di:
Francesco Pirani
Verso il 1370-1428.
1405-1428.
Fermo e il suo territorio di eredità comunale.
Ludovico era nipote di papa Innocenzo VII (Cosimo Migliorati di Sulmona).
Governatore della Marca; vicario in temporalibus di Fermo per la Chiesa.
L’autorità del M. si impose sul fondamento della nomina papale da parte di Innocenzo VII; nel 1407, al momento della sua nomina, Ludovico donò alla città la somma di 400 ducati d’oro.
Innocenzo VII concesse nel 1405 al M., allora capitano di ventura al servizio di Ladislao di Durazzo, il titolo di Governatore della Marca e di Vicario della città di Fermo, titolo grazie al quale impose la propria autorità sulla città picena. Tuttavia, appena due anni dopo la sua nomina, il successore al soglio pontificio, Gregorio XIII, gli revocò prontamente l’incarico. Ludovico non accettò il provvedimento di revoca e continuò ad esercitare a vita la sua autorità su Fermo: ciò mostra la debolezza politica dello Stato papale negli anni dello Scisma e la forza militare dei capitani di ventura, veri arbitri degli assetti geopolitici della Marca in quegli anni. Il vicariato perpetuo del M. ebbe in seguito nuovamente l’avallo papale di Martino V, il quale riuscì però ad impedire che, all’indomani della morte di Ludovico, il vicariato divenisse ereditario e i Migliorati potessero stabilire un duraturo dominio sulla città picena.
Il M. attuò un deciso programma di marginalizzazione (ma in alcuni casi si trattò di una vera e propria repressione) di quelle frange dell’aristocrazia cittadina che nel secolo precedente erano riuscite a realizzare disegni egemonici sulla città. Alcuni esponenti di famiglie di tradizione ghibellina furono espulsi, mentre i più pericolosi avversari furono oggetto di una sistematica eliminazione: Antonio Aceti (vedi scheda Antonio Aceti) fu fatto decapitare pubblicamente nella Piazza di San Martino, nel settembre 1407, insieme ai suoi figli e ad altri oppositori.
Ludovico promosse l’ascesa delle più abbienti famiglie dei ceti professionali, mercantili e artigianali, sulle quali faceva leva in modo da garantirsi l’appoggio finanziario indispensabile per fronteggiare gli ingenti costi delle incessanti operazioni militari svolte in tuttala Marcacentro-meridionale. Sotto il profilo politico, il M. accentrò nelle proprie mani il governo della città e del territorio, nominando personalmente i Priori del comune fermano e i vicari dei castelli, rinsaldando pertanto la sua autorità anche sui centri del contado. Il notaio-cronista Antonio di Nicolò attesta che Ludovico restrinse gli spazi politici del più importante organo di governo cittadino, il Consiglio di Cernita.
Durante lo Scisma, il M. dovette inevitabilmente schierarsi dalla parte degli antipapi (dal momento che il suo ruolo di signore di Fermo era considerato illegittimo da parte dei papi di obbedienza romana): ciò comportò la contemporanea presenza di più vescovi nella città picena e di un caos nella vita ecclesiastica locale: nel 1413 si contendevano la legittimità addirittura quattro presuli.
Il M. aveva stabilito la sua residenza sul Girfalco, l’acropoli cittadina, imponendo la sua autorità anche grazie all’ausilio delle milizie qui acquartierate: in quegli anni il Girfalco venne sempre più assumendo il volto di una minacciosa fortezza urbana, che non di uno spazio pubblico cittadino. Un inventario delle masserizie contenute nel Palazzo dei Priori, redatto durante il governatorato di Ludovico, fornisce una precisa descrizione dello stabile, non difforme dai coevi palazzi pubblici umbri e toscani, su tre piani e affiancato da una torre.
Il M. commissionò un’ornata opera di oreficeria per contenere una reliquia del più celebre santo agostiniano della Marca, San Nicola da Tolentino (oggi conservata nel tesoro della Basilica di San Nicola a Tolentino): il prezioso reliquiario mostra assonanze sia con stilemi abruzzesi che con la cultura veneziana.
Le numerose congiure contro il suo regime che la cronachistica riporta furono ordite da esponenti della tradizionale aristocrazia cittadina, molto probabilmente manovrata nella prima fase da Antonio Aceti (vedi scheda Antonio Aceti), ma anche dai ceti subalterni, come accadde ad esempio nel1418 inun tentativo di sollevazione popolare, fra gli orditori del quale compaiono un cimatore di panni, due calzolai e un figlio di beccaio.
Il notaio-cronista Antonio di Nicolò, contemporaneo del M., ne esalta la magnanimità per l’atteggiamento da questi adottato nella repressione della congiura ordita a suo danno nel marzo 1419 da una parte della cittadinanza, istigata da uno dei Priori ma anche da alcuni calzolai. Probabilmente il giudizio del cronista è determinato dal fatto che egli era uno di quegli homines novi riusciti ad affermarsi negli anni della signoria di Ludovico, a scapito delle famiglie di più consolidata tradizione cittadina.
Morte, nel 1428.
Scarsissima la documentazione d’archivio a Fermo sul M., mentre gran parte delle informazioni possono essere ricavate dalla cronaca di Antonio di Nicolò.
Fonti: Antonio di Nicolò, Cronaca della città di Fermo, ed. critica e annotazioni di G. De Minicis, introduzione e traduzione di P. Petruzzi, Fermo 2008 (Biblioteca Storica del Fermano, 8)
Studi: G. Liberati, Una città tra due secoli: Fermo e il Fermano dalla fine del ‘300 alla metà del ‘400, in Il gotico internazionale a Fermo e nel Fermano. Catalogo della mostra (Fermo, Palazzo dei Priori, 28 agosto-31 ottobre 1999), a c. di G. Liberati, Livorno 1999, pp. 19-25; L. Tomei, Il comune a Fermo dalle prime origini fino al Quattrocento, in Istituzioni e statuti comunali nella Marca di Ancona, Dalle origini alla maturità (secoli XI-XVI), II, 2, II, 1-2: Le realtà territoriali, a cura di V. Villani, Ancona 2007, pp. 403-438; F. Pirani, Fermo (“Il medioevo nelle città italiane”), Spoleto, CISAM, 2010; A. Fiecconi, Migliorati, Ludovico, DBI, 74, Roma 2010, pp. 376-381.