di:
Alma Poloni
1366 circa-1429.
1382-1429.
Malatesta cercò in più occasioni di ampliare le dimensioni del dominio ereditato dal padre, di fatto ridotto a Pesaro, con il suo distretto, e alcuni centri minori della Marca anconetana. Nel 1392 egli tentò di espandersi verso l’Umbria, occupando Orte, Todi, Terni e Narni, ma già entro la fine del 1395 fu costretto a restituire queste città a papa Bonifacio IX. Nell’ambito delle trattative di pacificazione con il pontefice, in cambio della rinuncia alle nuove acquisizioni, Malatesta fu insignito della carica di senatore di Roma per il secondo semestre del 1398: da qui uno dei due soprannomi attribuiti al M. dalla storiografia, Malatesta «senatore».
Dopo il 1407 Malatesta riprese i progetti espansionistici nella Marca anconetana, cercando di sfruttare a proprio vantaggio le vicende del Grande Scisma d’Occidente, con ripetuti cambi di fronte: dalla fedeltà al papa di obbedienza romana Gregorio XII passò al sostegno al suo oppositore Giovanni XXIII (Baldassarre Cossa), per poi tornare a schierarsi con il papato romano. Da Giovanni XXIII il signore di Pesaro ottenne il vicariato su Iesi, città che i Malatesta avevano acquistato da Braccio da Montone nel 1408. Nel 1414 le truppe al comando del figlio Galeazzo tentarono addirittura di occupare Ancona, venendo però respinte. Nel 1416 anche Iesi fu di nuovo sottratta ai Malatesta da Braccio da Montone. In conclusione, i ripetuti tentativi di Malatesta di superare i limiti del ristretto dominio pesarese non portarono ad alcun risultato definitivo. L’unica acquisizione stabile derivò dal favore di papa Martino V: nel 1417, alla morte di Andrea Malatesta signore di Cesena, il pontefice assegnò Fossombrone ai Malatesta di Pesaro.
Vedi scheda famiglia Malatesta. Malatesta dei Sonetti era figlio di Pandolfo (II).
Vicario generale in temporalibus per la S. Sede (dal 1391).
Alla morte del padre Pandolfo, nel 1373, Malatesta era minorenne, e raggiunse la maggiore età nel 1382. Tuttavia, sembra che egli abbia potuto prendere davvero in mano le redini del governo cittadino solo nel 1385, dopo la morte del potente zio Galeotto.
La legittimazione giunse nel gennaio del 1391, quando Malatesta ottenne da papa Bonifacio IX la concessione del vicariato apostolico su Pesaro per due generazioni, cioè per sé e i propri figli maschi. Negli stessi giorni i cugini del M., Carlo, Pandolfo, Malatesta e Galeotto Belfiore, figli di Galeotto Malatesta, si videro confermato il vicariato apostolico – di cui rimasero titolari collegialmente – su Rimini, Fano, Fossombrone e Cesena. In questa occasione, dunque, per la prima volta, il vicariato su Pesaro fu ufficialmente scorporato dagli altri domini malatestiani. La bolla papale del 1391 segna di fatto la legittimazione formale della separazione del ramo dei Malatesta di Pesaro.
Malatesta promosse una nuova redazione dello statuto cittadino, che la tradizione data al 1412, ma secondo un’interpretazione più recente è da anticipare almeno al 1406, probabilmente agli anni precedenti. Lo statuto riformato si apre con una rubrica dal titolo «De auctoritate et potestate dominorum de Malatestis», che in pratica scioglieva Malatesta e i suoi discendenti dall’obbligo di rispettare le norme statutarie stesse e qualsiasi altra disposizione emanata dai consigli cittadini, e trasmetteva loro l’assoluta libertà di provvedere a tutto ciò che ad essi sarebbe parso opportuno per il bene della città, al di fuori e al di sopra di qualsiasi condizionamento o vincolo formale e legale. La rubrica corrisponde cioè alla concessione di un amplissimo arbitrium signorile. Il suo interesse deriva dal fatto che la nuova compilazione statutaria è successiva alla trasmissione del vicariato apostolico, e prova che il riconoscimento papale non annullava, agli occhi del M., la necessità di una legittimazione proveniente dall’interno delle istituzioni e del sistema normativo comunale. Questo capitolo statutario conferiva al potere di Malatesta un carattere profondamente diverso da quello esercitato, con il solo titolo di podestà, dal padre Pandolfo (II), promotore di un’altra riforma statutaria, quella del 1347, che a quanto ne sappiamo lasciava sostanzialmente inalterati, almeno dal punto di vista formale, gli equilibri istituzionali del comune (vedi scheda Pandolfo (II) Malatesta).
Il nuovo statuto cittadino voluto da Malatesta introduceva modifiche radicali nella struttura istituzionale del comune di Pesaro. Per prima cosa, la magistratura dei quattro capitani del popolo, retaggio della fase di predominio del popolo della fine del Duecento (vedi scheda Giovanni Malatesta), fu soppressa, e ogni riferimento ad essa fu eliminato dal testo statutario. Il consiglio generale, già ridotto da Pandolfo (II) da 400 a 200 membri, fu ulteriormente ridimensionato a 100 componenti, e il consiglio di credenza passò da 60 a30 seggi. Tutti i consiglieri dei due consigli, che fino all’epoca di Pandolfo (II) erano nominati dai capitani del popolo, venivano ora scelti direttamente dal signore. Negli anni di Malatesta il consiglio di credenza – anche in seguito all’eliminazione dei capitani del popolo, organo direttivo del comune per tutto il Trecento – vide probabilmente rafforzarsi il suo ruolo di consiglio del signore, con estesi poteri di indirizzo della politica cittadina.
Il podestà, a quanto pare, continuava a essere eletto dai consigli. Come in altre realtà malatestiane, la funzione di rappresentante del signore nella nella vita istituzionale cittadina era svolta da un altro ufficiale forestiero, il luogotenente, certamente di nomina signorile.
All’inizio del Quattrocento Malatesta cercò di sfruttare a proprio vantaggio i complessi sistemi di alleanze che si componevano e ricomponevano in continuazione intorno alle vicende del Grande Scisma d’Occidente. Dopo avere ottenuto diversi vantaggi – tra i quali una riduzione del censo dovuto alla S. Sede – dal sostegno al papa di obbedienza romana Gregorio XII, dal 1410 il M. appoggiò Baldassarre Cossa (papa Giovanni XXIII), ricevendone, tra l’altro, il conferimento del vicariato su Iesi. Dal 1414, dopo il fallimento del tentativo di occupazione di Ancona, il signore di Pesaro tornò a schierarsi con il papato romano. Le sue incursioni nella Marca d’Ancona, tuttavia, determinarono la formazione di una coalizione a lui ostile, formata da Braccio da Montone, dagli anconetani e dai signori di Fermo e Camerino – che a Malatesta erano tra l’altro imparentati per via matrimoniale –, la quale nel 1416-1417 provocò il definitivo fallimento di ogni sua ambizione espansionistica.
Le sorti dei Malatesta di Pesaro parvero risollevarsi quando salì al soglio pontificio Martino V: Vittoria Colonna, nipote del papa, aveva sposato Carlo, figlio del M. Anche questa circostanza favorevole, tuttavia, non potè incidere più di tanto sugli equilibri politici generali, ormai dominati dalle grandi potenze pensinsulari, e segnati dalla ripresa delle iniziative espansionistiche dei Visconti grazie all’impegno di Filippo Maria. Nel 1424 le truppe al soldo del duca di Milano assalirono il castello di Gradara, residenza dei Malatesta, e fecero prigionieri Galeazzo, figlio del M., e la moglie Battista da Montefeltro. I due vennero immediatamente liberati, ma la dimostrazione di forza spinse i Malatesta di Pesaro a cercare l’alleanza e la protezione dei Visconti. Con i patti conclusi tra la fine del 1424 e l’inizio del 1425 essi entrarono nella schiera dei raccomandati del duca. Filippo Maria nominò Carlo, figlio del M., capitano generale delle sue truppe; in questa veste egli subì la disastrosa sconfitta di Maclodio nell’ottobre del 1427. Negli ultimi anni di vita, il M. dovette accettare che la sua famiglia gravitasse ormai nell’orbita di influenza dei Visconti.
Nel 1383 Malatesta sposò Elisabetta, figlia di Rodolfo da Varano, signore di Camerino. Dei figli che ebbe da lei, Galeazzo sposò Battista, appartenente alla famiglia dei maggiori rivali dei Malatesta, i Montefeltro, Carlo sposò Vittoria Colonna, nipote del papa Martino V (il matrimonio però avvenne, a quanto sembra, l’anno prima che questi salisse al soglio pontificio). Taddea sposò Ludovico Migliorati signore di Fermo, Paola andò in sposa a Gianfrancesco Gonzaga di Mantova e Cleofe a Teodoro Paleologo, despota di Morea e figlio dell’imperatore di Bisanzio.
Come il padre Pandolfo (II), Malatesta praticò, almeno fino al primo decennio del Quattrocento, il mestiere delle armi, prestando servizio al soldo dei Visconti, di Venezia e di Firenze.
Malatesta avviò uno dei suoi figli, Pandolfo, alla carriera ecclesiastica. Egli visse un periodo di rapida ascesa negli anni di Martino V, papa molto vicino ai Malatesta di Pesaro, uno dei quali, Carlo, fratello di Pandolfo, aveva sposato sua nipote Vittoria Colonna. Nel 1418 il papa nominò Pandolfo vescovo di Coutances, in Normandia, e lo stesso anno lo indicò anche come suo cappellano e referendario. Nel 1424 lo designò come arcivescovo di Patrasso, carica di cui egli si fregiò tutta la vita, pur abbandonando la sua sede fin dal 1430 per tornare a Pesaro, dove affiancò i fratelli nel difficile momento di transizione dopo la morte del padre. La morte di Martino V, all’inizio del 1431, arrestò di fatto la carriera di Pandolfo, del resto impegnato nella difficile gestione della situazione politica pesarese.
Secondo le interpretazioni più recenti, è da anticipare agli anni di Malatesta – e non, come voleva la tradizione storiografica, al successivo periodo sforzesco – la costruzione di nuove mura, che andò a sostituire le palizzate in legno (stangata) realizzate dalla fine del Duecento per proteggere e circoscrivere i borghi sorti al di fuori della più antica cinta muraria della città.
Malatesta, come già il padre Pandolfo (II), è noto per i suoi interessi letterari e per le sue curiosità intellettuali quasi più che per la sua attività politica. Egli stesso fu un poeta piuttosto apprezzato (da qui uno dei soprannomi con i quali è indicato dalla storiografia, Malatesta «dei sonetti»): di lui ci è rimasto un canzoniere di una settantina di componimenti, tra sonetti e canzoni. Egli intrattenne uno scambio epistolare con Coluccio Salutati, come il padre era stato in corrispondenza con Francesco Petrarca. Pietro Turchi, cultore di studi classici, scrittore e poeta, fu al servizio di Malatesta come cancelliere prima di essere assunto nello stesso incarico da Carlo Malatesta di Rimini. Dal 1397 fu attivo alla corte del signore di Pesaro, come suo medico personale, Francesco di Bartolomeo Casini da Siena, già archiatra pontificio, letterato, scienziato e filosofo. A lui successe nello stesso incarico Ugolino Caccini da Montecatini, in precedenza medico del comune a Pescia, a Lucca e a Pisa, dove era stato anche medico personale di Pietro Gambacorta, signore di quella città. Malatesta nutrì un forte interesse per le ricerche di Ugolino, tanto da essere definito da lui «multum scientificus dominus». L’arrivo a Pesaro di Battista, figlia del conte Antonio da Montefeltro, che nel 1405 sposò il figlio del M., Galeazzo, rilanciò ulteriormente il prestigio culturale della corte malatestiana. Battista aveva avuto un’ottima educazione, ed era considerata dai contemporanei una donna eccezionalmente colta, capace di poetare in volgare ma anche di comporre eruditi discorsi in latino. Malatesta ebbe un ottimo rapporto con la nuora, con la quale intrattenne anche uno scambio di sonetti.
È evidente quindi l’attrazione del M. per l’umanesimo toscano. I legami culturali del signore di Pesaro conla Toscanasono confermati anche dalla presenza alla sua corte di artisti fiorentini, di certo Lorenzo Ghiberti, e probabilmente anche Mariotto di Nardo. A queste maestranze toscane egli affidò presumibilmente la decorazione delle sue residenze, il palazzo pesarese ma soprattutto il castello di Gradara, che da fortezza militare divenne in quegli anni una lussuosa dimora principesca. Tutti gli affreschi sono andati perduti, ma varie testimonianze suggeriscono che l’iconografia fosse basata sul ciclo Troiano, secondo un gusto molto diffuso all’epoca. Sempre negli anni del M. giunsero a Pesaro numerose opere di artisti veneziani, in particolare di Iacobello del Fiore, Niccolò di Pietro, Zanino di Pietro (francese, ma veneziano di adozione), destinate a chiese della città e dei dintorni. A quanto pare, questi pittori non soggiornarono alla corte pesarese: le opere furono dunque acquistate a Venezia. Non ne conosciamo inoltre la committenza, che non può in tutti i casi essere ricondotta ai Malatesta. La presenza nella città marchigiana di importanti lavori realizzati nelle più prestigiose e apprezzate botteghe lagunari è comunque la prova di intensi rapporti culturali, legati probabilmente anche a importanti relazioni economiche, con Venezia.
Morte.
Gran parte della documentazione relativa alla signoria malatestiana su Pesaro è andata perduta. La fonte più importante per quel periodo è rappresentata dalla cronaca di Tommaso Diplovatazio, erudito attivo nel primo Cinquecento, che ha visto e utilizzato molti documenti poi scomparsi: Tomae Diplovatatii Cronicon Pisauri, conservata presso la Biblioteca Oliveriana, ms. 1422, originale di pugno dell’autore, e in tre copie, mss. 389, 1162, 1544. Lo statuto cittadino voluto da Malatesta si trova anch’esso pressola Biblioteca Oliveriana, ms. 1166. Le sue rubriche sono riprodotte senza modifiche sostanziali dalla versione a stampa del 1531 (vedi bibliografia).
Fonti: Statuta civitatis Pisauri noviter impressa 1531, Pisauri 1531; M. Battagli, Marcha [aa. 1212-1354], a cura di A. F. Massera, in RIS2, XVI, 3, Città di Castello 1912-1913; Cronache malatestiane dei secoli XIV e XV, a cura di A. F. Massera, in RIS2, XV, 2, Bologna [s. d.]; Giovanni di Maestro Pedrino Depintore, Cronaca del suo tempo, a cura di G. Borghezio e M. Vattasso, 2 voll., Città del Vaticano 1929-1934.
Studi: A. degli Abati Olivieri Giordani, Memorie di Novilara, Pesaro 1777; Id., Orazioni in morte di alcuni signori di Pesaro della casa Malatesta, Pesaro 1784; Id., Memorie di Gradara, Pesaro 1795; A. Campana, Poesie umanistiche sul castello di Gradara, in «Studi romagnoli», XX (1969), pp. 501-520; G. Franceschini, I Malatesta, Varese 1973; Ph. Jones, The Malatesta of Rimini and the Papal State. A Political History, Cambridge 1974, ad indicem; A. Carile, Pesaro nel Medioevo, in Pesaro tra Medioevo e Rinascimento, a cura di M. R. Valazzi, Venezia 1989; G. Galeazzo Scorza, Gli Statuti di Pesaro, in Pesaro tra Medioevo e Rinascimento cit.; M. Frenquellucci, Storia urbana di Pesaro nel Medioevo, in Pesaro tra Medioevo e Rinascimento cit.; P. Parroni, La cultura letteraria a Pesaro sotto i Malatesti e gli Sforza, in Pesaro tra Medioevo e Rinascimento cit.; Le arti figurative nelle corti dei Malatesti, a cura di L. Bellosi, Rimini 2002; La signoria di Malatesta «dei Sonetti», a cura di E. Angiolini-A. Falcioni, Rimini 2002; G. Patrignani, Le donne del ramo di Pesaro, in Le donne di casa Malatesti, a cura di A. Falcioni, Rimini 2005, pp. 787-832; A. Falcioni, voce Malatesta Malatesta, in DBI 68 (2007), pp. 77-81.