di:
Vito Lorè
1285/90-1347.
1337-1347.
Bologna.
Vedi scheda famiglia Pepoli.
«Generalis ac perpetuus conservator et gubernator comunis et populi Bononie ac totius civitatis comitatus et districtus subiectorum et districtualium et habitatorum eiusdem et augmentator status boni pacifici et tranquilli omnium premissorum» nella delibera del Consiglio del popolo, che lo proclamava signore (agosto 1337). In seguito, più sinteticamente, Conservator pacis et iustitie; il titolo non era legato ad alcuna magistratura comunale preesistente.
Solo nel 1328, dopo molti tentativi falliti, i Pepoli riuscirono a tornare dall’esilio cui erano stati condannati alla fine del dominio di Romeo. Signore di Bologna era allora il legato papale Bertrand du Poujet. Il legato fu espulso nel 1334, gli ordinamenti comunali furono restaurati, riscritti gli statuti. La parte scacchese, cui appartenevano i Pepoli e altre famiglie di rilievo, fra cui i Gozzadini, prevalse sui Maltraversi, che furono banditi dalla città. Negli anni successivi Gozzadini e Pepoli emersero dal panorama bolognese, assumendo largamente il controllo delle istituzioni comunali e arrivando spesso, in un’ultima fase, allo scontro armato, entrambi i gruppi appoggiandosi a una milizia privata, composta da familiari e clienti. Nel 1337 Brandelisio Gozzadini e i suoi sostenitori furono colpiti da bando,dopo essersi a lungo scontrati con la famiglia dei Bianchi, vicina ai Pepoli. L’istituzione con larghissimi poteri di una balia di quattordici sapienti, composta da Taddeo e da altri esponenti della sua fazione, preparò il terreno per la signoria.
Nel 1337 Taddeo si insediò dopo essere stato acclamato dalla folla come signore, legittimato da due delibere del consiglio del popolo, nelle quali si definivano i suoi poteri: merum et mixtum imperium, facoltà di legiferare e modificare le norme già esistenti, pieno controllo delle finanze comunali. Era un potere di tipo sovrano: tradimento e ribellione erano assimilati al crimen lesae maiestatis. Nel 1338 Taddeo fu nominato vicario papale per un triennio.
L’ascesa di Taddeo comportò un sostanziale svuotamento di molte istituzioni comunali, che pure formalmente non scomparvero. Il consiglio del popolo non fu più convocato e le sue funzioni passarono al signore. Scomparve il capitano del popolo e il podestà ebbe prevalentemente funzioni di giudice. Di Anziani e consoli, che avevano compiti esecutivi, furono molto limitate le competenze. Taddeo si appoggiò invece di consueto a commissioni informali di sapientes, convocate secondo necessità. Magistratura creata ex novo fu il vicario del signore, un ufficiale forestiero che partecipava, controllandole, alle riunioni degli anziani, rivedeva gli statuti delle arti e affiancava il podestà nell’attività giudiziaria. Il consiglio dei Quattromila rimase in vita e conservò la facoltà di nomina degli ufficiali, che però il signore poteva nominare anche in proprio. Altra creazione signorile fu la curia domini, un collegio composto da otto notai, che emanava i decreti signorili, spesso in risposta a una supplica. I notai della curia ricevevano anche incarichi specifici, come ambascerie e compiti di giudice. Infine fu istituito l’ufficio di capitano della montagna, con il compito di controllare l’intera zona appenninica sotto la giurisdizione bolognese.
Taddeo continuò le tradizionali alleanze con Ferrara e con Firenze. In un primo periodo, oltre a scontrarsi con Ostasio da Polenta per il controllo di Lugo (assoggettata a Bologna solo due anni dopo), Taddeo si avvicinò ad Azzone Visconti e si impegnò in una lega antiscaligera con Veneziani e Fiorentini. A partire dal 1339, insieme con Firenze, che mirava alla conquista di Lucca, Taddeo si alleò con Mastino della Scala in funzione antiviscontea. La solida e antica alleanza con Firenze fu messa in crisi dal rapporto personale di Taddeo con il duca d’Atene, Gualtieri di Brienne, divenuto signore di Firenze nel 1342: l’anno dopo Taddeo cercò senza successo di sostenerlo, inviandogli rinforzi per salvare la sua caduta, e in seguito lo ospitò per qualche tempo a Bologna. Nel 1347 Taddeo stipulò un trattato di alleanza con Luchino Visconti, in funzione difensiva.
Nel periodo precedente la signoria di Taddeo le intese matrimoniali dei Pepoli sono quasi tutte interne a Bologna, ma non connotate da un indirizzo politico preciso . Nel 1280 Taddeo aveva sposato Bartolomea Samaritani, nipote del miles e, nel 1321, podestà di Brescia, Bornio Samaritani, stretto alleato del padre di Taddeo, Romeo Pepoli. In omaggio al Samaritani, Taddeo aveva dato il nome di Bornio a un suo figlio. La relazione fra le due famiglie fu continuata dal matrimonio di un nipote di Zoene, fratello di Romeo Pepoli, con una nipote di Bornio. Altri matrimoni di membri dei rami collaterali della famiglia sancirono le alleanze con i Caccianemici, famiglia di tradizione guelfa, e con i Conoscenti, ricca famiglia di cambiatori vicina a Bertrando del Poggetto negli anni della sua signoria bolognese. Nel 1332 e nel 1334 due figli di Taddeo, Giovanni e Zanna, sposarono due figli di Bliobarigi Azzoguidi, dottore in leggi e cambiatore, uomo chiave per il controllo del collegio dottorale di diritto civile, divenuto un importante centro di potere. Il legame matrimoniale di un ramo minore dei Pepoli con la famiglia di ascendenza signorile dei da Loiano fu utile negli scontri che nel 1337 portarono all’insediamento di Taddeo come signore: insieme con i Pepoli sostenitori dei da Loiano e di altre famiglie attaccarono la residenza dei Gozzadini. Proprio nel periodo dell’ascesa di Taddeo al potere, i Pepoli stabilirono alleanze matrimoniali anche con famiglie signorili estranee o marginali rispetto all’ambito cittadino. Nipoti di Taddeo sposarono nel 1335 Muzzarello da Cuzzano, di una famiglia aristocratica di tradizione ghibellina, insediata nella valle del Samoggia, e nel 1339 Vanina, figlia di Guido conte di Cunio, alleato di Taddeo nella conclusione della pace con Ostasio da Polenta.
Nel periodo di Taddeo la famiglia Pepoli si avvicinò ai Domenicani, come dimostrano le sepolture nella basilica bolognese di S. Domenico di diversi membri della famiglia, fra cui lo stesso Taddeo.
Nel 1339 Taddeo fece costruire una loggia che ampliava il palazzo della Biada, sede degli anziani, per ospitare il governatore pontificio: vi fece poi risiedere i suoi stipendiari. Quanto alla politica edilizia della famiglia, essa fu coerente con le sue origini popolari: Taddeo e i suoi non intrapresero la costruzione di torri o dimore fortificate, ma optarono per un grande palazzo, tuttora esistente anche se fortemente rimaneggiato, che inglobò le più antiche case di famiglia in via Castiglione. La costruzione del palazzo fu avviata nel 1340.
Di Taddeo dottore in legge, oltre alla notizia di un parere su questioni testamentarie, ci rimane un consilium sui beni confiscati agli eretici, attribuitogli solo di recente perché pervenutoci all’interno di opere di altri giuristi. Non abbiamo elementi certi per poterlo affermare, ma sembra che Taddeo abbia anche insegnato presso lo Studio bolognese. Nel 1338 Taddeo decretò la coniazione di una nuova moneta. La pepolesca valeva 24 denari piccoli o due grossi e riportava il nome e l’arma del signore, oltre all’immagine di S. Pietro, antico patrono della città, preferito a S. Petronio probabilmente per il legame troppo stretto di quest’ultimo con la tradizione comunale. Presso la basilica di S. Domenico Taddeo fece costruire per sé un sepolcro monumentale, tuttora esistente, anche se in una veste più tarda. Anche sul sepolcro di Taddeo, come sulla moneta da lui coniata, compare il simbolo della fazione Scacchese, a cui per tradizione i Pepoli appartenevano.
Nel 1338 Muzzarello da Cuzzano, imparentato con Taddeo e da lui nominato l’anno prima capitano della montagna, con compiti di controllo del territorio appenninico, ordì un complotto contro il signore. Scoperto, riuscì a fuggire e i suoi beni furono confiscati.
Nelle fonti esterne all’ambiente di Bologna (Giovanni Villani, Anonimo romano) il regime di Taddeo è giudicato esplicitamente come tirannia. Così fa anche Bartolo da Sassoferrato, che include Taddeo nella categoria dei tiranni “ex defectu tituli”. Le fonti narrative bolognesi, in particolare la cronaca Villola e il Memoriale di Matteo Griffoni, su di lui esprimono giudizi positivi, sottolineando la moderazione di Taddeo e la sua attenzione a preservare la pace fra i cittadini.
Taddeo morì di morte naturale nel 1347, dopo una lunga malattia.
Archivio Pepoli, presso Archivio di Stato di Bologna, Sommari di instrumenti; Archivio di Stato di Bologna, Comune, Governo, Signoria Pepoli.
Fonti: Corpus chronicorum bononiensium, a cura di A. Sorbelli, Rerum Italicarum Scriptores, II ed., XVIII/1, vol. II, Città di Castello-Bologna 1938; M. Griffoni, Memoriale historicum de rebus Bononiensium, a cura di L. Frati e A. Sorbelli, Rerum Italicarum Scriptores, II ed., XVIII/2, Città di Castello 1902.
Studi: N. Rodolico, Dal Comune alla Signoria. Saggio sul governo di Taddeo Pepoli in Bologna, Bologna 1898, rist. an. ivi 1974; M. Bellomo, Giuristi e inquisitori del Trecento. Ricerca su testi di Iacopo Belvisi, Taddeo Pepoli, Riccardo Malombra e Giovanni Calderini, in Per Francesco Calasso. Studi degli allievi, Roma 1978, pp. 9-57; R. Dondarini, Il tramonto del comune e la signoria bentivolesca, in Atlante storico delle città italiane, Emilia-Romagna, 2, Bologna, a cura di F. Bocchi, III, R. Dondarini – C. De Angelis, Da una crisi all’altra (secoli XIV-XVII), Bologna 1997, pp. 23-24; G. Antonioli, Conservator pacis et iustitie. La signoria di Taddeo Pepoli a Bologna (1337-1347), Bologna 2004, F. Bocchi, Lo sviluppo urbanistico, in Storia di Bologna, dir. R. Zangheri, 2, Bologna nel Medioevo, a cura di O. Capitani, Bologna 2007, pp. 284-288; A. L. Trombetti Budriesi, Bologna 1334-1376, in Storia di Bologna, dir. R. Zangheri, 2, Bologna nel Medioevo, a cura di O. Capitani, Bologna 2007, pp. 761-866.