di:
Alma Poloni
1248 circa-1304.
1296-1304.
Pesaro.
potestas et capitaneus Pensauri.
Il primo passo compiuto dai Malatesta per estendere la propria influenza su Pesaro fu l’acquisizione in piena proprietà del castello di Gradara, vera e propria testa di ponte per il controllo del territorio della città adriatica, completata nel 1283. Non è quindi un caso che Giovanni fosse per la prima volta podestà di Pesaro due anni dopo, nel 1285, per poi tornare a ricoprire la carica nel 1291. Il M. potè tuttavia consolidare la propria posizione in città, facendosi eleggere podestà e capitano, solo dopo che il padre, nel dicembre del 1295, riuscì a imporre definitivamente il proprio dominio su Rimini, il centro del potere malatestiano.
Giovanni compare con il titolo di capitano e podestà di Pesaro dal 1296 fino alla morte nel 1304, ma non sappiamo se l’elezione fosse ripetuta periodicamente, o se la carica gli fosse stata trasmessa per più anni consecutivi.
Alla fine del Duecento il comune di Pesaro era un comune di popolo. Il vertice istituzionale era occupato da due magistrature, i quattro capitanei populi, uno per quartiere, che restavano in carica un mese, e i capitulares artium, i rappresentanti delle corporazioni professionali. A quanto sembra, i due organismi esercitavano funzioni di indirizzo politico su un piano di sostanziale parità. La bipartizione del vertice politico rende Pesaro un caso piuttosto originale nel panorama contemporaneo, e suggerisce un ruolo particolarmente importante delle Arti nel comune di popolo. Completava l’organigramma istituzionale un consiglio generale formato da 400 cittadini, probabilmente anch’essi reclutati per quartiere. È significativo che nei pochi documenti conservati per gli ultimi anni del Duecento esso fosse definito generalis consilium ac quadigentorum hominum et artium, a ulteriore conferma della centralità delle organizzazioni corporative.
Giovanni non si discostò mai dalla politica delle alleanze stabilita dal carismatico padre Malatesta da Verucchio, che gli sopravvisse. L’azione di Malatesta fu estremamente spregiudicata; egli passò dal ruolo di baluardo del potere papale contro i ghibellini guidati da Guido da Montefeltro, negli anni ’70 del Duecento, all’aperta rivolta contro le pretese fiscali della curia pontificia nella seconda metà degli anni ’80, fino addirittura al sostegno a Maghinardo Pagani da Susinana nei primi anni ’90, salvo poi abbandonare il capo ghibellino nel 1294 per riappacificarsi conla S.Sede. Giovanni aderì fedelmente a tutte le scelte paterne.
Grande alleato e compagno di avventure di Malatesta da Verucchio fu Guido Minore da Polenta, che in quegli anni cercava di stabilizzare il suo dominio su Ravenna. Secondo la tradizione letteraria, pure non sostanziata da attestazioni documentarie, la prima moglie di Giovanni, Francesca – protagonista del celebre episodio dantesco, che celebra il suo amore sfortunato con Paolo, fratello del M. – sarebbe stata figlia proprio di Guido. La seconda moglie, sposata intorno al 1286, fu Ginevra figlia di Tebaldello Zambrasi di Faenza, altro feldele alleato di Malatesta da Verucchio.
Nel 1276 un Giovanni Malatesta fu podestà di Forlì, ma non è possibile sapere se si tratti del figlio di Malatesta da Verucchio o di un omonimo. In seguito, oltre che podestà di Pesaro nel 1285 e nel 1291, il M. fu podestà di Rimini nel 1292, nell’ambito della politica di consolidamento del potere malatestiano sulla città, e podestà di Faenza nel 1293, a suggello dell’alleanza con Maginardo Pagani da Susinana, che in quell’anno era capitano del popolo nella stessa città.
Data l’instabilità del dominio malatestiano su Pesaro, le preoccupazioni di Giovanni furono soprattutto per la difesa militare della città. Appena preso il potere, nel 1296, egli fece costruire una roccaforte – chiamata Tentamentum – di fronte al mare, nella stessa area strategica dove in età sforzesca sarebbe sorta la rocca Costanza. Il fortilizio era unito alla cinta cittadina da un muro munito di spalto, e fu forse adibito anche a residenza del signore.
Morte.
Gran parte della documentazione relativa alla signoria malatestiana su Pesaro è andata perduta. La fonte più importante per quel periodo è rappresentata dalla cronaca di Tommaso Diplovatazio, erudito attivo nel primo Cinquecento, che ha visto e utilizzato molti documenti poi scomparsi: Tomae Diplovatatii Cronicon Pisauri, conservata pressola Biblioteca Oliveriana, ms. 1422, originale di pugno dell’autore, e in tre copie, mss. 389, 1162, 1544. Per gli anni di Giovanni Malatesta sono poi giunti fino a noi quattro atti pubblici in pergamena, anch’essi conservati pressola Biblioteca Oliveriana, tre relativi al 1296 (pergamene nn. 50, 51 e 54) e uno al 1298 (pergamena n. 60)
Fonti: M. Battagli, Marcha [aa. 1212-1354], a cura di A. F. Massera, in RIS2, XVI, 3, Città di Castello 1912-1913; Cronache malatestiane dei secoli XIV e XV, a cura di A. F. Massera, in RIS2, XV, 2, Bologna [s. d.];
Studi: A. degli Abati Olivieri Giordani, Memorie di Novilara, Pesaro 1777; Id., Memorie di Gradara, Pesaro 1795; G. Franceschini, I Malatesta, Varese 1973, pp. 71-73; Ph. Jones, The Malatesta of Rimini and the Papal State. A Political History, Cambridge 1974, ad indicem; A. Carile, Pesaro nel Medioevo, in Pesaro tra Medioevo e Rinascimento, a cura di M. R. Valazzi, Venezia 1989, pp. 40-42; G. Galeazzo Scorza, Gli Statuti di Pesaro, Ibid., pp. 181-182; M. Frenquellucci, Gli interventi malatestiani nelle città della Marca settentrionale (Pesaro, Fano, Fossombrone e Senigallia, in Le arti figurative nelle corti dei Malatesti, a cura di L. Bellosi, Rimini 2002, pp. 493-498; A. Falcioni, voce Giovanni Malatesta, in DBI 68 (2007).