Ludovico, duca di Savoia


di:
Estremi anagrafici:

1413-1465



Durata cronologica della dominazione:

Duca di Savoia dal 1440 al 1465.



Espansione territoriale della dominazione:

Non vi sono particolari variazioni rispetto all'estensione dei domini al tempo del padre, il duca di Savoia Amedeo VIII. Nel 1445 L. sigla con il Delfino Luigi di Valois un trattato in base al quale cede i suoi diritti sul Valentinois e il Diois in cambio della rinuncia da parte di quest'ultimo all'omaggio dovutogli per il Faucigny. Fallisce il tentativo, messo in atto dopo la morte di Filippo Maria Visconti nel 1447, di annettere ai domini il ducato di Milano.

Origine e profilo della famiglia:

Vedi alla voce SAVOIA, famiglia.


Titoli formali:

1334-1440. Prima dell'abdicazione del padre (1440) L. ottiene i titoli di "conte di Bagé" (dal 15 agosto 1424), "conte di Ginevra" (dal 1428, dopo la definitiva acquisizione del Genevese), "principe di Piemonte" (princeps Pedemontium: titolo attribuito ai primogeniti della dinastia, assunto da L. il 7 nov. 1434, in seguito alla morte del fratello maggiore Amedeo, avvenuta il 17 agosto 1431). Contemporaneamente al titolo di principe di Piemonte il padre Amedeo VIII conferisce a L. le funzioni di "luogotenente generale": dal 1434 al 1440 la titolatura consueta negli atti di governo è "Ludovicus de Sabaudia, princeps Pedemontium, primogenitus et locum tenens generalis illustrissimi domini genitoris mei Sabaudie ducis".

1440-1465. Con l'abdicazione del padre (6 gennaio 1440) L. assume il titolo di "duca di Savoia" (Ludovicus, dux Sabaudie), con il quale si intitola normalmente nei documenti. Fra gli altri titoli, egli eredita inoltre il titolo di "principe e vicario perpetuo del sacro romano impero" e quello di "dominus" delle città di Nizza e Vercelli (cui si aggiungerà dal 1452 la signoria su Friburgo). Nella forma più estesa la titolatura è del tipo: "Ludovicus, dux Sabaudie, Chablaysii et Auguste, sacri romani imperii princeps vicariusque perpetuus, marchio in Italia, comes Pedemontium, Gebennensis et Baugiaci, Valentinensisque et Dyensis, baro Vuaudi et Foucigniaci, Nycieque et Vercellarum ac Friburgi dominus" (vedi ad es. HPM, Leges municipales, doc. 13, col. 469; dopo il trattato del 1445, che comporta la cessione al Delfino del Valentinois e del Diois, scompaiono da questa formula i titoli relativi).


Modalità di accesso al potere:

L. diventa duca di Savoia in seguito all'abdicazione del padre Amedeo VIII, avvenuta il 6 gen. 1440 (quest'ultimo lo nomina suo successore nel testamento redatto il 6 dic. 1439).


Legittimazioni:

Caratteristiche del sistema di governo:

Il duca di Savoia Amedeo VIII, intenzionato a ritirarsi dalla vita politica nell'eremo di Ripaille, il 7 novembre 1434 nomina il figlio L. luogotenente generale, e il 6 gen. 1440 abdica a suo favore, ma di fatto continua a intervenire nella gestione del ducato, rendendo il potere di L. poco più che nominale: è Amedeo a occuparsi delle nomine dei funzionari, a ricevere gli ambasciatori e non di rado a emanare personalmente gli atti di governo (DBI). L. comincia a svolgere piene funzioni di governo solo dopo la morte del padre (7 gen. 1451), e per generale consenso dei contemporanei dimostrando ben poca abilità. La moglie Anna di Lusignano aveva favorito l'inserimento a corte di molti nobili ciprioti, suscitando sin dall'inizio l'avversione della nobiltà autoctona. I malumori dei nobili savoiardi si erano concretizzati nel 1446 nell'attentato ai danni di Jean de Compey, uomo ai vertici dello stato e aperto sostenitore della fazione cipriota. La reazione di L., frenata negli anni successivi dall'intervento del padre, era sfociata dopo la morte di quest'ultimo in una dura condanna (17 apr. 1451), ma la protezione accordata ai ribelli dal re di Francia Carlo VII ne impedì l'esecuzione. A causa della debolezza sua e del ducato - finanziariamente depauperato dalle ingenti spese per sostenere il pontificato di Amedeo VIII e per la guerra contro lo Sforza -, L. non ebbe successo nelle molteplici iniziative politiche tese ad ampliare il territorio del ducato. A fronte della dedizione di Friburgo, che ottenne il 10 giu. 1452, vi sono i fallimenti legati alla successione al ducato di Milano e all'espansione nel Mediterraneo, che il duca sperava di concretizzare in seguito al matrimonio del suo secondogenito Ludovico con Carlotta di Lusignano, presunta erede del Regno di Cipro.

Nel 1445, analogamente a quanto si era disposto nel regno di Francia, L. dichiara l'inalienabilità del demanio dello stato, vietando la cessione di "civitates, castra, oppida, villae, terrae, homines, homagia, feuda, retrofeuda sive iurisdictiones nostrae" (Barbero-Castelnuovo, Governare un ducato). Il 2 gen. 1461 interviene razionalizzando l'attività dei segretari ducali: stabilisce infatti di nominare sei segretari per adibirli esclusivamente "ad receptionem et pariter et confectionem quorumcumque actuum patrimonialium et fiscalium coram nobis ac in cancellaria et curiis nostris nobiscumque residentis Consilii nec non presidentis causarum nostrarum patrimonialium et fiscalium" (Saraceno, Documenti inediti, doc. 2).

Sotto L. si riduce lo scarto, in termini di peso e importanza all'interno dei domini, fra patria ultramontana e cismontana, e in quest'ultima Torino afferma progressivamente la propria preminenza sugli altri centri, avviandosi a divenire la capitale dei domini sabaudi italiani. Fra i fattori che influiscono su questo cambiamento vi è certamente l'opposizione dei nobili savoiardi, fino a questo momento il principale bacino di estrazione del personale politico e amministrativo del ducato, che ebbe come effetto quello di incrementare il numero dei funzionari di origine italiana (e quindi piemontese). Con editto del 6 ott. 1436, quando era ancora luogotenente del padre, L. fissa definitivamente a Torino "plurimum populatam pariter et restauratam", la sede dello Studium generale e contemporaneamente del Consiglio cismontano (Storia di Torino, II, p. 392, anche se per quest'ultimo nel 1458 viene progettato un trasferimento a Moncalieri, non andato in porto per l'opposizione dei torinesi). Nel 1459 il Consiglio cismontano viene equiparato nelle sue funzioni al consiglio di Chambéry, suo omologo transalpino: anche nel caso delle sentenze emanate dal Consiglio cismontano il ricorso al Consilium cum domino residens potrà essere fatto esclusivamente "in via di grazia, non più in via di appello" (Sigot).  La nuova centralità acquisita da Torino suscita opposizione da parte dei centri che fino ad allora avevano costituito le residenze privilegiate dei principi d'Acaia prima, e poi dei conti e duchi di Savoia (in particolare Pinerolo). Nel 1453-54 e poi di nuovo, con successo, nel 1457 alcune delle comunità "rivali" di Torino - Pinerolo, Savigliano, Moncalieri e Carignano -, fanno istanza al duca perché venga rivista la ripartizione dei carichi fra le comunità. Obiettivo della richiesta è con tutta evidenza Torino: considerata l'"augmentatione et bonificatione ac melioratione" della città, quest'ultima si vide aumentato il tasso di contribuzione a 112 fiorini per mille (Storia di Torino, II, p. 395).


Sistemi di alleanza:

Gli anni di governo di L. sono caratterizzati dalla progressiva soggezione del ducato alla Francia, che secondo le parole di Filippo, figlio del duca, aveva intenzione di farsi "dame de Savoye". Nel 1449 L., che dopo la morte di Filippo Maria Visconti (13 agosto 1447) aveva cominciato a nutrire speranze per la sua successione al ducato di Milano, si allea con la Repubblica Ambrosiana contro Francesco Sforza e la Repubblica di Venezia, subendo una cocente sconfitta e aggravando il dissesto finanziario del ducato. Un ulteriore tentativo di espansione nel milanese venne effettuato con la lega del 16 apr. 1451, che riuniva il duca di Savoia, Venezia, il re Alfonso d'Aragona e il marchese di Monferrato contro lo Sforza: in base al trattato, che non ebbe mai seguito, in caso di vittoria il duca si sarebbe aggiudicato la città di Novara, con Biandrate e Romagnano. Contemporaneamente cerca l'alleanza del Delfino Luigi, finendo per inimicarsi il re di Francia Carlo VII: in seguito alle manifestazioni di ostilità di L. - la richiesta di omaggio da parte dei marchesi di Saluzzo, i maneggi per ottenere il ducato di Milano, e non ultimo il matrimonio fra la figlia di Ludovico, Carlotta, e il Delfino (14 feb. 1451), che era stato celebrato senza chiedere l'approvazione del re - Carlo VII reagisce ingerendosi pesantemente nella politica interna del ducato. Impedisce a L. di perseguire i nobili savoiardi che avevano tentato di uccidere Jean de Compey in quanto protettore della fazione cipriota alla corte sabauda, obbligando il duca a reintegrarli in tutti i loro diritti, a ricostruire i castelli distrutti a spese delle casse ducali e a corrispondere loro un indennizzo per i danni subiti (6 ag. 1454). In seguito la soggezione del ducato al re di Francia si aggravò ulteriormente con la ratifica (16 dic. 1455) del trattato di Cleppé del 27 ott. 1452, con il quale veniva di fatto sancita l'egemonia francese sul ducato sabaudo: una clausola inserita in quest'occasione obbligava inoltre il duca di Savoia a mettere a disposizione del re di Francia 400 lancie, e dare per garanzia 200 casate nobili e 11 comunità a scelta della controparte (Gabotto, Lo Stato sabaudo, p. 33).

Matrimoni. In seguito alla morte del fratello maggiore Amedeo, avvenuta a Torino il 17 ag. 1431, L. gli subentra nel matrimonio con Anna di Lusignano, figlia del re di Cipro (il matrimonio avviene per procura il 4 ott. 1433, ed è celebrato a Chambéry il 7 feb. 1434).


Cariche politiche ricoperte in altre citt?:

Legami e controllo degli enti ecclesiastici, devozioni, culti religiosi:

L., sostenuto dalla moglie Anna, beneficiò i priorati benedettini di Neuville en Bresse, Talloires e Saint-Jeoire concedendo loro diritti giurisdizionali, fondò cappelle e conventi a Torino, Nizza, Cognin. Sotto il suo governo la dinastia entrò in possesso della Sacra Sindone (22 mar. 1452).


Politica urbanistica e monumentale:

In accordo con la nuova centralità acquisita da Torino all'interno dei domini cisalpini, L. interviene sull'assetto urbanistico della città: nel 1436 e negli anni successivi, e poi ancora nel 1449, il Consiglio cismontano impone una serie di interventi finalizzati alla riqualificazione degli spazi pubblici cittadini, da ottenersi allargando la piazza centrale, lastricando le principali vie cittadine, decentrando i macelli, abbattendo le strutture, spesso abusive, che ingombravano le strade e relegando oltre la cinta muraria le abitazioni dei rustici (a tale scopo L. ottiene da Pio II nel 1464 una bolla papale per far sì che gli enti ecclesiastici torinesi incentivassero il trasferimento sui loro possessi suburbani delle "habitaciones rusticorum et stabula iumentorum" presenti all'interno della cerchia di mura: Storia di Torino, II, pp. 171-72, 590).


Politica culturale:

Consenso e dissensi:

Nel 1446 alcuni nobili savoiardi ostili all'influenza dei ciprioti introdotti a corte da Anna di Lusignano, moglie di L., attentano alla vita di Jean de Compey, favorito del duca e aperto sostenitore della fazione cipriota. Negli anni successivi L. fu trattenuto dal punire i colpevoli dall'intervento conciliatore del padre Amedeo, ma dopo la sua morte (1451) pronunciò una dura condanna nei confronti dei congiurati. Questi si rifugiarono nella corte francese, e la protezione accordata da Carlo VII impedì al duca di Savoia di dare seguito all'iniziativa: il 27 ott. 1452 Ludovico fu costretto a promettere il reintegro totale dei condannati, e il 7 lug. 1454 ad accettare l'arbitrato del re. Con sentenza  del 6 ag. 1454 (ratificata da L. il 24) i condannati furono reintegrati in tutti i loro diritti e ottennero un risarcimento per i torti subiti. Nel 1461 lo stesso figlio di L., Filippo conte di Bagé, che viveva alla corte di Francia, fu promotore con il sostegno dell'ex cancelliere Antonio di Romagnano e del duca di Milano Francesco Sforza di un'iniziativa che mirava a colpire i vertici, ormai saldamente nelle mani dei ciprioti, della corte sabauda. Il maresciallo Jean de Varax, favorito della madre Anna di Lusignano, venne fatto uccidere a Thonon, e Giacomo di Valperga fu imprigionato, costretto ad ammettere i suoi delitti - tra i quali quello d'aver scritto un libro con il sangue di un bambino e d'essersi servito nei suoi delittuosi disegni dei servigi del diavolo -, e in conseguenza della prevedibile condanna annegato nel lago di Ginevra (11 lug. 1462). L'atto ebbe gravi conseguenze per Filippo: se il padre L., anche su pressione della moglie Anna, decise di perdonarlo, non altrettanto fece il re di Francia Luigi XI, che il 12 apr. 1464 ne ordinò l'imprigionamento nel castello di Loches, ove rimase per due anni (Filippo II, duca di Savoia, DBI).


Giudizi dei contemporanei:

Nei suoi Commentari Enea Silvio Piccolomini definisce Anna "audacem feminam que subesse nesciret", e L. "vir mansuetus et amans otii et qui parere quam imperare aptior esset". Nel perfido ritratto che ne fa l'autore della Chronica Latina Sabaudiae L. appare come un uomo piacente e affabile, abile nel parlare ma totalmente incapace di governare, incostante, e completamente soggiogato dalla moglie Anna di Lusignano ("Ludovicus dux secundus Sabaudie, filius Amedei primi ducis proxime dicti, fuit vir pulcher et formosus et super omnes affabilis, multum in sermone discretissimus et ornatissimus, sed facti nullam executionem habuit, largissimus promissor, inconstans, variabilis, magis consiliis privatis et uxori proprie quam suorum doctorum ac fidissimorum adherebat": HPM, Scriptorum, vol. 1, col. 615; "Item inde anno millesimo quatercentesimo quinquagesimo tertio Ludovicus delphinus considerata imbecillitate ipsius Ludovici ducis, villas Montislupelli, Sancti Genesii, Sancti Saturnini, de Laviaco, de Ambroniaco, et multa castra patrie cepit, damnumque infinitum duci et patrie intulit cum maxima confusione […]. Dux iste nullam ministravit iusticiam, per tirannias, per oppressiones patriam suam multum depauperavit: non diligebat suos, sed potius extraneos, non milites, non doctores, non nobiles, non doctos viros secum habere querebat: habebat cantores, ioculatores farsarum, sagittarios picardos, buffones, in hiis gubernabatur: ibid., col. 616.).


Fine della dominazione:

L. muore 29 gen. 1465 a Lione. Gli succede il figlio Amedeo (IX).


Principali risorse documentarie:

Vedi alla voce SAVOIA, famiglia.


Bibliografia delle edizioni di fonti e degli studi:

Per la bibliografia generale sulla famiglia vedi alla voce SAVOIA, famiglia.

A. Barbero, Il Ducato di Savoia. Amministrazione e corte di uno Stato franco-italiano (1416-1536), Roma-Bari, 2002;

F. Gabotto, Lo Stato sabaudo da Amedeo VIII ad Emanuele Filiberto I (1451-1467), Torino, 1892;

F. Saraceno, Documenti inediti del regno di Ludovico duca di Savoia tratti dai protocolli dei segretari ducali, in Miscellanea di storia italiana, XV (1874), pp. 391-451;


Apporti nuovi di conoscenza:

Note eventuali: