G., Notizie appartenenti alla storia della sua patria raccolte ed illustrate, vol. IV/2, Pavia 1832; Vaccari P., Pavia nell’età comunale, in Storia di Pavia, III, Dal libero comune alla fine del principato indipendente. 1024-1535, t. 1, Società, istituzioni, religione nelle età del Comune e della Signoria, Milano 1992, III/1, pp. 27-54.