Terzi, Ottobuono


di:
Estremi anagrafici:

? - 1409.



Durata cronologica della dominazione:

1404-1409



Espansione territoriale della dominazione:

città cardine fu Parma, cui seguirono Reggio e Piacenza. 

Origine e profilo della famiglia:

verso il finire del Trecento la famiglia Terzi disponeva di una base patrimoniale piuttosto consistente, localizzata nel parmense e nel piacentino, ottenuta attraverso un’ampia investitura feudale concessa dall’imperatore Venceslao a Niccolò Terzi nel 1387. I possedimenti, pur nella loro frammentarietà, erano di estensione ragguardevole e potevano lasciar prefigurare un successivo ampliamento, cosa che avvenne con la dominazione di O.


Titoli formali:

nel 1403 Giovanni Maria Visconti conferì a O. e a suo fratello il commissariato di Parma e Reggio, e la sua autorità di commissario in seguito fu ampliata anche a Brescello, Montecchio, Borgo S. Donnino e Fiorenzuola.


Modalità di accesso al potere:

O. fu uno condottiero ducale tra i più capaci, e dimostrò la sua abilità in diverse occasioni. Nel 1401 fu artefice, insieme a Facino Cane, della sconfitta subita da Roberto di Baviera presso Brescia e successivamente fu protagonista della battaglia di Casalecchio, che aveva aperto a Gian Galeazzo le porte di Bologna. Il rapporto privilegiato con la famiglia viscontea e le azioni vittoriose sul campo di battaglia fecero sì che O. risultasse il prescelto nella spartizione dei beni posseduti da Giberto di Azzo da Correggio, alla sua morte incamerati da Gian Galeazzo e da questi ceduti al Terzi e ai suoi fratelli Giovanni e Jacopo attraverso un ampio diploma di investitura feudale. Questo riconoscimento ufficiale gettava le basi per un possibile progetto egemonico di O. nei territori a cavallo tra Parma e Reggio, e permetteva una compattazione dei territori già in possesso della famiglia Terzi, estendendosi così dall’Appennino alla bassa pianura parmense. L’investitura non riguardava solo territori rurali ma anche i possedimenti cittadini di Giberto, come la casa posseduta nella vicinia di S. Martino. Per avvicinarsi al potere cittadino fu indispensabile il privilegiato rapporto con il potere ducale, ma probabilmente il Terzi non sarebbe mai riuscito a realizzare un dominio personale se non fosse scomparso dalla scena politica Gian Galeazzo Visconti, morto nel 1402. Nel 1403 O. iniziò a mostrare chiaramente segni di interesse verso un’egemonia politica, appropriandosi di una delle quattro “squadre” che storicamente rappresentavano i vertici della politica cittadina, quella dei Correggio, alla quale impose il suo nome. Questo deciso inserimento nella politica cittadina scosse e rivoluzionò gli assetti quadripartiti su cui poggiava la politica parmense: al primo accenno di confitto tra le fazioni O., consapevole di dover fermare l’unica forza locale in grado di sviluppare predominio cittadino, abbandonò la vecchia alleanza con i Rossi e si schierò con i Sanvitale e i Pallavicino, formalmente per salvaguardare gli assetti consueti della città, impedendo ad una famiglia di salire al potere, in nome di un lealismo ducale finalizzato alla concordia; in realtà O. stava preparando le basi per la sua ascesa al potere.


Legittimazioni:

la signoria di O. non ottenne mai una vera legittimazione. Anche quando Giovanni Maria, nel 1403, conferì il commissariato di Parma e Reggio al Terzi e al fratello Jacopo, cui  fece seguito, nel dicembre dello stesso anno, la cessione di Brescello, Montecchio, Borgo S. Donnino e Fiorenzuola, i signori di Milano continuarono a presentare la signoria del Terzi come una momentanea concessione in cambio di stipendi non pagati in precedenza al condottiero.


Caratteristiche del sistema di governo:

la signoria di O. si pose in rottura rispetto ai precedenti governi cittadini, andando a spezzare i tradizionali equilibri politici. Dopo un iniziale periodo di governo in codominio con Pietro Rossi, O. riuscì, complici gli antichi odi della famiglia Sanvitale, a cacciare nella primavera del 1404 il suo rivale e ad espellere dalla città “nel spazio di ardere di una candela da un soldo tutti quelli che erano stati da tre anni in poi nella squadra dei Rossi, cittadini e contadini, o sacerdoti o secolari”. Una volta ottenuto il potere, iniziò a riformare le istituzioni, perseguendo un sempre maggiore controllo cittadino: ridusse il membri del consiglio da 200 a 100, senza dubbio per la necessità di disporre di un ceto dirigente circoscritto, ben controllabile e il più possibile solidale, e ricercò un continuo rapporto di forze all’interno dell’Anzianato che gli fosse favorevole. Ciononostante, O. non riuscì mai del tutto a svincolarsi dal sistema fazionario familiare che da alcuni anni rispecchiava gli equilibri politici parmensi, elemento che decreterà la fine precoce del suo progetto egemonico.


Sistemi di alleanza:

La sua posizione conservò una buona dose di ambiguità. Schieratosi contro i Rossi, per timore del loro strapotere, una volta giunto al potere dimostrò notevoli abilità diplomatiche, stringendo accordi con Venezia e consolidando la propria posizione anche sfruttando occasioni cerimoniali che lasciavano ampio spazio alla propaganda. Chiaro esempio fu la cerimonia del battesimo del figlio Niccolò Terzi, tenutasi il giorno di Natale del 1406. Ad essa presero parte, in qualità di padrini del bambino, il duca di Milano, il vescovo di Trento, Niccolò d’Este III, Jacopo Rossi, Francesco Gonzaga, Jacopo dal Verme e Carlo Malatesta.


Cariche politiche ricoperte in altre citt?:

Legami e controllo degli enti ecclesiastici, devozioni, culti religiosi:

Politica urbanistica e monumentale:

quando - nel 1404 - O. e Pietro Rossi si spartirono il governo della città, sentirono il bisogno di separare anche fisicamente le loro zone di influenza, creando materialmente una separazione cittadina: al Rossi andarono porta S. Barnaba, porta S. Croce (anche nota come porta Parma) e porta S. Francesco; a O. toccarono porta Nuova, porta Bologna e porta S. Michele (o S. Cristina). La città così suddivisa rispecchiava perfettamente la concezione dei governanti, che la intendevano come un insieme di punti di forza e zone di influenza e non come un elemento omogeneizzante. Da questa spartizione uscì rafforzato il Terzi, poiché alla sua zona di influenza – quasi tutta la città vecchia – faceva capo anche il distretto da  essa dipendente, e cioè quasi i 2/3 dell’intera collina e alcune delle fortezze più importanti e attrezzate.


Politica culturale:

Consenso e dissensi:

la realizzazione di uno stato medio-padano, in un’area importantissima perché di confine tra diverse sfere di potere, apparve una possibilità di così concreta realizzazione che gli avversari politici di O., in particolare i Rossi, riuscirono a creare una coalizione contro il Terzi cui aderirono anche Giovanni Maria Visconti, Niccolò III d’Este, l’allora signore di Cremona Cabrino Fondulo e Pandolfo Malatesta, signore di Bergamo e Brescia. Solo i Pallavicini rimasero fedeli al Terzi. La questione non si risolse militarmente, ma si optò per una congiura: attirato con l’inganno per un incontro a Rubiera con il marchese d’Este, O. fu assassinato il 27 maggio 1409 da Micheletto Sforza. Terminava così, con un colpo di mano, il periodo di governo del Terzi, caratterizzato dalla rottura con i precedenti rapporti di forza e che, probabilmente proprio a causa dell’alterazione di equilibri da troppo tempo stabili e definiti, non riuscì a durare più di qualche anno.


Giudizi dei contemporanei:

Fine della dominazione:

la signoria di O. si conclude,  tragicamente, nel 1409, quando Niccolò III d’Este, desideroso di allargare i propri domini anche su Parma, lo fece assassinare a Rubiera.


Principali risorse documentarie:

Bibliografia delle edizioni di fonti e degli studi:

I. Affò, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, 5 voll., Parma 1789-1787 (rist. anast. Bologna 1971-1972); Id., Storia della città di Parma, 4 voll., Parma 1792-1795 (rist. anast. Bologna 1980); B. Angeli, La historia della città di Parma et la descrittione del fiume Parma, divisa in otto libri, Parma 1591 (rist. anast. Bologna 1969); F. Bernini, Storia di Parma, Parma 1979; G. Chittolini, Il particolarismo signorile e feudale in Emilia fra Quattro e Cinquecento, in Id. et al., Il Rinascimento nelle corti padane. Società e cultura, Bari 1977; M. Gentile, Terra e poteri. Parma e il parmense nel ducato visconteo all’inizio del Quattrocento, Milano 2001; R. Greci, Parma medievale. Economia e società nel parmense dal Tre al Quattrocento, Parma 1992; Id., Parma nella realtà politica del padana del Quattrocento, in Parma e l’Umanesimo italiano, Atti del convegno internazionale di studi umanistici (Parma, 20 ottobre 1984), a cura di P. Medioli Massotti, Padova 1986; A. Pezzana, Storia della città di Parma, 5 voll., Parma 1837-1859 (rist. anast. Bologna 1971); A. Vasina, L’area emiliana e romagnola, in Storia d’Italia (dir. G. Galasso), VII/I, Comuni e signorie dell’Italia nordorientale e centrale: Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Torino 1987


Apporti nuovi di conoscenza:

Note eventuali: