di:
Maria Pia Contessa
1360 ca. - 1434
1427 - 1434
Famiglia di origine mercantile che traeva i suoi proventi economici dalla proprietà di navi e dai commerci. Rimasero fuori dalle lotte politiche fino ai primi del Trecento, quando sostennero i guelfi e Roberto d’Angiò ricevendo in cambio privilegi e cariche nel Regno di Napoli e raggiungendo così lo status nobiliare. Si affermarono politicamente durante il governo popolare del Boccanegra, epoca in cui cominciarono a comparire in posizioni rilevanti nelle istituzioni. All’ascesa politica si accompagnò la crescita della fortuna economica: attivi sulle principali piazze commerciali, sia in proprio che in società con altri mercanti, sempre sotto il dogato del Boccanegra avviarono imprese redditizie (come la costituzione di una società per il monopolio e lo sfruttamento del ferro nell’isola d’Elba) che consentirono loro il salto di qualità nelle grandi operazioni finanziarie e ne fecero i più grossi azionisti delle compere e i principali contribuenti delle avarie.
Furono molto prolifici, il che favorì l’articolazione in più rami della famiglia che tuttavia rimase unita. Legati per affari e parentela ai lignaggi importanti, sia di antica nobiltà che emergenti, dinamici e intraprendenti, daranno vita a un grande albergo che per peso economico e sociale era inferiore solo a quello dei Doria e degli Spinola.
Napoleone di Leonello, padre di Carlo, era un mercante che operava soprattutto sulle piazze dell’Italia meridionale, dove i L. godevano della protezione angioina. Il successo negli affari gli consentì di acquistare beni immobili concentrati soprattutto nella contrada di Banchi dove realizzò una domus magna che divenne il punto di riferimento dei suoi numerosi discendenti (i Lomellini “di Porta” o “di Banchi”), mentre altri membri della famiglia erano insediati nella contrada di Sant’Agnese (i Lomellini “di Borgo”). Nel 1378 si fece promotore della maona di Corsica, alla quale il doge Guarco affidò, sotto forma di investitura feudale, il governo dell’isola. Ricoprì importanti cariche pubbliche (Anziano nel 1355, 1380, 1390 e 1398, consigliere nel 1368, ufficiale di guerra nel 1367 e 1374, ambasciatore del Comune per trattare la pace con Venezia nel 1381) e ordì una congiura con altri nobili guelfi per offrire al conte Amedeo di Savoia la signoria di Genova e rovesciare il regime popolare instaurato dal Boccanegra. La congiura fallì ma Napoleone continuò la sua politica antidogale e fu accanito sostenitore della dedizione a Carlo VI nel 1396. Nel 1398 le lotte di fazione lo obbligarono a rifugiarsi a Savona dove, l’anno successivo, ottenne per sé e per i figli la cittadinanza savonese.
Negli anni successivi al 1408 uno dei fratelli di Carlo passò dalla fazione guelfa a quella ghibellina; non sappiamo se Carlo fece altrettanto, però sostenne i Campofregoso facendosi loro fideiussore nel 1412 per 4.500 fiorini che dovevano ai fiorentini. Nel 1421 fu acceso sostenitore della signoria dei Visconti, che dopo la sua scomparsa confermarono i figli Galeotto e Sorleone nel possesso di Ventimiglia. La loro signoria durò però pochi mesi perché ai primi di aprile del 1436 i milanesi furono cacciati da Genova e Tommaso Campofregoso riprese il governo della Repubblica.
Ottenne il governo di Ventimiglia dai Visconti, all’epoca signori di Genova, per dieci anni a garanzia di un credito di 3.000 lire che egli vantava nei confronti del Comune
Si comportò come se fosse stato signore di Ventimiglia, rifiutando di riconoscere l’autorità di Genova.
Sostenne gli interessi del duca di Milano nella Riviera occidentale, dando un importante contributo nel domare una rivolta dei Del Carretto e di altri signori locali.
Approfittò della benevolenza dei ventimigliesi per creare nella Riviera di Ponente una fazione a lui legata. Tale progetto fu sostenuto dai Grimaldi di Monaco, unici fautori del partito guelfo nell’estremo Ponente ligure, e dai rettori dei Visconti a Genova che fra 1426 e 1435 fecero in modo di assegnare a membri della famiglia Lomellini sia il vicariato di Porto Maurizio che le più importanti podesterie e castellanie della Riviera a ovest di Albenga.
Inviato a Milano nel 1426 con incarichi diplomatici.
Fu molto popolare tra i ventimigliesi che apprezzarono la sua giustizia e umanità.
Nel 1433 gli fu affidata la missione di riprendere il controllo di una colonia nel Mar Nero che era stata strappata ai genovesi da vassalli dei Tartari. Morì l’anno successivo, dopo avere riconquistato la colonia, durante il tentativo di assaltare la capitale dei Tartari in Crimea.
Genova, Biblioteca civica Berio, m.r. V.3.19, Documenti relativi a Napoleone e Carlo Lomellini e discendenti, cc. 5r-7v, 8v-11r, 13v-14r.
Battilana, N., Lomellini, in Id., Genealogie delle famiglie nobili di Genova, III, Genova, Fratelli Pagano, 1833, tav. 33; Georgii et Iohannis Stellae Annales genuenses, a cura di G. Petti Balbi, Bologna, Zanichelli, 1975, pp. 364, 378; Musso, R., Le istituzioni ducali dello stato di Genova durante la signoria di Filippo Maria Visconti, in Chiappa Mauri, L. et al. (a cura di), L’età dei Visconti. Il dominio di Milano tra XIII e XV secolo, Milano, La Storia, 1993, pp. 65-111: 81, 108; Musso, R., Lomellini, Carlo, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, istituto dell’Enciclopedia italiana; Musso, R., Lomellini, Napoleone, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, istituto dell’Enciclopedia italiana; Petti Balbi, G., Simon Boccanegra e la Genova del ’300, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 1995, pp. 189-198; Inventari e regesti del R. Archivio di Stato di Milano, I, I registri viscontei, Milano, Palazzo del Senato, 1915, pp. 44, 64-68; II, Gli atti cancellereschi viscontei, Milano, Palazzo del Senato,1920, 1 (Decreti e carteggio interno), pp. 163, 166.