di:
Francesco Pirani
Inizio XIV secolo (?) – verso il 1360.
1345-1355.
L’autorità del M. si estese su un territorio più ristretto rispetto al contado comunale di Fermo e si orientò a seconda delle sue reali capacità di imporsi sui centri minori, grazie ad una rete di alleanze militari. Si dovrà dunque immaginare un’autorità estesa a macchia di leopardo sui vari centri castrensi sottoposti all’autorità delle dominante. Mogliano, a nord-ovest di Fermo, rivestì il ruolo di strategico presidio militare: qui era anche attestata nelle fonti una rocca di Gentile, che dunque sembrerebbe aver risieduto alternativamente a Fermo e a Mogliano.
I da Mogliano provenivano dal contado fermano, dal castrum di Mogliano, fra le valli del Chienti e del Tenna, ove la famiglia detenne fino alla metà del XIII secolo una signoria territoriale. I da Mogliano appartengono a quella pletora di piccole famiglie signorili (fra cui i Monteverde, i signori di Massa, di Loro, di Sant’Angelo in Pontano, dei cosiddetti conti Bonifaci), capillarmente diffuse nella Marca centro-meridionale e titolari di diritti molto localizzati e dispersi. Gran parte di queste famiglie si trasferirono a Fermo verso la metà del Duecento, ricoprendo ben presto le più alte magistrature comunali. I da Mogliano, i Monteverde e i Falerone avevano una comune ascendenza, ma già nel primo Duecento ogni ramo appare del tutto indipendente dall’altro nella politica patrimoniale e giurisdizionale. Si può dunque così riassumere il profilo dei da Mogliano: famiglia signorile fino alla prima metà del XIII secolo, esponente di spicco dell’aristocrazia del contado inurbate alla metà del XIII secolo, capace di un rapido inserimento nelle istituzioni comunali (ad esempio un omonimo Gentile da Mogliano, nonno del M., fu priore del popolo nel 1297). Caratteristiche dei da Mogliano, come delle altre famiglie dell’area, sono sotto il profilo politico, la militanza nel coordinamento ghibellino e, dal punto di vista economico, il costante frazionamento dei patrimoni ad ogni divisione ereditaria, con la conseguente dispersione geografica dei beni e l’indebolimento della coesione familiare.
Governatore del comune e del popolo di Fermo.
Gentile riuscì ad imporsi manu militari a Fermo nel 1345, dopo aver stipulato l’ alleanza con i Visconti.
Ricoprì dal 1345 la carica di “governatore del comune e del popolo” di Fermo, un titolo non previsto nell’ordinamento comunale fermano e che indicava un’autorità de facto: nelle fonti di quell’anno viene infatti definito dominus noviter effectus.
Sono sconosciute le forme di governo adottare, ma si più ipotizzare che il pilastro della sua forza risiedesse nell’attività militare e nella capacità di reclutare nel contado milizie che potessero controllare la città. Il profilo di Gentile appare infatti più simile a quello di uno spregiudicato condottiero che non a quello di un signore cittadino.
Gentile sostenne militarmente la politica viscontea in Italia centrale. Egli entrò attivamente a far parte della Lega viscontea, che come in Toscana aveva trovato schiere di adepti nelle Marche nel tentativo di abbattere l’egemonia guelfa e fiorentina; il ruolo di primo piano che il M. rivesti all’interno della Lega è evidente nella sua presenza nel 1353 alla stipula della pace di Sarzana.
Con un’abile alleanza matrimoniale, Gentile si legò a Francesco Ordelaffi, signore di Forlì, sposandone la figlia Onestina.
Il M. fu spregiudicato nella sua politica di alleanze. Durante la prima missione italiana del card. Albornoz giurò a questi la fedeltà, nel 1354: fu così nominato dal prelato gonfaloniere della Chiesa e capo dell’esercito contro i signori di Rimini, e gli venne affidata la custodia della cittadella di Fermo, il Girfalco. Ben presto, però, nel gennaio 1355, facendo leva sul controllo militare del Girfalco, Gentile strinse un’alleanza segreta con Malatesta Malatesti e Francesco Ordelaffi per costringere gli abitanti di Fermo a ribellarsi contro Albornoz (vedi voce “Fine della dominazione”).
L’assedio di Gentile, asserragliato nella cittadella del Girfalco, introdusse nella storia urbanistica della città di Fermo un elemento destinato a ripetersi in seguito: fu infatti per la prima volta adottata la pratica di utilizzare il controllo della acropoli non a protezione ma contro la stessa città, al punto che il Girfalco divenne progressivamente un nervo scoperto nel tessuto urbano della Fermo tardomedievale.
Sotto il profilo monumentale, ma soltanto a livello di memoria esibita, si può ricordare la posta di una pietra sulla facciata della chiesa di Sant’Agostino, recante un’iscrizione commemorativa dell’assedio e della distruzione del porto di Ascoli (1348) perpetrata da Gentile.
Matteo Villani definisce il M. “tirannello oppressato da messer Malatesta da Rimini maggiore tiranno”, collocandolo dunque gerarchicamente nella trama delle alleanze e delle ostilità sovraregionali. (Cronica di Matteo e Filippo Villani…, V, 23); il cronista fiorentino, inoltre, assume il comportamento di Gentile come paradigmatico della strategia politica dei piccoli signori marchigiani e romagnoli, affermando che “la natura di que’ tiranni è molto conforme a’ tradimenti” . (Cronica di Matteo e Filippo Villani…, V, 52).
La ribellione di Gentile all’Albornoz fu di breve durata e nel maggio dello stesso anno il tiranno preferì consegnare il Girfalco alle truppe del cardinale, piuttosto che sostenere un disperato assedio: ebbe salva la vita e, forse dopo accordi segreti con Albornoz, poté scappare dall’assedio mosso al Girfalco e riprendere altrove la sua attività di capitano in una compagnia di ventura. Il M. si unì in seguito alla compagnia del conte Lando, lasciando quindi perdere le sue tracce documentarie.
Molto scarse le fonti a proposito di Gentile, che si riducono essenzialmente a qualche menzione nelle pergamene del Fondo diplomatico di Fermo e alla documentazione papale.
Fonti: Cronica di Matteo e Filippo Villani…, Milano 1834.
Studi: P. Colliva, Il Cardinal Albornoz, lo Stato della Chiesa, le «Constitutiones Aegidianae» (1353-1357), Bologna, 1977 (Studia Albornotiana, XXXII), pp. 101-166; A. Luchetti Giuli, Gentile da Mogliano e la sua signoria a Fermo, in Atti del XIII Convegno di studi maceratesi (Mogliano, 12-13 novembre 1977), Macerata 1979 [= Studi Maceratesi, 13 (1977)], pp. 185-233; D. Pacini, I signori da Mogliano (secoli XIII-XV), in La valle del Fiastra tra Antichità e Medioevo. Atti del XXIII Convegno di studi maceratesi (Abbadia di Fiastra, Tolentino, 14-15 novembre 1987), Macerata 1990 [= Studi Maceratesi, 23 (1987)], pp. 291-384 [ora ampliato in Id., Mogliano e i «Da Mogliano» nella storia dalle origini al secolo XVI, Fermo 2005 (Fonti per la storia fermana, II), pp. 263-358.