di:
Jean-Claude Maire Vigueur,
Maria Rita Silvestrelli
1352-1398.
1393-1398.
Perugia e il suo territorio, ai quali si aggiunge nel febbraio 1394 il vicariato su Gualdo Tadino, Nocera e forse su Rocca Contrada nelle Marche. Assisi viene occupata più o meno alla stessa data. Acclamato signore di Todi e di Orvieto nell’agosto e nel settembre del 1395, riceverà da papa Bonifacio IX il vicariato di queste due città l’anno successivo. Città della Pieve era stata conquistata ancora prima del rientro di Biordo a Perugia, Trevi nel 1394 e Spello in una data indeterminata.
Appartiene ad un’importante famiglia del popolo grasso logicamente schierata con la fazione dei Raspanti, che a Perugia rappresenta il popolo di fronte al partito dei nobili o Beccherini.
Al suo rientro a Perugia, Biordo è nominato capitano generale dell’esercito perugino e figura in testa ai Venticinque che, aggiunti ai priori, disponevano il confine e il sequestro dei beni. Nelle lettere indirizzate dai Priori a Firenze, per esempio, viene chiamato capitaneus dilettissimus e non dominus. Sappiamo dalla cronachistica che Biordo fu acclamato “signore” a Orvieto e Todi ma resta da verificare se i documenti ufficiali usano il titolo di dominus. Per Città della Pieve si trova il titolo di conte.
O per vocazione personale o perché si trovò in età ancora giovane bandito da Perugia come Raspante, il M. si dedicò a partire dal 1384 al mestiere delle armi. Comincia a combattere come fuoriuscito nel contado di Perugia contro castelli tenuti dalla fazione al potere. Successivamente lo troviamo nel 1387 al servizio di Francesco da Carrara poi, per un periodo di circa cinque anni, di Gian Galeazzo Visconti . A capo della propria compagnia e insieme con altre compagnie di mercenari, tornò nel 1392 in Italia centrale dove passò vari mesi a taglieggiare le città prima di combattere nelle Marche al servizio di Antonio di Montefeltro poi di Gentile da Varano.
Da queste posizioni ravvicinate poteva tenere d’occhio ciò che si tramava all’interno della sua città natia dove, con la mediazione di Firenze e la benedizione del papa, allora di stanza a Perugia, erano in corso trattative per consentire il rientro in città dei Raspanti. Un accordo fu raggiunto il 20 maggio 1393 e il rientro dei Raspanti ebbe luogo il 1 luglio. Appena un mese dopo scoppia un nuovo scontro tra le due fazioni che vide il prevalere dei Raspanti e provocò la fuga dei nobili e la partenza precipitosa del papa per Assisi. Il 3 agosto, Biordo, che potrebbe essere stato l’istigatore degli eventi, fece un’entrata trionfale a Perugia.
L’arrivo di Biordo al potere è quindi la conseguenza della vittoria della sua fazione sull’altra ma Biordo deve alla sua fama di condottiero di aver ricevuto tutti i poteri che gli furono attribuiti subito dopo la sua accoglienza trionfale da parte dei perugini e prima di tutto quelli di natura militare. Ciò detto, Biordo non era un condottiero di grandissima fama. La sua compagnia non doveva contare più di poche centinaia di lance e i suoi successi militari risultano piuttosto modesti. Di condottieri come lui ce n’erano sicuramente una buona decina nell’Italia di quel tempo e il suo arrivo al potere appare dunque più come il frutto di un fortunato concorso di circostanze che l’esito di una conquista militare vera e propria.
Nelle tre principali città passate sotto l’autorità di Biordo, Perugia, Orvieto e Todi, il signore ha ricevuto i suoi poteri dai legittimi organi del comune. Per di più, con il trattato di marzo 1396, il papa concedeva al Michelotti il vicariato su alcuni centri, tra cui Orvieto e Todi.
Il titolo di comandante delle forze militari perugine avrebbe consentito a Biordo, secondo le parole dell’A. della voce del DBI, di “interferire su ogni scelta politica degli organi comunali”. Può darsi, ma ci si deve chiedere se Biordo ha effettivamente fatto uso delle prerogative che gli riconoscevano i perugini. Tutto lascia pensare che nella realtà Biordo abbia limitato i suoi interventi ai soli settori della difesa del territorio, della guerra e della diplomazia, lasciando per il resto le istituzioni comunali funzionare secondo le regole di un sistema politico dominato dalle arti. Bisogna poi tener conto del fatto che Biordo, dopo il rientro a Perugia, ha sempre dedicato molto più tempo a fare il condottiero che a governare la città, dalla quale era il più delle volte lontano.
Quello che è vero per Perugia lo è a maggior ragione per Orvieto e Todi, anche se, a dire la verità, la letteratura a disposizione non fornisce informazioni precise sul governo delle due città all’epoca della signoria di Biordo.
Prima di diventare padrone di Perugia, Biordo era stato per cinque anni al servizio di Gian Galeazzo Visconti. D’altro canto, tutti i membri della vasta famiglia Michelotti erano legati a quel gruppo di signori che, in Italia centrale, vedevano nel conte di Virtu’ “il loro naturale patrono” (G. Franceschini, Biordo Michelotti e la dedizione di Perugia…, p. 93). Diventato signore di Perugia ma continuando a dedicare la maggior parte del suo tempo al suo mestiere di condottiero, B. si trovò in una posizione molto difficile che esigeva da parte sua delle scelte chiare e coerenti che fu in realtà incapace di eseguire. Ossessionato dalla necessità di trovare soldo per pagare i suoi mercenari, passò con disinvoltura da un committente all’altro, il che gli valse la diffidenza sia del conte di Virtu’ che di Firenze. Per quanto riguarda il papa, che si era rassegnato a malincuore a fare la pace con Biordo nel marzo 1396, gli mosse le armi contro appena ebbe sentore della diffidenza crescente nei confronti di Biordo il meno che si possa dire dunque è che Biordo non ebbe l’arte della diplomazia.
Nel novembre 1397, in occasione del suo matrimonio con Giovanna figlia di Bertoldo Orsini conte di Sovana, si svolsero a Perugia feste suntuose con la partecipazione di numerosi signori e degli ambasciatori di alcune delle maggiori città italiane. Non fu tuttavia sufficiente per rompere l’isolamento nel quale si era ficcato Biordo con le sue esitazioni e i suoi repentini cambiamenti di campo.
Per celebrare l’avvento al potere di B. si delibera l’istituzione di una luminaria annuale per la Madonna di settembre giorno della Natività della Vergine (Asp, Riformanze, 40, c.147v, c.153v). Si dà nuova importanza anche alla festa di San Lorenzo definito difensore della città e in occasione della festa di Sant’Ercolano nuovamente solennizzata, si ripristina, sempre per volontà di B., l’uso di donare i palii da parte delle città sottomesse.
Particolare attenzione sembra dimostrare fin dagli inizi della sua dominazione per i luoghi di difesa del suo territorio: nell’aprile del 1394 si preoccupa di risarcire la Torre e il ponte del Chiugi (Asp, Ascpg, Riformanze, 40, c.58v), ma anche il cassero di Torgiano, di Montone e di Arna.
Ad Assisi dove è nominato signore e gonfaloniere, Biordo interviene con ingenti lavori alla Rocca Maggiore sopraelevandone il Maschio, dove appone il proprio stemma sul lato meridionale e su un lavabo nella camera del castellano. Bartolomeo di Gentile da Assisi ne è l’architetto.
Nell’agosto del 1394 è l’orvietano Cola Petruccioli a dipingere sulle porte i palazzi e la torre del popolo le armi del Comune di Perugia, di Biordo e del comune di Assisi.
Fin dal 1394 B. si preoccupa di recuperare anche Pieve del Vescovo (Asp, Ascpg, Riformanze, 40, c.73r), luogo dove in seguito verranno celebrate le sue nozze.
A Perugia gli viene donato il palazzo dell’abate del Monmaggiore in Porta Sole che deve essere adattato alla sua dimora; per questa circostanza si predispone una somma di quattromila fiorini ( Roncetti, Un inventario dell’archivio privato…,1970, pp.58-62). Opere di sistemazione dell’edificio e un cottimo di 300 fiorini sono effettivamente documentati già nell’ottobre del 1393 ( ASP, Notarile, Protocolli, 35, c. 6v, 12v).
Membro eminente del partito dei Raspanti, M. arriva al potere e poi esercita il potere a Perugia grazie al pieno appoggio della sua fazione. Sembra che abbia goduto di una reale popolarità presso buona parte della popolazione cittadina, a giudicare dagli onori davvero eccezionali (per esempio si decreta fin dal 1393 l’erezione di una statua in frontespizio Sancti Laurentii vel alibi notabiliter ) che gli furono concessi dopo l’arrivo al potere e dal fatto che la sua uccisione non provocò nessuna dimostrazione di gioia e non fu seguita da nessun cambiamento del regime politico.
Per la cronachistica locale, il Michelotti avrebbe avuto il merito di restaurare pace e giustizia all’interno di una città la quale era al contrario sottoposta ad ogni genere di violenze sotto il regime dei nobili al potere dal 1384. La storiografia del XIX secolo ha fatto di M. un eroe borghese e illuminato vincitore dell’egoismo e dell’oscurantismo dei nobili.
Fu ucciso il 10 marzo da alcuni congiurati membri della sua stessa fazione e forse al soldo del pontefice. La sua uccisione non provocò nessuna manifestazione di gioia nella popolazione e non fu seguita da nessun notevole cambiamento nel governo della città, che rimase tra le mani del popolo. Per di più Ciccolino, un fratello di Biordo anche lui condottiero, raccolse in parte l’eredita politica del più noto fratello svolgendo negli anni successivi un ruolo di primissimo piano nella vita politica di Perugia, dove fu uno dei principali artefici della dedizione della città a Gian Galeazzo Visconti avvenuta nel 1400.
Rimangono quasi del tutto inesplorate, per il periodo di Biordo, le ricche serie documentarie conservate negli archivi comunali di Perugia, Orvieto e Todi
Per i lavori alla Rocca di Assisi: A. Brizi, Della Rocca di Assisi insigne monumento nazionale di architettura militare. Studi storico illustrativi, compilati per commissione della Accademia Properziana del Subasio, Assisi 1898, pp. 115-193. Niente da aggiungere alla ricca bibliografia pubblicata in fondo alla recente voce Michelotti Biordo, a cura di P. L. Falaschi, in DBI, 74 (2010).
Maria Rita Silvestrelli è autrice delle voci "Legami e controllo degli enti ecclesiastici" e "Politica urbanistica e monumentale". Le altre voci sono redatte da Jean-Claude Maire Vigueur.