di:
Vito Lorè
1347-1350.
Bologna.
Vedi scheda famiglia Pepoli.
Il 30 settembre del 1347, il giorno dopo la morte di Taddeo, loro padre, il consiglio del popolo proclamò signori di Bologna Giacomo e Giovanni Pepoli. Già il pontefice Clemente VI aveva riconosciuto il loro diritto a succedere a Taddeo, anche se solo per un anno.
Si vedano le schede Romeo Pepoli e Taddeo Pepoli. La signoria fu condivisa dai due fratelli Giovanni e Giacomo.
Nel 1345 Giacomo e Giovanni, non ancora proclamati signori, si fecero investire cavalieri da Umberto II, delfino di Vienne, che ospitarono in una sua sosta a Bologna, in viaggio per Smirne. A loro volta Giacomo e Giovanni investirono cavalieri altri ventuno bolognesi, fra i quali molti personaggi del gruppo dominante. È un episodio significativo della fascinazione dei due signori per i riti del mondo aristocratico, al quale per origine familiare erano estranei.
Nel 1347 Astorgio di Durfort, rettore nominato da Clemente VI, si preparava a ripristinare il dominio pontificio sulla Romagna, con l’intenzione di comprendervi anche Bologna. Ciò provocò un avvicinamento fra i Pepoli e i signori romagnoli, in particolare l’Ordelaffi, signore di Forlì. Nel luglio 1350 Astorgio riuscì ad attirare Giovanni presso il proprio accampamento, prospettandogli l’avvio di negoziati, e lo catturò. Giacomo Pepoli scrisse lettere ai Fiorentini e agli Estensi, tradizionali alleati di Bologna e dei Pepoli, ma anche ai Gonzaga, ai Malatesta e ai Visconti. Aiuti vennero anche da Malatesta e Gonzaga, ma soprattutto dall’arcivescovo di Milano, Giovanni Visconti, che inviò truppe di rinforzo, ma intanto preparava anche un’occupazione militare di Bologna, come risulta da una sua lettera al podestà di Tortona. Giovanni Pepoli fu liberato in cambio di 20000 fiorini dati alle truppe che lo detenevano; altri 60000 sarebbero ne stati aggiunti in seguito. Fallito il tentativo di far ribellare ad Astorgio una parte delle truppe papali, i due Pepoli vendettero in segreto la signoria su Bologna ai Visconti, per avere il denaro necessario a coprire il debito contratto e negoziando condizioni a loro molto favorevoli. Fra le varie clausole del trattato, infatti, una prevedeva che i Pepoli avessero il dominio su Crevalcore, Sant’Agata Bolognese, Nonantola, San Giovanni in Persiceto, con i rispettivi distretti: erano proprio i territori nei quali la famiglia aveva compiuto i più consistenti investimenti fondiari, a partire almeno da Romeo. Dopo l’insediamento dei Visconti, in breve tempo i Pepoli furono però privati dei loro beni e domini, sotto l’accusa, rivolta in particolare a Giacomo e a suo figlio Obizzo, di aver complottato per scalzare i Visconti, con l’aiuto di agenti fiorentini. Tale accusa appare fondata, come risulta da una lettera del 1353, scritta da Firenze agli ambasciatori fiorentini impegnati in negoziati di pace con l’arcivescovo Giovanni Visconti). Giacomo Pepoli visse in povertà a Faenza. Giovanni fu invece accolto alla corte milanese dei Visconti, dove ebbe l’incarico di vicario generale e uno stipendio mensile di 50 fiorini.
Archivio Pepoli, presso Archivio di Stato di Bologna, Sommari di instrumenti; Archivio di Stato di Bologna, Comune, Governo, Signoria Pepoli.
Fonti: Corpus chronicorum bononiensium, a cura di A. Sorbelli, Rerum Italicarum Scriptores, II ed., XVIII/1, vol. II, Città di Castello-Bologna 1938.
Studi:
A. Sorbelli, La signoria di Giovanni Visconti a Bologna e le sue relazioni con la Toscana, Bologna 1902, rist. an. ivi 1976, pp. 1-36; A. L. Trombetti Budriesi, Bologna 1334-1376, in Storia di Bologna, dir. R. Zangheri, 2, Bologna nel Medioevo, a cura di O. Capitani, Bologna 2007, pp. 804-810; G. Lorenzoni, Conquistare e governare la città. Forme di potere e istituzioni nel primo anno della signoria viscontea a Bologna (ottobre 1350 – novembre 1351), Bologna 2008, pp. 21-47.