Pagani da Susinana, Maghinardo


di:
Estremi anagrafici:

1240 circa-27 agosto 1302.



Durata cronologica della dominazione:

Faenza, 1286-1302; Imola, 1287-1302; Forlì, 1299-1302.



Espansione territoriale della dominazione:

Il centro del potere di Maghinardo rimase sempre Faenza, sulla quale egli esercitò un’influenza praticamente ininterrotta a partire dal 1286. Fin da quella data le sue mire si rivolsero anche verso Imola e Forlì. Dopo brevi periodi di preminenza, dal 1297 egli riuscì a rendere stabile il suo dominio su Imola, e dal 1299 anche su Forlì. Tra il 1299 e la sua morte improvvisa, nel 1302, Maghinardo controllò un «piccolo stato» signorile composto, oltre che dalle tre città con i loro distretti, dagli estesi possedimenti nelle valli appenniniche del Lamone, del Senio e del Santerno. La politica espansionistica del P., anzi, mostra un’evidente coerenza. Il suo interesse si concentrò infatti da subito sulle tre città che si trovavano all’imbocco delle valli appenniniche nelle quali egli aveva rafforzato e ampliato la base patrimoniale e signorile costruita dal nonno e dal padre.

Origine e profilo della famiglia:

I Pagani erano una famiglia di signori rurali originari di Castel Pagano, località dalla quale prendevano il nome, nell’alta valle del Senio, nella diocesi e contado di Imola. Le prime attestazioni della casata risalgono alla fine dell’XI secolo. Nel XII secolo essa si trasferì tre chilometri più a sud, nel castello di Susinana, e fu da qui che partì la sua espansione signorile. Responsabili di questa espansione furono soprattutto il nonno di Maghinardo, Pagano di Pietro di Pagano, nei primi decenni del Duecento, e poi il padre Pietro. Con Pagano e Pietro i diritti signorili della famiglia si estesero su un ampio territorio compreso tra le alte valli del Lamone, del Senio e del Santerno. I P. parteciparono alla vita politica del comune di Imola dalla fine del XII secolo. Pietro, il padre di Maghinardo, fu coinvolto nelle lotte tra le fazioni cittadine, e si schierò con la parte guidata dalla famiglia Meldoli. Quando questa prevalse, nel 1263, riuscì a farsi nominare podestà di Imola, ma fu presto destituito dall’intervento dei bolognesi. Pietro P. ebbe una relazione privilegiata con i fiorentini, interessati a crearsi punti di appoggio nel difficile contesto appenninico, tanto che, secondo la testimonianza di Giovanni Villani, egli avrebbe lasciato il figlio Maghinardo «alla guardia e tuteria del popolo e comune di Firenze, lui e le sue terre».

 


Titoli formali:

Podestà, capitano del popolo.


Modalità di accesso al potere:

Conquista militare ed elezione alle cariche di podestà e capitano da parte dei consigli cittadini.


Legittimazioni:

Maghinardo fu per la prima volta podestà a Faenza nel 1275. Nella stessa città fu podestà nel 1286, per poco più di un mese, poi nel 1289. In seguito egli preferì la carica di capitano del popolo, che ricoprì con poche interruzioni dal 1290 al 1302. Anche a Imola il P. fu capitano del popolo dal 1297 fino alla morte, e pure a Forlì, dove era stato podestà nel 1286, per soli dieci giorni, e nel 1294, dal 1299, quando riuscì a consolidare il proprio potere, optò per l’ufficio di capitano. In alcune occasioni Maghinardo concentrò entrambe le cariche, di podestà e capitano del popolo: a Imola nel 1289, aForlì nel 1294, ancora a Imola nel 1298 e 1299, a Faenza nel 1298. Si trattò tuttavia di circostanze eccezionali e di periodi molto brevi, in genere in attesa dell’arrivo di un nuovo ufficiale forestiero. Non sembra che l’affermazione di M. comportasse mutamenti formali negli equilibri istituzionali dei comuni di Faenza, Imola e Forlì. Almeno fino ai primi anni ’90, tutto lascia pensare che il P. fosse eletto seguendo le normali procedure, nell’ambito dei consigli cittadini, e mai per periodi superiori a quello standard di sei mesi. È probabile, tuttavia, che l’ampliamento e il consolidamento della signoria di M., dal 1297 e soprattutto dal 1299, determinasse un’alterazione delle forme istituzionali. Possiamo ipotizzare, pur in mancanza di esplicite attestazioni documentarie, che l’ufficio di capitano gli fosse conferito per un tempo più lungo rispetto a quello fissato dagli statuti cittadini, magari per due o tre anni, in analogia a quanto accadde in altre realtà, non solo romagnole, in quella stessa fase.

Il P. accentuò in particolare i compiti di natura militare attribuiti al capitano del popolo. Dagli ultimi anni del Duecento egli tenne le città poste sotto il suo controllo in uno stato di mobilitazione militare permanente, coinvolgendo milites e pedites in continue azioni di guerra e assedi a castelli e fortezze. Questo impegno era legato al suo ruolo di capo dei ghibellini di Romagna. Ma esso aveva anche lo scopo di legittimare il suo potere promuovendone l’immagine di vittorioso comandante militare, capace di respingere le mire espansionistiche di Bologna e dei suoi alleati e le ambizioni del papato. La continua mobilitazione del popolo in armi, cioè, era anche uno strumento per consolidare il consenso e costruire la leadership: in questo, Maghinardo si avvicina ad altre figure contemporanee come Guido e Galasso da Montefeltro.


Caratteristiche del sistema di governo:

Negli ultimi anni del Duecento Faenza, Imola e Forlì erano comuni di popolo: vedi schede Faenza, Imola, Forlì. Ciò contribuisce a spiegare perché, in particolare dagli anni ’90, il P. preferì la carica di capitano a quella di podestà.


Sistemi di alleanza:

In Romagna il P. era il punto di riferimento delle forze ghibelline, il che, in questa fase, significa sostanzialmente antibolognesi e antipapali. Il sistema di alleanze rimase mutevole fino alla seconda metà degli anni ’90, quando si delinearono due fronti meglio definiti. Lo schieramento ghibellino comprendeva Faenza, Imola, Forlì, Cesena – quest’ultima città era sotto il controllo di Galasso da Montefeltro – Castrocaro, Bertinoro e altre realtà minori, e poteva contare sull’appoggio degli Este. Lo schieramento avverso era composto da Bologna, dalla Ravenna dei da Polenta e dalla Rimini dei Malatesta, oltre alle forze papali. La lega ghibellina, guidata da due valenti comandanti militari come Maghinardo e Galasso da Montefeltro, ebbe subito la meglio, e i successi consentirono al P. di consolidare il proprio potere prima a Imola e poi anche a Forlì.

Apparentemente in contrasto con la sua forte identità di leader ghibellino furono gli stretti e sempre amichevoli rapporti di Maghinardo con Firenze. Egli infatti, su richiesta del consiglio del popolo di Firenze, spalleggiò le forze fiorentine nella battaglia di Campaldino del 1289, e nella guerra contro Pisa nel 1291, nella quale si trovò a combattere contro l’altro capo ghibellino, il suo vecchio alleato e “mentore” Guido da Montefeltro, che guidava le truppe pisane. In seguito Maghinardo appoggiò la parte nera – in teoria ultraguelfa e filo papale –, e nel 1301 entrò a Firenze al fianco di Carlo di Valois. Questo comportamento si spiega con la rete di relazioni che lo legava alle maggiori famiglie mercantili fiorentine, in gran parte nere, che risaliva alla sua giovinezza, trascorsa, per volere del padre, per lo più nella città toscana. Soprattutto, i mutui concessigli dai mercanti-banchieri fiorentini furono fondamentali per finanziare le sue campagne militari e il consolidamento del suo dominio in Romagna. Tra il 1297 e il 1299, nella fase cruciale del suo progetto di potere, il P. prese in prestito dai fiorentini grosse somme di denaro, garantendo con i propri estesissimi beni fondiari.

I legami con Firenze furono rinsaldati dal matrimonio di Maghinardo con Mengarda, della potente famiglia dei Della Tosa. Delle due figlie del P., Andreuccia sposò Ottaviano degli Ubaldini del Mugello, Francesca sposò Francesco Orsini.


Cariche politiche ricoperte in altre citt?:

Legami e controllo degli enti ecclesiastici, devozioni, culti religiosi:

Nel 1287 morì il vescovo di Faenza, Viviano, e il capitolo elesse al suo posto Lottieri Della Tosa, parente di Maghinardo. Secondo il cronista Pietro Cantinelli l’elezione avvenne «precibus et instancia domini Maghinardi de Sosenana». A pochi mesi dal suo rientro a Faenza, e in un momento in cui non ricopriva alcuna carica istituzionale, il P. godeva del sostegno della maggioranza dei canonici del capitolo, che provenivano dalle più influenti famiglie cittadine.

L’ingresso di Maghinardo a Imola, nel 1296, provocò invece la secessione di una parte del capitolo della cattedrale. Cinque canonici abbandonarono la città. Alla morte del vescovo di Imola Sinibaldo, nel 1297, i canonici dissidenti, dalla diocesi di Firenze, elessero vescovo uno di loro, Roberto Sassatelli, che tuttavia non fu confermato né dall’arcivescovo ravennate né dal papa, il quale nominò d’autorità Benedetto. Alla morte di questi, nel 1299, il capitolo, nel quale evidentemente prevalevano ora i sostenitori di Maghinardo, elesse il faentino Giovanni Bandini, molto vicino al P., tanto da essere ricordato nel suo testamento.


Politica urbanistica e monumentale:

Politica culturale:

Consenso e dissensi:

L’unico episodio di aperto dissenso fu l’abbandono di Imola da parte di cinque canonici del capitolo all’ingresso del P. in città nel 1296. Dal momento che i canonici provenivano da influenti famiglie locali, la vicenda mostra l’esistenza almeno a Imola di una fazione contraria a Maghinardo, il quale tuttavia si impose anche con la forza delle armi.


Giudizi dei contemporanei:

- Il convinto appoggio del P. alla parte nera fiorentina, in contrasto con la sua fede ghibellina, è all’origine della condanna di Dante, che etichetta «il lioncel dal nido bianco» come voltagabbana:

«La città di Lamone e di Santerno/ conduce il lioncel dal nido bianco,/ che muta parte dall’estate al verno» (Inferno, XXVII)

- Dino Compagni apprezza invece la partecipazione di Maghinardo alla battaglia di Campaldino al fianco dei fiorentini: «e Mainardo da Susinana gran capitano, che avea per moglie una de' Tosinghi» (D. Compagni, Cronica, I, 7).

- Giovanni Villani dà un’immagine decisamente positiva del P., sottolineandone in particolare l’amicizia con i fiorentini: «Il detto Maghinardo fu uno grande e savio tiranno, e dalla contrada tra Casentino e Romagna grande castellano, e con molti fedeli; savio fu di guerra e bene aventuroso in più battaglie, e al suo tempo fece grandi cose. Ghibellino era di sua nazione e in sue opere, ma co' Fiorentini era Guelfo e nimico di tutti i loro nimici, o Guelfi o Ghibellini che fossono; e in ogni oste e battaglia che' Fiorentini facessono, mentre fu in vita, fu con sua gente a·lloro servigio, e capitano; e ciò fu, che morto il padre, che Piero Pagano avea nome, grande gentile uomo, rimanendo il detto Maghinardo piccolo fanciullo e con molti nimici, conti Guidi, e Ubaldini, e altri signori di Romagna, il detto suo padre il lasciò alla guardia e tuteria del popolo e Comune di Firenze, lui e le sue terre; dal qual Comune benignamente fu cresciuto, e guardato, e migliorato suo patrimonio, e per questa cagione era grato e fedelissimo al Comune di Firenze in ogni sua bisogna» (G. Villani, Nuova Cronica, VIII, 149).

 


Fine della dominazione:

Morte improvvisa nel 1302. Dopo la scomparsa di Maghinardo, il piccolo stato si dissolse. Egli non aveva eredi maschi, e i diritti signorili nell’Appennino furono divisi tra gli Orsini e gli Ubaldini del Mugello, famiglie alle quali le figlie Andreuccia e Francesca si erano legate per via matrimoniale. A Faenza, Imola e Forlì il vuoto di potere fu riempito dall’ascesa di famiglie locali, in particolare dei Manfredi, degli Alidosi e degli Ordelaffi.


Principali risorse documentarie:

-       Il Chronicon del notaio faentino Pietro Cantinelli, che partecipò a quelle vicende in posizione di rilievo come magistrato comunale (vedi bibliografia).

-       Per l’azione del P. a Imola: Archivio storico comunale di Imola, depositato pressola Biblioteca comunale della città.

-       Per Faenza: il fondo diplomatico noto come «Raccolta Azzurrini», conservato presso l’Archivio di Stato di Ravenna, Sezione di Archivio di Stato di Faenza. Molte delle pergamene sono trascritte, per esteso o, più spesso, in regesto, in B. Azzurrini, Chronica breviora e in G. B. Mittarelli, Ad scriptores rerum italicarum (vedi bibliografia).


Bibliografia delle edizioni di fonti e degli studi:

Fonti: G. C. Tonduzzi, Historie di Faenza, Faenza 1675; G. B. Mittarelli, Ad scriptores rerum italicarum cl. Muratorii accessiones historicae faventinae, Venetiis 1771; Petri Cantinelli chronicon, a cura di F. Torraca, RIS2, XXVIII, 2, Città di Castello 1902; Chronica breviora aliaque monumenta faventina a Bernardo Azzurrino collecta, a cura di A. Messeri, RIS2, XXVIII, 3, Città di Castello 1907; Magistri Tolosani Chronicon Faventinum, a cura di G. Rossini, RIS2, XXVIII, 1, Bologna 1936; G. Villani, Nuova cronica, edizione critica a cura di G. Porta, 3 voll., Prma 1990-1991; D. Compagni, Cronica, edizione critica a cura di D. Cappi, Roma 2000.

Studi: A. P Beltrani, Maghinardo Pagani da Susinana. Commento sopra due luoghi della Divina Commedia, Faenza 1908; Id., Lettere inedite del Comune di Bologna a Maghinardo Pagani da Susinana, in «La Romagna», III (1906); F. Torraca, A proposito di Maghinardo Pagani da Susinana, in «La Romagna», VI (1909); G. Zaccagnini, Maghinardo da Susinana e il Comune di Bologna, in « Atti e Memorie della R. Deputazione di Storia patria per le province di Romagna», s. IV, IV (1918), pp. 52-146; S. Gaddoni, Il testamento di Maghinardo Pagani da Susinana, in Studi danteschi, a cura della R. Deputazione di Storia patria per le provincie di Romagna, nel VI centenario della morte del Poeta, Bologna 1922, pp. 63-88; A. Torre, Maghinardo Pagani da Susinana, in «Studi Romagnoli», XIV (1963), pp. 3-22; A. Vasina, I romagnoli fra autonomie cittadine e accentramento papale nell’età di Dante, Firenze 1965, ad indicem; J. Larner, Signorie di Romagna. La società romagnola e l’origine delle Signorie, Bologna 1972, ad indicem; N. Galassi, Figure e vicende di una città, vol. I, Imola dall’età antica al tardo medioevo, Imola 1984, pp. 431-518.

 


Apporti nuovi di conoscenza:

Note eventuali: