di:
Valentina Dell'Aprovitola
? – post 1335.
con intervalli dal 1318 al 1335
Vercelli
I Tizzoni tradizionalmente non appartenevano al gruppo di cives che diede origine all’istituzione comunale ma, come molte altre famiglie cittadine, fecero la loro comparsa sulla scena politica vercellese alla fine del XII secolo, quando il consiglio di Credenza si stava a poco a poco allargando. L’ipotesi più probabile a riguardo della fortuna familiare afferma che i Tizzoni riuscirono ad affermarsi grazie alla formazione giuridica di alcuni suoi esponenti. Non sembra che i Tizzoni fossero caratterizzati dall’attività notarile: gli unici notai provenienti dalla famiglia Tizzoni verranno documentati solo nel Quattrocento inoltrato.
L’accesso al consolato di alcuni membri dei Tizzoni a cavallo del Duecento evidenzia la crescita politica della famiglia. Il passaggio da comune consolare a podestarile non segnò una diminuzione della presenza della famiglia nella vita politica cittadina. Anzi, i Tizzoni riuscirono ad inserirsi stabilmente nel gruppo dirigente vercellese, venendo costantemente rappresentati da almeno un membro all’interno del consiglio di Credenza. Alla vigilia dei conflitti di parte che spaccarono l’aristocrazia vercellese dagli anni Quaranta del XIII secolo, la famiglia era presente già da due generazioni ai vertici delle istituzioni cittadine, anche se il suo peso non era certamente paragonabile a quello di altri grandi nuclei parentali come gli Avogadro o i Bicchieri.
La preminenza dei Tizzoni fu limitata alle sole magistrature comunali, poichè del tutto assenti non solo dall’episcopato vercellese, ma anche dai canonicati della cattedrale, contrariamente ai loro avversari storici, ovvero gli Avogadro.
membro del consiglio di Credenza, attestato dal 1326. Giovanni di Monferrato, durante il periodo della sua signoria, nel primo semestre del 1331, nominò dodici credenzieri, tra cui Riccardo Tizzoni, tutti appartenenti allo schieramento ghibellino.
dopo essersi posto come guida della parte ghibellina, R. iniziò la sua ascesa politica. Forse in virtù dell’esempio di Simone Avogadro di Collobiano, R. si preoccupò anche di inserirsi decisamente all’interno degli apparati finanziari del comune.
nel 1310 Riccardo fu investito da Enrico VII della signoria del borgo di Crescentino. Per quanto riguarda Vercelli abbiamo la testimonianza, dubbia, dell’Azario, secondo cui nel 1328 Riccardo, insieme a Sozzo di Sonamonte, fu investito da Ludovico il Bavaro della signoria della città.
Le modalità di affermazione di Riccardo presentano alcuni aspetti analoghi a quelli verificati per l’egemonia di Simone Avogadro di Collobiano: “scarsa visibilità istituzionale, leadership politica scavata all’interno delle strutture di tradizione comunale, rappresentanza delle esigenze collettive” (Rao). La penetrazione di R. negli apparati del comune è indubbia, ed è confermata nel 1325, quando alcuni importanti redditi, dalla gabella del sale al dazio sul vino, risultano impegnati a Enrico Bondoni, Gionselino di Castellengo, Filippo di Sonamonte e, appunto, Riccardo Tizzoni. Tratto distintivo della politica di R. fu il mantenimento delle strutture municipali e il rispetto della sovranità popolare; il controllo degli uffici municipali e della Credenza, quando riunita, permettevano a R. di governare senza scardinare il vecchio apparato comunale.
Il principale asse di alleanza fu quello con i Visconti, asse che si rinforzò sempre più, sino a raggiungere una sorta di ratifica formale per via matrimoniale, con l’unione tra Uberto Tizzoni e Bernardina Visconti. Riccardo seppe qualificarsi come interlocutore dei Visconti in almeno due situazioni chiave della politica vercellese: nel 1318, in un intervento nel consiglio comunale, che aprì la strada alla larvata signoria di Matteo Visconti, e nel 1335, con l’arringa che sancì la definitiva sottomissione di Vercelli ad Azzone, già dall’anno precedente dominus della città.
R. ebbe rapporti anche con Teodoro I di Monferrato, del quale fu padrino di battesimo, nel 1322.
Riccardo instaurò una sorta di diarchia con Sozzo di Sonamonte, insieme al quale secondo l'Azario sarebbe stato investito da Ludovico il Bavaro della signoria della città, nel 1318.
nominato nel 1310 da Enrico VII vicario imperiale di Cremona.
La relazione con i Visconti, se certamente ha giovato molto a Riccardo dal punto di vista politico, militare e di prestigio, in almeno un’occasione si è rivelata una fonte non piccola di guai, in particolare quando papa Giovanni XXII accusò Matteo Visconti di eresia, un’accusa dalla quale dovettero difendersi anche i Tizzoni. Giovanni XXII, considerando il ghibellinismo una dottrina antipapale e anticlericale, il 4 gennaio 1318 scomunicò Matteo Visconti, il quale morirà da scomunicato il 24 giugno del 1322, dichiarato eretico e scismatico.
In questo contesto maturò l’inchiesta che colpì anche gli alleati di Matteo, in un primo momento non toccati dall’accusa di eresia, per capire se e quanto questi fossero da considerare eretici, e in caso affermativo decidere come procedere nei loro confronti. Il 6 maggio 1322 fu pronunciata la condanna: il gruppo di vercellesi fu scomunicato ufficialmente e in contumacia. La scomunica fu sciolta solo nel 1328, e presumibilmente dopo l’elezione da parte di Ludovico il Bavaro dell’antipapa Niccolò V, avvenuta il 12 maggio di quell’anno.
Occorre poi ricordare che i Tizzoni risultarono totalmente assenti dalle carriere ecclesiastiche.
Riccardo Tizzoni venne allontanato da Vercelli dal 1301 fino all’arrivo di Enrico VII in Italia. In questa occasione, esule da Vercelli da nove anni, fiutando la possibilità di un rientro in città, si premurò di rendere nota sua lealtà nei confronti dell’imperatore: il 28 maggio 1310 gli scrisse una lettera da Trento – dove forse si era spinto proprio per avvicinarsi all’imperatore – promettendo di fargli da scorta in tutte le tappe del suo viaggio verso Milano. In dicembre il corteo imperiale giunse a Vercelli; qui Enrico impose una pacificazione generale, giurata dalle parti tra il 15 e il 16 del mese, ordinando che gli esuli ritornassero in possesso dei loro beni, ponendo sotto il bando imperiale tutti coloro che avessero rotto il giuramento di mantenere la pace. Fu probabilmente in quest’occasione che l’imperatore nominò Riccardo Tizzoni vicario di Cremona e gli concesse la signoria di Crescentino, sottraendo il borgo al districtus della città di Vercelli.
la forte influenza esercitata dai Visconti rese meno evidente, agli occhi dei cronisti contemporanei, il progetto egemonico di R.; forse questo spiega l’assenza di testimonianze narrative sul suo operato.
nel 1335, con la dedizione della città ad Azzone Visconti.
Archivio storico del comune di Vercelli, Pergamene comunali; Hec sunt statuta comunis et alme civitatis Vercellarum, Vercelli 1562; Documenti dell’archivio comunale di Vercelli relativi ad Ivrea, a cura di G. Colombo, Pinerolo 1901 (BSSS, 8); I Biscioni, vol. II/1, a cura di R. Ordano, Torino 1970 (BSSS 181); I Biscioni, vol. II/2, a cura di R. Ordano, Torino 1976 (BSSS 189); I Biscioni, vol. II/3, a cura di R. Ordano, Torino 1994 (BSSS 198); I Biscioni. Nuovi documenti e regesti cronologici, a cura di R. Ordano, Torino 2000 (BSSS 216).
A. Barbero, Signorie e comunità rurali nel vercellese fra crisi del districtus cittadino e nascita dello stato principesco, in Vercelli nel XIV secolo. Atti del quinto Congresso storico vercellese, a cura di A. Barbero e R. Comba, Vercelli 2011, pp.411-511; F. Cognasso, L’unificazione della Lombardia sotto Milano, in Storia di Milano, V, La signoria dei Visconti, Milano, 1955; A. Degrandi, Artigiani nel Vercellese dei secoli XII e XIII, Pisa 1996; V. Mandelli, Il comune di Vercelli nel Medioevo, vol. IV, Vercelli 1861, vol. IV; S. Pozzati, La famiglia Tizzoni nella politica vercellese dalle origini alla dedizione del 1335, in Vercelli nel XIV secolo cit., pp. 63-78; R. Rao, Comune e signoria a Vercelli (1285-1335), in Vercelli nel XIV secolo cit., pp. 21-62.