di:
Dario Canzian
1274- 5 aprile 1312
1306-1312 (ma associato al padre, Gherardo, fin dal 1301).
Treviso (ma vedi scheda famiglia da Camino)
vedi scheda famiglia da Camino. R. era figlio di di Gherardo, fondatore della signoria.
Capitano generale di Treviso e del distretto dal 1301 «ex bailia sibi data et concessa ab egregio viro domino Gerardo de Camino eius patre et per comune Tarvisii» (Picotti, p. 170).
per associazione al padre (1301) e poi, alla morte di questi, per successione proposta nella concio del Comune. R. giura la capitaneria nel palazzo del comune (Processo Avogari, p. 471, 493).
Il 10 maggio 1311 viene nominato dall’imperatore Enrico VII «vicarius civitatis Tervisii, territorii et districtus eiusdem» a vita, in cambio di una elargizione di 16.000 fiorini d’oro.
governa sentendosi sciolto da qualunque vincolo statutario, pretendendo di approvare qualunque atto pubblico; esercita il proprio arbitrio su tutte le magistrature cittadine; interviene sulle sentenze modificandole a suo piacimento; utilizza beni comunali per saldare debiti della famiglia o per gratificare suoi sostenitori; impone imposte e prestiti forzosi. Sotto il suo regime la formulazione di un apparato signorile distinto da quello del comune si spinge fino alla creazione di un «embrione di cancelleria»: abbiamo notizia dell’esistenza di almeno due notai che si definiscono «scriba domini Riçardi de Camino». Sotto la casa del signore di Treviso, poi, nel 1308 esisteva una «camera tabellionum» (Varanini, p. 170).
A partire dal momento in cui diventa vicario imperiale sopprime l’ufficio della podesteria, sostituendolo con quella del visconte del vicario.
la collocazione guelfa di Treviso durante la signoria di R. è una pura etichetta che nasconde una politica militare e di alleanze ispirata al conseguimento di un’affermazione regionale. In particolare, R. avvia una serie di iniziative aventi lo scopo di imporre la sua autorità entro il vicino patriarcato di Aquileia. A tale scopo egli in funzione antiaquileiese persegue dapprima l’alleanza con Venezia (anche a costo di sacrificare in qualche occasione la tradizionale amicizia tra Caminesi e Padova) e con uno schieramento di nobili friuliani capeggiati dal conte Enrico di Gorizia, suo cognato e avvocato del patriarca. Tuttavia, giunto nel 1309 dopo una serie di scontri a farsi nominare dal metropolita aquileiese capitano della patria del Friùli, si trova avversato dal conte Enrico e perde in poco tempo le posizioni acquisite. Dopo aver attirato su di sé i sospetti di Venezia in occasione della congiura di Baiamonte Tiepolo, nel 1311 cambia radicalmente schieramento acquisendo la carica di vicario imperiale. La nuova collocazione peraltro, oltre ad alienargli le simpatie della nobiltà locale che lo aveva sostenuto fino a quel momento, non gli procura la fiducia totale dei ghibellini della Marca Trevigiana. Tra i possibili mandanti del suo assassinio, infatti, i contemporanei annoverarono anche Cangrande della Scala.
nel 1307 R. è dominus generalis di Treviso, Feltre, Belluno e della contrata Cadubrii; il dominium gli viene conferito da un gruppo di nobiles cives (Varanini, p. 377). Va ricordato che già il padre, Gherardo, aveva assunto nel 1265 o 1266 la carica di capitano generale di Feltre e Belluno. In realtà, Feltre e Belluno, pur fortemente coinvolte dal disegno politico caminese e dalle infiltrazioni di esponenti del loro entourage nelle istituzioni civili e religiose locali, sono parte di uno ‘stato’ caminese senza però che le loro sorti e le loro istituzioni siano legate a quelle di Treviso. Il vincolo era infatti con le persone, non con le istituzioni.
non abbiamo testimonianze precise al riguardo, ma sappiamo che il casato era fortemente interessato al controllo delle sedi diocesane di Treviso, Feltre e Belluno, Ceneda. L’aver scelto come luogo di sepoltura il convento dei Minori di Treviso testimonia del favore attribuito anche da R., come dagli altri membri della sua famiglia, a questa istituzione (v. Gherardo).
gli anni della signoria di R. corrispondono a quelli dell’avvio della ricostruzione della chiesa dei Domenicani, San Nicolò, secondo una tradizione priva però di riscontri, resa possibile da una elargizione del papa trevigiano Benedetto XI nel 1303.
non siamo al corrente di iniziative precise al riguardo, ma i documenti ricordano un buon numero di maestri di grammatica, fisici e medici favoriti da atti di favore del signore (Picotti, p. 203; vedi anche Gherardo da Camino).
La parabola di R. è segnata da una lunga fase di sostanziale consenso dell’élite trevigiana, seguita dalla frattura maturata con l’assunzione del vicariato imperiale nel maggio del 1311. Secondo il cronista vicentino primo trecentesco Ferreto Ferreti egli sarebbe stato assassinato per aver offeso le donne della famiglia dei conti e di quella degli Azzoni. Ma è probabile che questa voce coprisse l’ostilità politica degli esponenti del gruppo aristocratico. Tra i sospettati dell’attentato ci furono anche il fratello, Guecellone, che gli succedette nella signoria, e Cangrande. Il passaggio allo schieramento imperiale aveva infranto inoltre la decennale amicizia con il comune padovano nel momento in cui si profilava per Padova la minaccia scaligera.
viene considerato comunemente peggiore del padre. I giudizi più severi sono pronunciati dai testimoni del Processo Avogari, del 1314 (Processo Avogari, ad indicem) e si riferiscono agli abusi da lui commessi soprattutto in materia di fisco e giustizia. Anche Dante, che pure aveva elogiato il padre Gherardo, ne traccia un giudizio severo in pochi versi (Parad., IX, 49-51). Più sfumato il giudizio di Ferreto Ferreti, secondo il quale egli fu un «non multum trux moderator».
il 5 aprile 1312, mentre gioca a scacchi sotto la loggia del suo palazzo in contrada S. Agostino, viene colpito da un villano con una roncola. L’aggressore viene immediatamente ucciso dai nobili del seguito di R., impedendo forse in questo modo che si potessero conoscere i mandanti. Ferito, riesce a dettare testamento due giorni dopo (Picotti, doc. LI). Muore il 12 aprile e viene sepolto con tutti gli onori presso la chiesa di san Francesco.
Fonti: Le opere di Ferreto de’ Ferreti vicentino, a cura di C. Cipolla, Roma 1908-1920 (Fonti per la Storia d’Italia, 42-43 bis); Constitutiones et acta publica, in MGH, Legum sectio IV, a cura di I. Schwalm, IV, Hannoverae et Lipsiae 1909-11, nn. 1048 p. 1089, 1234 p. 1295; Cortusiis (de) Chronica de novitatibus Padue et Lombardie, in RIS, 2 ed., XII, parte V, a cura di B. Pagnin, Città di Castello 1941-1975, p. 16 (con la descrizione dell’assassinio); Il processo Avogari (Treviso 1314-1315), a cura di P. Cagnin, con un saggio introduttivo di D. Quaglioni, Roma 1999 (Fonti per la Storia della Terraferma veneta, 14).
Studi: G.B. Picotti, I Caminesi e la loro signoria in Treviso dal 1283 al 1312, Livorno 1905 (rist. anast. con aggiornamento e e documentazione fotografica a cura di G. Netto, Roma 1975), pp. 225-241; F. Ercole, Comuni e Signori nel Veneto (Scaligeri Caminesi Carraresi). Saggio storico-giuridico, in Id., Dal Comune al Principato. Saggi sulla storia del diritto pubblico del Rinascimento italiano, Firenze 1929, pp. 53-118; Voce in DBI, XVII, 1974, a cura di J. Riedmann, pp. 255-259; G.M. Varanini, Istituzioni, società e politica nel Veneto dal comune alla signoria (secolo XIII-1329), in Il Veneto nel medioevo. Dai comuni cittadini al predominio scaligero nella Marca, a cura di A. Castagnetti e G.M. Varanini, Verona 1991, pp. 263-422 (in part. pp. 371-373); G. M. Varanini, Istituzioni e società a Treviso tra comune, signoria e poteri regionali (1259-1339), in Storia di Treviso, a cura di E. Brunetta, II, Il Medioevo, a cura di D. Rando e G.M. Varanini, Venezia 1991, pp. 135-211 (in part. pp. 177-178); G.M. Varanini, Propaganda dei regimi signorili: le esperienze venete del Trecento, in Le forme della propaganda politica nel Due e nel Trecento, a cura di P. Cammarosano, Rome (École Française de Rome) 1994, pp. 311-343 (in part. pp. 311-314); D. Quaglioni, Il processo Avogari e la dottrina medievale della tirannide, in Il processo Avogari, pp. V-XXIX.